Giù le mani da Nassiriya

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Giù le mani da Nassiriya

20 Novembre 2006

C’eravamo sbagliati. Avevamo creduto che il ricordo della strage di Nassiriya si fosse affievolito e fosse destinato ad estinguersi: ora sappiamo che non è così.

Ne abbiamo avuto la dimostrazione durante il corteo pacifista di Roma (quello con Diliberto e compagnia), dove lo slogan gridato con più foga e convinzione era “10, 100, 1000 NASSIRIYA”.

In quel corteo dove i “pacifisti” bruciavano bandiere e manichini di soldati e si auguravano mille stragi, si è visto che il ricordo di Nassiriya è ben vivo ed è assurto a simbolo capovolto e demoniaco di odio verso coloro che fanno della pace una missione per cui rischiare la vita.

A questo ricordo osceno occorre allora contrapporre la memoria vera di Nassiriya e dei 19 italiani, tra militari e civili che vi lasciarono la vita. E se per la pazzia dei nostri “no-global” o come diavolo si chiamano, Nassiriya è l’evento simbolo di una loro indecifrabile vittoria, bisogna che quel simbolo sia recuperato per intero al circuito civile della nazione.

Non servono allora le iniziative evasive, come quella proposta dalla senatrice Calipari, che con un suo disegno di legge propone di dedicare alla memoria dei caduti in missioni internazionali una data scelta a caso (il 2 dicembre).

Anzi, ci pare che la natura stessa della sua iniziativa, ricalcata con la carta carbone dal disegno di legge promosso da Magna Carta, celi un intento dilatorio per trarre dall’imbarazzo una sinistra in parte timida e in parte compromessa.

Se c’è una data da difendere dall’oblio e dal fango della piazza quella è il 12 novembre, giorno della strage di Nassiriya. E’ attorno a questa che bisogna unirsi se non vogliamo che resti appannaggio dell’infamia di Diliberto e dei suo amici.