Gli alleati di sempre scoprono che la politica può dividere
27 Luglio 2007
“Poteva andare meglio…ma poteva anche andare peggio”. Sta in questa frase, che risuona nei rispettivi staff di Forza Italia ed An, l’esito dell’incontro di ieri tra Fini e Berlusconi. Un colloquio che era stato organizzato per cercare di appianare le recenti ruggini che avevano allontanato i due. Che le due ore di faccia a faccia non sarebbero servite a risolvere tutte le questioni sul campo lo si sapeva dalla vigilia, e lo sapevano benissimo i due protagonisti. Troppo distanti su alcune questioni come sulla legge elettorale e soprattutto sul Partito unico per riuscire in 120 minuti a trovare la quadra su tutto. Però almeno per ora è stata trovata la cornice, come qualcuno da via della Scrofa fa notare. Per la tela bisognerà attendere. E la cornice è il bipolarismo, tema caro a Fini e su cui sa di spendersi tutto il suo futuro politico. Il leader di An è consapevole che non può rinunciare ad una visione bipolare dello schema politico italiano e per questo qualsiasi scelta elettorale dovesse essere fatta non può mettere in discussione la prospettiva bipolare. Questo lo ha ripetuto oggi a Berlusconi che al momento sembra avere dato rassicurazioni al suo interlocutore. Non c’è in campo alcun tentativo per marginalizzare An, sarebbe stato questo il pensiero del Cavaliere, che avrebbe anche precisato di non aver alcuna intenzione di sostenere il modello elettorale tedesco. Si va quindi avanti con un assetto bipolare in ossequio a quel cambiamento di cui proprio la presenza politica di Berlusconi ne è la testimonianza più evidente. Ma gli “amorosi sensi” tra i due finiscono qui, perché se come detto c’è la cornice manca la tela. E la tela riguarda la legge elettorale. Fini continua ad insistere sulla strada referendaria convinto anche dalle 800mila firme che il Comitato promotore è riuscito a raccogliere. La conferma, secondo il leader di An, che esiste ancora un popolo dei referendum, lo stesso che nel ’93 ha messo a morte la vecchia partitocrazia. Diversa la posizione di Berlusconi che non ha intenzione di cavalcare l’onda referendaria sia per convinzione sia per necessità. Infatti per lui sposare la prospettiva referendaria significherebbe aprire un fossato con la Lega. Un’eventualità che il Cavaliere vuole scongiurare ad ogni costo, soprattutto alla luce degli ultimi dati amministrativi che confermano che dove la Lega e Forza Italia vanno insieme fanno il pieno di voti. Così l’ex premier è orientato verso una semplice modifica della normativa vigente con correzione del premio di maggioranza al Senato che diverrebbe nazionale e non più regionale. Altro punto in sospeso è quello del Partito unico. In ossequio alla formula dell’innamorato rifiutato, se prima era Berlusconi ad inseguire e Fini a scappare, adesso è l’esatto contrario. Il leader di An vorrebbe giungere in tempi brevi e certi alla nascita del nuovo soggetto politico, e precisamente prima delle prossime politiche per due ordini di motivi: nascondere la debolezza elettorale di An, riscontrata anche nelle ultime amministrative, e sottrarsi all’assedio storaciano. Infatti quale migliore difesa sarebbe quella di rifugiarsi all’ombra delle solide mure di un progetto politico unitario con Berlusconi al fianco? Inoltre il Partito unico permettere a Fini di creare i presupposti per la successione al Cavaliere sdoganandosi definitivamente. Ma dalle parti del Cavaliere il vento che spira è diverso. Ed anche nell’incontro di oggi l’ex premier non è andato oltre la buona volontà. Ha parlato della necessità di una politica concordata soprattutto sulle prossime mosse in vista dell’autunno caldo del governo Prodi. Di un confronto più serrata tra i due partiti. Ma niente di più. Nessuna data. Nessuna road map per il Partito unico. In breve spiegano in ambienti azzurri che questa incertezza berlusconiana non è dettata da timori ma piuttosto da opportunità. Cioè, perché imbarcarsi in un progetto politico nuovo e quindi con incognite se i consensi verso Forza Italia oscillano al di sopra del 30 per cento? Meglio sarebbe sfruttare il momento favorevole mantenendo un assetto distinto da An come partito. Inoltre il permanere di una legge elettorale proporzionale favorisce le distinzione e penalizza le unioni. E poi se davvero si andasse a votare nella primavera del 2008 non ci sarebbero i tempi per dare alla luce un nuovo partito. Quindi anche sul partito unico la cornice ma non la tela. Ed ora a Fini dopo Berlusconi gli tocca il week end interno al partito, prima l’Esecutivo nazionale e poi l’Assemblea nazionale dove a dominare sarà certamente la diaspora storaciana. Oramai sempre più evidente, tanto che oggi qualcuno alla conferenza stampa di Teodoro Buontempo malignamente si chiedeva se sabato all’Assemblea nazionale, dopo queste uscite, ci sarà il numero legale.