Giustizia all’italiana: condannati per un francobollo

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Giustizia all’italiana: condannati per un francobollo

19 Marzo 2017

Solo in un Paese dove la giustizia assume sovente i tratti della perfetta macchina kafkiana, in una grigia commistione di burocratese e legulese, poteva accadere che un tribunale, quello di Torino per la precisione, se la prendesse con un collezionista che commerciava in francobolli, perché, a detta del giudice, quelle buste da lettera (spesso vuote), indirizzate ad enti e istituzioni nazionali e locali, devono tornare ai rispettivi proprietari, ovvero i destinatari originali delle missive. 

La sentenza si basa su una legge degli anni scorsi che riordinava l’ambito dei “beni culturali inalienabili” dello Stato, demanio pubblico, insomma, francobolli compresi, nel nostro caso. Legge a cui già il ministero della cultura aveva in parte derogato provando almeno a stabilire una gerarchia tra i suddetti ‘beni inalienabili’. Entriamo quindi in una sorta di mondo distopico dove forze dell’ordine e investigatori adesso dovranno preoccuparsi di perseguire gli amici della filatelia.

Tutto questo, attacca Carlo Giovanardi, senatore di Idea, “malgrado una circolare del Ministero dei Beni Culturali ricordi chiaramente che decine di milioni di lettere sono state scartate dagli archivi per legge e donati alla Croce Rossa perché ne ricavasse un utile in tutto il corso del ‘900,” mentre, secondo la sentenza di Torino, “sarebbero i collezionisti a dover allegare ad ogni lettera comprata magari dal padre o dal nonno, un certificato che ne attesti lo spoglio”. Di nuovo Kafka: aspettiamo di vedere il nuovo ufficio ministeriale del francobollo scomparso, con tonnellate di carte e documenti attestanti la proprietà della lettera in questione.

In attesa di leggere le motivazioni della sentenza del tribunale di Torino, pensiamo anche alle ricadute che queste allegre sentenze hanno, molto spesso, sulla nostra economia: il rischio della sentenza sui francobolli e’ quello di “mettere in ginocchio un mercato con decine di case d’asta, centinaia di commercianti, migliaia di circoli filatelici e migliaia di collezionisti la cui passione e competenza ha salvato storicamente dal macero documenti dal valore di pochi euro ma che sono stati conservati con grande cura e diligenza”, ricorda Giovanardi, chiedendo di intervenire al ministro Franceschini.