Gli accordi tra giornali e banche si fanno alla luce del Sole (24Ore)

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Gli accordi tra giornali e banche si fanno alla luce del Sole (24Ore)

02 Aprile 2009

Caro Direttore, nel grande teatro delle nomine al Corriere della Sera e Sole 24 Ore non restano da assestare che poche posizioni. Sul palco, fino a qualche giorno fa, un intenso viavai di nomi e un crescente, impetuoso vortice di telefonate a tutti i livelli. Politici e banchieri, economisti e giornalisti, il gioco delle parti è proseguito ininterrottamente per mesi, ed è culminato nella nomina di De Bortoli al Corsera e Riotta al Sole 24 Ore.

Il grosso, dunque, è fatto: il sipario è calato. Quale potrebbe essere, ora, lo scenario di fondo? Qui di seguito ne propongo uno, impertinente ma, credo, realistico.

A torto o a ragione, la successione al vertice del Corriere è considerata un evento chiave nel tran tran del nostro Paese. Lodovico Festa, su queste pagine, ha ricordato che in tempi non sospetti il Corsera fungeva da autentico ago della bilancia nelle élites. Poteva riuscirvi perché la politica, in una lunga fase di smarrimento ideale e continui rivolgimenti parlamentari, non era abbastanza forte. E in effetti Paolo Mieli deve la propria fortuna, oltre che all’influente favore di Gianni Agnelli – le cui simpatie hanno fatto il bello e il brutto tempo nell’editoria – a vere capacità da funambolo.

Da qualche tempo, però, il vento tira in un’altra direzione. La politica ha ripreso nettamente il sopravvento, le banche chiedono sostegno alla politica (e non viceversa), Agnelli  non c’è più. L’establishment scricchiola.

Di fronte a tutto ciò, nel toto-nomine sui quotidiani, chi scrive ha individuato due diversi approcci.

Il primo approccio è quello di chi si è ingaggiato nella partita per portare a casa un risultato. Hanno fatto così i grandi banchieri (Geronzi, Bazoli e Passera), uomini d’affari, giornalisti ed alcuni politici. Geronzi, in particolare, si è esposto in maniera tanto marcata quanto insolita pur di ottenere la rimozione di Mieli. Mieli, però, ha a sua volta utilizzato le proprie carte, trovando sponde robuste in Bazoli e Passera e strappando il passaggio di consegne a vantaggio del corrierista doc De Bortoli. Quasi una regola di ferro: al Corriere solo corrieristi… come direbbero i francesi, “tout change parce que rien ne change”! Lo stesso vale per il Sole 24 Ore, alla cui testa approda Gianni Riotta, del tutto digiuno di economia, ma ennesimo beneficiario del clan Agnelli. Chi conosce la ditta, sostiene un po’ malignamente che Emma Marcegaglia stia subendo troppo l’influenza della dirigenza confindustriale che l’ha preceduta. Prima nominando alla direzione generale di Confindustria un tecnico – Giampaolo Galli – molto preparato ma per nulla manovriero e ruspante, poi inserendo al Sole un giornalista targato FIAT senza alcuna preparazione economica. Senza contare, infine, la lunga sfilza di coloro che si sono visti improvvidamente promettere mari e monti (leggi: poltrone e poltroncine) dai vari potentati in lotta tra loro e ora devono fare i conti con la realtà.

Il secondo tipo di approccio è quello di chi la partita se l’è guardata in televisione, senza prendervi parte in alcuna maniera. E’ il caso di Silvio Berlusconi, che, fin dall’inizio, ha scelto di non impegnarsi in queste vicende. E ciò perché nell’impresa c’era molto da perdere – la faccia, anzitutto, in caso di disfatta o di vittoria men che travolgente – e poco da guadagnare. Berlusconi, uomo di media per eccellenza, ha molto probabilmente intuito che il mondo dell’editoria “di establishment”, oltre a essergli tradizionalmente ostile (la neutralità è una condizione temporanea e del tutto opzionale), non è più un investimento profittevole, e le vendite dei giornali sembrerebbero confermarlo. Meglio concentrare le energie per dedicarle ad altro. Per esempio, a non ripetere i clamorosi autogol commessi in passato sulla RAI.