Giustizia, le opportunità mancate e gli errori politici dell’Anm

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Giustizia, le opportunità mancate e gli errori politici dell’Anm

01 Febbraio 2010

Si è molto discusso, in questi giorni, della decisione della Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati di esprimere la propria contrarietà alla politica sulla giustizia del Governo, chiedendo ai magistrati di abbandonare la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, nel momento in cui il rappresentante del Ministero della Giustizia avesse preso la parola.

Se ne è discusso per l’indubbia valenza Aventiniana del gesto, certamente simbolico ma difficilmente coniugabile con la volontà di dialogo contraddittoriamente evocata dal Presidente dell’Associazione nazionale magistrati nelle sue dichiarazioni agli organi di stampa e, anche, per la contrarietà espressa nei confronti di questa iniziativa, giudicata inutile e dannosa, dalla corrente moderata di Magistratura Indipendente.

Miglior partito sarebbe stato, a parere di molti, dimostrare attaccamento alle istituzioni e rispetto nei confronti del Presidente della Repubblica (che è garante della Costituzione per tutti i magistrati e non solo per quelli che siedono in Cassazione), rinunciando in tutti i distretti giudiziari a forme plateali di protesta, interpretabili dai cittadini solo in termini di chiusura al dialogo e di perseguimento di una contrapposizione sterile.

Insomma, chi ha la responsabilità di rappresentare, in questo difficile momento, i magistrati italiani avrebbe dovuto avere il coraggio e l’intelligenza di lanciare una proposta per tentare di superare, una buona volta, l’annoso conflitto tra politica e magistratura, invece di continuare ad alimentarlo con appelli all’ONU e gesti dal sapore teatrale.

Non sarebbe stato poi così difficile, se si riflette che, in un passato non remoto, nel 2002, l’Associazione Nazionale Magistrati, allora presieduta da un esponente di Magistratura Indipendente, aveva appunto avviato, rispondendo alle ripetute sollecitazioni del Presidente del Repubblica, un tavolo di confronto con l’allora Ministro della Giustizia, giungendo all’elaborazione di un testo condiviso di riforma dell’ordinamento giudiziario.

Un testo certamente migliore (almeno dal punto di vista dei magistrati ) rispetto a quello poi successivamente approvato dal Parlamento e divenuto legge.

Un tentativo fruttuoso, quindi, naufragato per la decisione della Giunta dell’ANM (presa anch’essa in contrasto alla linea suggerita da Magistratura Indipendente) di effettuare uno sciopero, nonostante fossero venuti a mancare argomenti di contrarietà tali da giustificare una protesta così grave e rischiando, proprio perché il confronto con il Ministro della Giustizia stava comunque producendo risultati positivi, di far apparire la magistratura come controparte pregiudiziale della maggioranza di governo.

Quell’atteggiamento determinò come risultato, in un percorso politico-parlamentare scandito da ben quattro scioperi dei magistrati risultati totalmente inutili, l’approvazione di una legge di riforma dell’ordinamento giudiziario estranea alle proposte che erano state avanzate dalla magistratura e il consolidamento, in molti parlamentari, della convinzione di un non occasionale collateralismo tra una parte della magistratura e alcune forze politiche.

L’inaugurazione del corrente anno giudiziario poteva essere, quindi, l’occasione per tentare, finalmente, di riprendere il dialogo interrotto e per proporre al Governo, in un cerimonia pubblica, l’avvio di un tavolo di stabile confronto ed elaborazione, che superasse il confronto a distanza (un dialogo tra sordi più che altro) che caratterizza ormai da anni il rapporto tra magistratura e politica.

Dare dimostrazione effettiva di capacità di ascolto e disponibilità non avrebbe certo indebolito le posizioni dell’A.N.M. e, forse, avrebbe potuto convincere i rappresentanti del governo della possibilità e dell’opportunità di riprendere un percorso comune.

Stefano Amore è vice Segretario di Magistratura Indipendente