Gli affari cinesi in Africa passano anche per la China Exim Bank e la Sinosure

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Gli affari cinesi in Africa passano anche per la China Exim Bank e la Sinosure

20 Agosto 2011

Il nuovo millennio ha portato con sé un rapido aumento dei rapporti economici tra Cina e Africa. Il commercio tra queste due aree è quasi decuplicato in meno di un decennio, passando da 11 miliardi di dollari nel 2000 a 90 nel 2009. Tutto merito delle libere forze di mercato? No, questo fenomeno risponde in realtà a precise esigenze economiche e strategiche della Repubblica popolare. Come è stato già ampiamente osservato la Cina ha, da un lato, bisogno di materie prime necessarie alla sua tumultuosa crescita, dall’altro deve cercare di ampliare i mercati di sbocco per i suoi prodotti manifatturieri. Questa semplice analisi è confermata dai dati: nel 2009 il 64% delle importazioni cinesi dall’Africa era costituito da petrolio greggio e sommando minerali, metalli, pietre preziose e legnami si arrivava al 90% delle merci. Dal lato delle esportazioni cinesi in Africa i prodotti maggiormente coinvolti erano macchinari, strumenti di trasporto, abbigliamento, calzature e prodotti plastici.

Quale è stato dunque il ruolo del governo cinese nel stimolare il commercio e l’integrazione economica sino-africana? In generale, ha giocato un ruolo fondamentale. Il modus operandi è ben riassunto nella dichiarazione del premier Wen Jiabao, durante il quarto Forum di cooperazione sino-africana nel novembre 2009, per descrivere gli impegni cinesi nel triennio 2010-2012. Dal punto di vista commerciale il governo ha stabilito che il mercato nazionale debba aprirsi maggiormente ai prodotti africani riducendo, se non eliminando, i dazi. Dal punto di vista finanziario ha creato un fondo da 10 miliardi per fornire crediti agevolati e sostenere gli investimenti cinesi in Africa; inoltre, sono state decise donazioni e la cancellazioni di alcuni debiti. Sono state previste inoltre una serie di azioni per intervenire su problemi ambientali, sanitari e per trasferire competenze e tecnologie.

Due istituzioni pubbliche cinesi, deputate a promuovere le politiche commerciali, hanno incentivato concretamente gli scambi con l’Africa: China Exim Bank e Sinosure. La prima, China Export-Import Bank, è un banca di proprietà pubblica che svolge una serie di attività finalizzate a sostenere e sviluppare i rapporti commerciali cinesi: crediti alle esportazioni, garanzie internazionali, concessioni di crediti agevolati e crediti per progetti e investimenti all’estero. Fondata nel 1994, è oggi la terza banca per il credito alle esportazioni più grande al mondo; questi crediti possono essere concessi al venditore, che li estinguerà una volta ricevuto il pagamento dell’importatore, oppure dall’acquirente estero. Nel settembre 2006 erano presenti 259 progetti finanziati dalla China Exim Bank in 36 paesi africani, il 79% dei quali destinati allo sviluppo di infrastrutture, come ferrovie, dighe e impianti petroliferi.

La seconda, la compagnia cinese di assicurazioni alle esportazioni e ai crediti (SINOSURE) divenne operativa nel dicembre 2001. E’ l’unico istituto pubblico cinese specializzato nelle assicurazioni sui crediti da esportazioni. Ha un capitale sociale di 580 milioni di dollari, messi a disposizione da un fondo creato dallo Stato; nel 2006 ha assicurato somme per un valore di 30 miliardi di dollari. La sua funzione è di promuovere – in sintonia con le politiche diplomatiche, commerciali, industriali e fiscali nazionali – le esportazioni e gli investimenti esteri cinesi attraverso assicurazioni ai crediti da esportazioni, finanziamenti agevolati per gli acquirenti di esportazioni, servizi logistici e informativi. Nel 2007 il 26% delle operazioni a medio-lungo termine sostenute da SINOSURE erano localizzate in Africa.

Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni? Due tendenze ci portano a pensare che questo impegno pubblico cinese possa diminuire nei prossimi anni. Già nel 2007 uno studio di Jian-Ye Wang pubblicato dal Fondo monetario internazionale sosteneva che il settore pubblico cinese, determinante negli anni passati nel rafforzare i legami tra Cina e Africa, stia oggi cedendo spazio alle iniziative private. Questo fenomeno rispecchierebbe il peso sempre maggiore che il settore privato sta assumendo nell’economia interna cinese. Se nel 1995 il settore pubblico cinese contribuiva al 78% del PIL, nel 2006 questa quota si era più che dimezzata arrivando al 37%. Tra il 1995 e il 2005 il numero di imprese private cinesi è cresciuto da 660 mila a 4,3 milioni e il numero di persone impiegate da quest’ultime da 8,2 milioni a 47,1 milioni. In secondo luogo, alcuni osservatori hanno sollevato qualche dubbio riguardo alla reale entità del debito pubblico cinese.

Questo potrebbe essere ben superiore al valore dichiarato ufficialmente, intorno al 20% rispetto al PIL. Si è  addirittura sostenuto che il debito pubblico cinese effettivo abbia raggiunto negli ultimi anni l’ 80% del PIL, e che le autorità stiano perciò iniziando a controllare più severamente le proprie spese. Se questi sospetti fossero fondati, le risorse messe a disposizione dallo Stato per le politiche commerciali potrebbero pertanto essere contratte sensibilmente nei prossimi anni, cedendo spazio alle iniziative private.