Gioventù rottamata, altro che bonus ai diciottenni!
06 Ottobre 2016
Percentuali, percentuali e ancora percentuali che raccontano l’Italia in cifre. Nell’ultimo rapporto OCSE intitolato ‘Uno sguardo sulla società 2016 – Riflettore sui giovani’, percentuali apparentemente “mute” fotografano ancora una volta il declino italiano. Dopo i dati, pessimi, sulla produzione industriale, sugli investimenti, e dopo le revisioni al ribasso sulle stime della crescita, anche la condizione dei giovani italiani registra uno sprofondo rosso. Secondo l’ultimo rapporto OCSE, infatti, il nostro Paese è agli ultimi posti nella classifica del benessere sociale nei Paesi più industrializzati, in particolare se puntiamo i riflettori sulla condizione giovanile.
La percentuale dei cosiddetti “Neet” (Not engaged in Education, Employment or Training), ovvero dei giovani usciti dal sistema educativo e senza lavoro, in Italia si attesta intorno al 20%, il dato italiano è il terzo peggiore dopo quello di Grecia e Turchia. Il costo economico che il nostro Paese deve sopportare, in conseguenza della dispersione delle capacità per abbandono scolastico o lavorativo, è pari all’1,4% del Pil. Sempre secondo il rapporto, si stima che l’80,6% dei giovani italiani viva ancora con i genitori, dato che si comprende meglio alla luce della spesa in protezione sociale pubblica, che rappresenta il 29% del Pil (22% la media nei paesi più industrializzati).
Se guardiamo all’andamento del reddito e della ricchezza nel periodo compreso tra il ’95 e il 2014 (dati Bankitalia), scopriamo che il reddito degli ultra 64enni è progressivamente salito negli ultimi vent’anni mentre quello degli under 35 è sceso sensibilmente; se guardiamo allo stock della ricchezza media, è salito quello dei capifamiglia ultra 65enni, mentre quello degli under 35, tenetevi forte, si è più che dimezzato. Dunque alti tassi di disoccupazione giovanile, crescita degli “inoccupati”, redditi bassi, patrimoni ai minimi, età di avvio al lavoro che si alza complicando quindi la possibilità di avere una posizione previdenziale regolare, e infine un “welfare familiare” che in molti casi sembra rappresentare l’unica ancora di salvezza per tanti giovani.
Dati e percentuali apparentemente “muti”, dicevamo, ma che in realtà parlano eccome della incapacità di chi ci governa a investire sul futuro e sulle giovani generazioni. Nonostante l’Italia sia all’ultimo posto per numero di laureati, nonostante il numero di giovani usciti dal sistema educativo e senza lavoro sia quasi pari a quello di Grecia e Turchia, nonostante le osservazioni OCSE suggeriscano di contrastare l’abbandono scolastico anticipato, o di stimolare almeno l’acquisizione di competenze professionali, nell’agenda del Governo Renzi alla voce politiche giovanili fino adesso abbiamo trovato solo provvedimenti-mancia, come il bonus da 500 euro da spendere in cultura, una misura dal sapore chiaramente elettoralistico. Bonus che in ogni caso sbiadisce davanti ad altre misure – anche queste di natura propagandistica, annunciate in vista del referendum del 4 dicembre – come i prepensionamenti e la quattordicesima per i pensionati con i redditi più bassi, che dimostrano come al momento il vero obiettivo di Renzi sia quello di conquistarsi la parte più agé dell’elettorato.
Gli slogan sulla rottamazione, sul Jobs Act, sull’Italia che riparte scommettendo sulle nuove generazioni, sono rimasti semplicemente un grande spot. Per tanti giovani che la quattordicesima semplicemente se la sognano e chissà se avranno mai la pensione, restano l’ambiguo regime delle partite Iva e il regime dei voucher. Percentuali, dunque. Percentuali dei disoccupati che crescono soprattutto al Sud, percentuali di laureati che non trovano lavoro, percentuali degli under 30 che emigrano sempre più numerosi in altri Paesi cercando una opportunità. I giovani italiani continuano a fare i conti con queste percentuali, mentre cala ancora una volta il silenzio sul loro futuro. L’Italia resta quella di prima. L’Italia di Renzi non è un paese per giovani.