Giustizia per Regeni se l’Egitto è davvero “democratico”

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Giustizia per Regeni se l’Egitto è davvero “democratico”

14 Febbraio 2016

Le ricostruzioni del New York Times e di Reuters sulla morte di Giulio Regeni sono a dir poco preoccupanti: Regeni, secondo fonti anonime della sicurezza egiziana, sarebbe stato fermato da agenti del Cairo il 25 gennaio e scambiato per una spia “per via di alcuni contatti sul telefono di persone legate all’opposizione anti-governativa”. Lo scrive il New York Times senza però avere conferma, se non appunto una ammissione in forma anonima dalle già citate forze di sicurezza. Sempre secondo NYT, ci sarebbe un testimone convinto che il fermo del ragazzo sarebbe stato “ripreso da quattro telecamere di sorveglianza”, video che la polizia egiziana non ha ancora richiesto.

 

Secondo Reuters, l’autopsia ha mostrato segni di torture subite da Regeni: oltre al collo spezzato e alle bruciature di sigarette, il corpo avrebbe presentato sette costole rotte e segni di scosse elettriche sui genitali.

 

Mentre in Egitto gli attivisti denunciano la scomparsa di 66 ‘desaparecidos’ a gennaio, casi di sospette torture in carcere, le forze di sicurezza citate da NYT affermano che Regeni, una volta fermato, avrebbe reagito “bruscamente” con un atteggiamento “da duro”. Ma anche su questo non c’è alcuna conferma. Secondo i funzionari egiziani a destare sospetti nei confronti del giovane ricercatore italiano i contatti trovati sul suo telefono di persone vicine ai Fratelli Musulmani e al Movimento 6 Aprile. La Fratellanza è stata inserita tra le organizzazioni terroristiche dal governo egiziano, dopo la destituzione del presidente Mohamed Morsi nell’estate del 2013. Molti dei leader del Movimento 6 Aprile, che cacciarono Hosni Mubarak, sono in carcere per le proteste anti-governative di fine 2013.

 

Il legale della famiglia Regeni ha invitato alla cautela: “È difficile avere riscontri su testimonianze egiziane, dobbiamo fidarci delle fonti ma intanto viene pubblicato di tutto”, ha detto, in attesa che la Procura di Roma faccia chiarezza. In Italia invece insorge il Movimento 5 Stelle, chiedendo una Commissione d’inchiesta Onu sulla vicenda e chiedendo all’Italia di interrompere immediatamente ogni relazione diplomatica con l’Egitto. Secondo Alessandro Di Battista è “vergognoso che notizie su Regeni ci arrivino da media stranieri. Italia da zerbino europeo a tappeto arabo”, ha twittato il grillino.

 

Al Cairo intanto il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry continua a smentire le ricostruzioni offerte dai giornali sul presunto coinvolgimento di forze di sicurezza egiziane nella morte di Regeni. In Egitto, sul caso indaga la Procura di Giza; in Italia, il pm Sergio Colaiocco, coadiuvato da Ros e Sco. Le autorità egiziane hanno a questo punto il dovere di chiarire se il coinvolgimento della polizia c’è stato o meno, e anche il Governo italiano dovrebbe fare pressioni sul Cairo per accertare la verità.

 

Il presidente egiziano al Sisi non ha citato neppure di sfuggita il caso Regeni nel discorso che ha tenuto alla nazione in occasione del passaggio di poteri al parlamento, definendo l’Egitto un Paese "democratico" e "libero". Se è vero che oggi l’Egitto fa un passo avanti nel suo cammino democratico, come ha detto Al Sisi rivendicano la sua battaglia contro gli islamisti, "una rivoluzione patriottica”, come ha definito il presidente il colpo di stato che rovesciò Morsi (Fratellanza colpevole di cercato di rendere l’Egitto una grande Striscia di Gaza, secondo Sisi), un segnale concreto sarebbe rendere giustizia a Giulio Regeni e alla sua famiglia.