Gli aiuti occidentali serviranno solo a rafforzare Hamas

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Gli aiuti occidentali serviranno solo a rafforzare Hamas

14 Marzo 2009

La campagna in atto per la ricostruzione di Gaza, dove è al potere l’organizzazione radicale islamista di Hamas, è pura follia strategica. E’ inoltre molto improbabile che possa dare risultati efficaci. E, date le attuali circostanze, è anche immorale.

Da quando Hamas ha preso il controllo di Gaza nel giugno 2007, gran parte della comunità internazionale si è convinta che il modo migliore per sostenere il leader dell’Autorità Palestinese (AP) più moderata, Mahmoud Abbas, fosse quello di assicurare un sostegno economico ai suoi feudi nella West Bank. E’ stato detto, infatti, che in questo modo sarebbe stato chiaro per ogni palestinese come Hamas fosse la “parte cattiva”, incapace di portare prosperità. Un percorso del genere mirava a convincere ogni palestinese di quanto fosse poco saggio sostenere l’organizzazione radicale islamista. Seguendo tale logica, l’AP  è riuscita nel tempo ad ottenere un sostegno economico senza precedenti da ogni parte del mondo.

In risposta alle azioni di Hamas, che continuava a perseguitare oltre un milione di israeliani attraverso il lancio di migliaia di missili, Israele alla fine, lo scorso dicembre, ha reagito con un’operazione militare contro Hamas, infliggendo un danno a Gaza. Oltre che a punire Hamas per i suoi attacchi missilistici su Israele e ad indebolire il ruolo dei terroristi dell’organizzazione, l’operazione è stata diretta a dimostrare a tutti i palestinesi ragionevoli che gli attacchi di Hamas su Israele avrebbe portato loro solamente distruzione e sofferenza. Israele ha dunque tentato di imprimere una svolta nelle convinzioni dei palestinesi, affinché comprendessero che le aggressioni contro Israele non portano alcun vantaggio e che il sostegno ad Hamas potrebbe avere costi molto alti.

Teoricamente, sembrerebbe che i risultati della circoscritta operazione di Israele vadano ad integrare gli sforzi della comunità internazionale per rendere la vita dei palestinesi sotto Mahmoud Abbas migliore rispetto a quella degli abitanti di Gaza. Effettivamente, gran parte della comunità internazionale, inclusi gli stati arabi moderati, hanno appoggiato l’attacco di Israele contro Hamas, ben consapevoli del fatto che Hamas agisce a Teheran per conto del regime degli Ayatollah e rappresenta una fonte di instabilità in tutta la regione.

Eppure, tutto questo insieme di chiare ragioni strategiche sembra svanire in una sorta di manipolazione che fa leva sul sentimentalismo. Invece di utilizzare le crude immagini che provengono da Gaza per dire ai suoi abitanti: “Vi abbiamo detto sin dall’inizio che la leadership di Hamas avrebbe solo fatto peggiorare le cose” (così come è successo in ogni altro luogo in cui i radicali islamisti hanno ottenuto il potere), sembra che i leader occidentali abbiano deciso senza alcun senno che Gaza debba essere ricostruita velocemente!

Quest’atteggiamento, ovviamente, lancia un segnale sbagliato. E’ come dire ai palestinesi che i loro leader possono commettere terribili errori, causando morte e distruzione, e nonostante ciò i creduloni occidentali ed altri ancora li tireranno fuori dai guai. E’ inoltre come dire ad Hamas che può continuare i suoi tentativi per distruggere Israele e colpire lo stato ebreo; se Israele ripetesse la sua azione militare, ci sarebbero nuovamente diversi stati misericordiosi disposti a porre rimedio ai danni causati.

I diplomatici stanno ricercando le giuste formule per far arrivare gli aiuti alla Striscia di Gaza senza passare per Hamas. Considerando realisticamente la situazione, non c’è modo di ricostruire Gaza senza rafforzare Hamas. L’AP non ha più alcuna rappresentanza nella Striscia, dove dunque è davvero improbabile che possa riaffermarsi nel breve periodo.

