Giù le mani dallo spazio

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Giù le mani dallo spazio

17 Marzo 2012

Lo spazio è diventato la nuova frontiera della sicurezza nazionale e del business statunitense. Dallo spazio, seguiamo i terroristi e intercettiamo le loro comunicazioni, individuiamo lo schieramento di truppe militari straniere, e monitoriamo la proliferazione di armi non-convenzionali. Il nostro Global Positioning System (GPS) ci offre vantaggi tattici e d’individuazione, le astronavi creano mappe con immagini ad alta definizione e i satelliti trasmettono dati in tutto il mondo.

Invece di avanzare la supremazia statunitense in questo reame, l’amministrazione Obama ha erroneamente deciso non solo di seguire la bozza di ‘codice di condotta’ regolatoria dello spazio stilato dall’Unione europea, ma anche di eludere il ruolo costituzionale del Senato nello stipulare i trattati. L’amministrazione Obama ha recentemente dichiarato che l’America seguirà, ma non firmerà, il codice di condotta dell’Unione Europea per lo spazio – una elusione trasparentissima del ruolo costituzionale del Senato di ratificare tutti i trattati.

Questo codice, abbozzato dagli europei che come noto non portano su di sé le responsabilità globali che invece ha l’America, restringe le attività militari nello spazio così come alcune tecnologie a doppio uso civile e militare, come i razzi multi-stadio usati per lanciare i satelliti commerciali. L’Europa aspira a impedire una ‘corsa alle armi’ nello spazio, ma in realtà, il suo codice è stato sostanzialmente disegnato per impedire avanzamenti in materia di tecnologia spaziale perché tali innovazioni poterebbero anche essere etichettate come militari.

Benché le attività di sicurezza ricevano un’eccezione, ciò appare rilegato all’auto-difesa, un termine spesso definito in maniera restrittiva per includere solo attacchi militari di sconfinamento. Non dobbiamo assumere il rischio – non necessario – di fornire ai nostri rivali la capacità di avvantaggiarsi dell’ambiguità di questo testo europeo che rischia di impedire agli Stati Uniti legittime azioni.

Visto che esiste veramente poco che i nostri amici dall’altra parte dell’oceano Atlantico (gli europei, ndt) non vogliano regolare, non sorprende che adesso stiano mettendo le mani sullo spazio. Preso letteralmente, il codice dell’Unione europea interferirà con la nostra capacità di sviluppare sistemi anti-missili balistici nello spazio, di testare le nostre armi anti-satellite e di raccogliere informazioni d’intelligence.

L’abuso delle prerogative presidenziali con la finalità, niente meno, di rispettare un codice di condotta stilato dagli europei e che erode per giunta la sovranità americana, elimina l’importante ruolo costituzionale del Senato americano. E non ci si aspetti che la Cina accetti volontariamente dei limiti alla propria strategia spaziale. Nel 2007 la Cina ha effettuato il test di armi che distruggono satelliti defunti, e sta dispiegando il proprio sistema GPS.

Durante un eventuale conflitto, la Cina potrebbe potenzialmente distruggere i nostri satelliti, pur mantenendo le capacità del proprio sistema GPS. Strateghi militari e d’intelligence colgono i rischi a cui questi limiti auto-imposti esporrebbero la sicurezza nazionale statunitense. Un’analisi del Joint Staff, fornito alla Commissione Forze Armate della House of Representatives, afferma che “se gli Stati Uniti devono fare uno sforzo di buona fede nel mettere in pratica gli obblighi derivanti dalla bozza di codice”, ciò avrà un certo impatto sulle operazioni militari statunitensi.

Alcuni membri del Congresso capiscono che ciò costituirebbe una minacce per la sicurezza nazionale. Prendono atto che l’America non dovrebbe accettare limitazioni militari in un campo soggetto a così rapidi cambiamenti, prima di averne colto fino in fondo i costi e i benefici. Ma il pericolo maggiore è che il sig. Obama sta erodendo la sovranità americana e lo sta facendo di nascosto. Sa perfettamente che i trattati di controllo degli armamenti per lo spazio non funzionano. E’ riuscito a malapena a far approvare al Senato il nuovo trattato di riduzione d’armamenti strategici siglato con la Russia, peraltro un pessimo accordo.

