Giustizia, critiche sleali del Pdl. Sul testo c’è l’ok della Camera
17 Novembre 2009
Nella maggioranza l’avvocato Pecorella «parla fuori tempo massimo» e il vice capogruppo Bocchino «si comporta in modo singolare per non dire sleale». Fuoco amico, dunque. Perché «il testo sul processo breve è stato concordato anche con la Camera» e con il presidente Gianfranco Fini: «Quindi, ora, se ci sono osservazioni da fare sul testo la sede opportuna è la commissione Giustizia in Senato dove la maggioranza punta a licenziare il provvedimento dall’aula entro Natale». Anche ricorrendo alla fiducia? «Questo dipende dall’atteggiamento dell’opposizione che, nella passata legislatura, aveva presentato un testo con lo stesso schema per un procesos più rapido».
Così Gaetano Quagliariello, vice capogruppo del Pdl al Senato, difende dagli attacchi, interni ed esterni, il ddl sul processo breve, la legge che, una volta approvata, porterà all’estinzione moltissimi processi compresi due dei tre in cui è imputato Silvio Berlusconi.
L’azzurro Gaetano Pecorella ha parlato di ddl «irrgionevole» e «demagogico» ma, ora, a rompere le uova nel paniere ci si mette anche il finiano Italo Bocchino: «Basta con le ghedinate» suona come un attacco anche a voi senatori del Pdl che avete firmato il ddl sul processo breve?
«Guardi, non ha mai portato bene attaccare l’avversario interno sulla stampa. Così, in passato, sono finiti i partiti e le stagioni politiche».
Si riferisce alla prima Repubblica, alle liti interne tra corenti della Dc?
«Esattamente».
Il vicecapogruppo Bocchino entra nel merito e sostiene che il testo va modificato.
«Ma quelle norme sono state ampiamente concordate anche con la Camera. Sparare sui giornali dopo che i testi sono stati concordati è singolare. Per non dire sleale».
Però l’iter del ddl al Senato parte in salita anche per l’atteggiamento di chisura del Pd: «Ritiratelo e discutiamone», vi manda a dire Pierluigi Bersani.
«Se si vuole dialogare non bisogna porre ultimatum. Invece servirebbe utilizzare le occasioni istituzionali: ovvero il dibattito previsto in commissione Giustizia. Io capisco che il problema di Bersani sia quello di un ridimensionamento progressivo dell’antiberlusconismo del suo partito e di distaccarsi gradualmente da Di Pietro… Però deve calcolare bene i tempi rendendoli compatibili con ciò che è necessario per garantire la tenuta delle istituzioni».
Alla fine, sulle vere riforme della giustizia, l’atteggiamento di Bersani sarà quello della discontinuità rispetto al passato?
«Non è secondario il fatto che lui sia un comunista emiliano, uno che conosce bene i problemi di chi deve governare».
Si parte in commissione il 24 novembre: l’obiettivo del Pdl è l’approvazione del ddl al Senato entro Natale?
«Questa è materia per la conferenza dei capigruppo. Diciamo che presto ci sarà una finestra di opportunità perché noi abbiamo già discusso la finanziaria: è normale che la maggioranza tenterà di sfruttare questa opportunità».
Quindi approvazione al Senato e entro febbraio 2010 via libera defintiivo alla Camera?
«Questo è il programma».
Il testo è blindato? Il governo porrà la questione di fiducia?
«Nessuno ha smentito fino ad ora che il Pd aveva proposto un testo simile nella passata legislatura e nessuno può sostenere in modo farisaico che la nostra proposta è al causa di tutti i mali e la loro la panacea per i problemi della giustizia. Ecco, di solito la fiducia si pone per garantire i tempi e per assicurare la compattezza del gruppo. Il secondo motivo non sussiste. Per quanto riguarda il primo, invece, tutto dipende anche dal comportamento dell’opposizione».
(dal Corriere della Sera)