Non si possono fare le stesse obiezioni per quanto riguarda gli aiuti in arrivo attraverso le Nazioni Unite, ma bisogna riconoscere che anche da questi Hamas trarrà un vantaggio. E questo ci riporta al punto di partenza, perché lo stato islamista Hamastan non deve essere ricostruito dalle altre nazioni del mondo. La ricostruzione di Hamastan a Gaza – una base iraniana che minaccia Israele e molti governi arabi moderati – strategicamente non ha alcun senso.

L’America ha partecipato alla ricostruzione dell’Europa occidentale e del Giappone dopo la Seconda guerra mondiale, per assicurare che si instaurassero governi democratici ed alleati degli Usa. Hamas è un’organizzazione autoritaria e antioccidentale. Inoltre, se continuerà a regnare su Gaza trascinerà i suoi abitanti nella povertà e nell’ignoranza. E’ semplicemente un’idiozia facilitare la continuità di un simile governo.

Ma davvero la comunità internazionale, di così larghe vedute, crede che Mahmoud Abbas sia interessato alla ricostruzione di Gaza e al consolidamento del regime di Hamas? Vale forse lo stesso per egiziani e sauditi? Non è forse chiaro che anche loro auspicano la caduta di Hamas e saranno pronti ad assicurare la loro collaborazione contro i tentativi iraniani di fornire supporto a Gaza?

Considerando il rendimento economico palestinese, è inoltre abbastanza chiaro quanto sia improbabile che la ricostruzione di Gaza possa avere successo. Sin dall’inizio del processo di Oslo nel 1993, i palestinesi hanno ricevuto svariati miliardi di euro e dollari, raggiungendo il più alto livello di aiuti pro-capite nel mondo. Ma gran parte di tutto questo denaro è stato sperperato per corruzione ed inettitudine. La percentuale di aiuti giunta realmente al popolo è davvero esigua. Come molti paesi del Terzo Mondo, i palestinesi non dispongono delle strutture istituzionali e legali necessarie ad un’efficace distribuzione degli aiuti economici. Il fatto che Gaza si ponga dietro la West Bank sul piano dello sviluppo interno la rende un candidato persino meno adatto a ricevere efficaci aiuti internazionali. Tuttavia, il livello di vita di coloro che popolano la Striscia è ancora oggi più alto rispetto a quello degli egiziani. Questo starebbe ad indicare che l’Egitto, uno stato moderato filo-occidentale, merita di avere la precedenza rispetto a Gaza per gli aiuti internazionali.

Da quello che sappiamo sulla sorte degli aiuti umanitari inviati quest’anno agli abitanti di Gaza, è chiaro che larga parte dei benefici dei sussidi esterni andrà a finire nelle mani dei leader e degli attivisti di Hamas; e solamente quel poco che rimane arriverà realmente ai bisognosi. Chi ha le armi si aggiudica sempre la prima e più sostanziosa fetta degli aiuti internazionali destinati a chi soffre. Questo è ciò che accade in qualsiasi parte del mondo dove giungono i sussidi della comunità. Anche a Gaza.

Infine, il fatto di investire denaro per rendere migliore la vita degli abitanti di Gaza è piuttosto discutibile, per lo meno sino a quando Hamas non porrà fine ai suoi attacchi terroristici contro Israele e ai suoi traffici di armi. E’ sbagliato sostenere che chi vive a Gaza non dovrebbe pagare le conseguenze delle azioni di Hamas. Purtroppo Hamas godeva — e gode a tutt’oggi — di una grande popolarità tra la popolazione della Striscia. E in più, tutti i sondaggi mostrano un incredibile supporto tra la gente di Gaza alle violenze perpetrate contro gli israeliani.  Quale giustificazione morale può esistere nell’aiutare persone che sostengono un’organizzazione decisa a distruggere lo stato ebraico ed attivamente coinvolta nell’uccisione di tanti cittadini israeliani innocenti?

Traduzione Benedetta Mangano

Efraim Inbar è direttore del Begin-Sadat (BESA) Center for Strategic Studies all’Università di Bar-Ilan.