Se ciò non bastasse, sta tentando di aderire alla convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare dalla porta di dietro, impegnando la marina militare statunitense a seguirne le prescrizioni benché il Senato americano rifiuti di considerare tale testo. Altri presidenti prima di lui hanno tentato di introdurre accordi internazionali senza l’approvazione del Senato. Bill Clinton tentò di eludere il Senato quando firmò il Trattato istitutivo del Corte penale internazionale e considerò il Comprehensive Test Ban Treaty (Trattato di bando complessivo dei test nucleari, ndt.) vincolante nonostante il rifiuto del Senato.

Anche Ronald Reagan aderì al SALT II del 1979 con l’Unione Sovietica, ma non nell’illusione che il diritto internazionale lo rendesse obbligatorio. Quando si rese conto che i sovietici non rispettavano i termini dell’accordo, Reagan denunciò l’accordo nel 1986. L’amministrazione Obama ha definito le proprie politiche su accordo volontario con gli standard europei, non con accordi legali. Benché tale sotterfugio permetta ai presidenti di ignorare certe parti di accordi non ratificati, l’amministrazione Obama cerca esattamente di fare il contrario.

All’epoca del proprio impegno accademico, alcuni degli attuali consiglieri dell’amministrazione affermavano ad alta voce che già solo la firma dei trattati senza il consenso del Senato, aiuta alla creazione di “diritto internazionale consuetudinario”.

Ora, i Costituenti americani volevano esattamente impedire il verificarsi di questo genere di situazioni e diedero vita al processo d ratifica dei trattati contenuto nella Costituzione americana. Temevano che i trattati firmati con la Gran Bretagna e la Spagna obbligassero gli Stati Uniti a cedere parte dei propri territori o a sacrificare i propri diritti di navigazione in cambio della pace.

Se fossero qui oggi certamente comprenderebbero che qualsiasi accordo sul controllo degli armamenti che di fatto restringa la nostra sovranità, necessita un trattato. Il nostro sistema (quello statunitense, ndt.) permette la stipulazione di statuti, conosciuti come Congressional – executive agreements, per dare vita a qualche tipo di accordo internazionale. Nel tempo, le presidenze così come i Senati hanno riservato ai trattati le nostre obbligazioni nazionali più vitali. I principi costituzionali sembrano essere piuttosto degli inconvenienti per il sig. Obama. Tra i suoi obiettivi di lungo periodo c’è quello di diminuire il potere americano cosicché possa ottenere l’approvazione d’organizzazioni internazionali e capitali stranieri.

In questo contesto il ruolo del Senato è al massimo una sfumatura: la sua amministrazione sta ordinando ai nostri militari e agenzie di intelligence di attenersi agli accordi internazionali firmati senza la “formalità” dell’approvazione del Senato.

La Costituzione giustamente fornisce larghi poteri esecutivi per proteggere la sicurezza americana, specialmente per rispondere alle crisi impreviste con segretezza e velocità. Ma l’abuso delle prerogative presidenziali per obbligarsi a un codice di condotta europeo che erode la sovranità americana, elimina l’importante ruolo costituzionale del Senato. E ciò non rende l’America più sicura: la indebolisce e basta.

La sicurezza americana non deve essere sacrificata dalle false promesse di una governance globale. Il Senato può difendere le proprie prerogative costituzionali finanziando aggressivamente i programmi che aumentato il nostro vantaggio competitivo nella tecnologia spaziale e rifiutando di seguire la via di politica estera indicata da questa amministrazione, almeno fintanto che il sig. Obama non deciderà di rispettare il ruolo vitale del Senato di ratificare i trattati e di proteggere la sicurezza nazionale americana.

John Bolton è senior yellow presso l’American Enterprise Institute ed ex-ambasciatore Usa presso le Nazioni Uniter, e John C. Yoo is a visiting scholar all’Americna Enterprise Institute e ex-funzionario del Departement of Justice, il ministero della giustizia americano.

Tratto dal New York Times