Gli anni ’60: la “battaglia di Santiago”, la pantera nera e i 3 gol di Hurst
06 Giugno 2010
Parli degli anni ’60 e non puoi che pensare a una cosa: il boom. Si aprì così il decennio per l’Italia, con le prime lavatrici a fare bella mostra di sé nelle case. Anche le automobili si diffusero, con le Fiat 500 e 600 che diedero impulso alla produzione della casa torinese. Il basso costo della manodopera, le nuove fonti energetiche e il commercio internazionale più libero contribuirono a far cambiare marcia al Belpaese. Se da noi la situazione sembrava rosea in giro per il mondo andava invece diversamente. Nel ’60 a Valdivia, in Cile, si abbattè uno dei terremoti più devastanti di tutto il secolo, con una magnitudo di 9,5 gradi della Scala Richter che fu avvertito in differenti parti del globo, producendo uno tsunami che colpì Hawaii e Giappone, oltre a provocare l’eruzione del Vulcano Puyehue. Il disastro causò circa 3mila morti e più di 2 milioni di sfollati.
Per una strana ironia proprio nel paese sudamericano si disputeranno i campionati mondiali del 1962, in programma dal 30 maggio al 17 giugno nelle città di Arica, Rancagua, Santiago del Cile e Viña del Mar, a cui presero parte 16 squadre. Particolarità di questa edizione è che per la prima ed ultima volta in caso di parità nel giorne di qualificazione non si ricorse allo spareggio ma al quoziente reti. Dopo il trionfo verdeoro del ’58 quindi, la Fifa decise di affidare l’organizzazione dell’evento a un paese sudamericano (dopo 12 anni), ma la scelta del Cile venne accolta con grande scalpore. Alcune nazioni infatti non furono d’accordo con la decisione, sospettando ci fosse lo zampino brasiliano, che non vedeva di buon occhio la realizzazione dell’evento in Argentina, rivale cilena alla corsa Mundial.
Gli azzurri, dopo la pessima figura fatta in Svezia, si presentano con una compagine agguerrita – impreziosita da quello che poi sarebbe diventato il primo pallone d’oro italiano, il “golden boy” Gianni Rivera – ma trovarono sulla loro strada i padroni di casa nella “battaglia di Santiago”.
Il soprannome dato all’incontro del 2 giugno tra Cile e Italia fu giustificato da quello che successe in campo, ma anche fuori. Prima dell’inizio dei Mondiali la rivalità era già accesa, scatenata da alcuni giornalisti italiani che scrissero parole dure nei confronti del Cile e anche per l’uso italiano di oriundi, giocatori sudamericani naturalizzati italiani che facevano parte della nazionale (un po’ come accade per Camoranesi ai giorni nostri). Ben consci della pericolosità della partita gli italiani entrarono in campo tentando di stemperare e lanciando mazzi di garofani bianchi ai 66mila dello Stadio Nazionale che, per tutta risposta, li ricoprirono di fischi. Anche l’arbitro Aston cadde in una giornata nera e viene spesso ricordato per errori e sbagli. La partita si fece subito “maschia”, il primo fallo venne fischiato dopo 12 secondi. Al 7°, un fallo di reazione dell’italiano Ferrini provocò la prima espulsione e durante la discussione che ne seguì l’azzurro Humberto Maschio fu colpito con un pugno – che gli fratturò il naso – da Sanchez; l’arbitro non si accorse di nulla e Maschio dovette rimanere in campo stordito per tutta la partita, le sostituzioni infatti non erano ancora permesse. Nel frattempo Ferrini non voleva lasciare il campo e fu necessario l’intervento dei Carabineros de Chile, la polizia cilena. Al 38° vi fu lo scontro peggiore: Sánchez finì a terra su un contrasto di David e mentre era a terra l’italiano rientrò sulla palla e, sullo slancio, lo toccò nuovamente, provocandone la furia. Il cileno (figlio dell’ex campione di pugilato Juan Sánchez) gli rifilò un altro pugno senza ricevere sanzioni da parte dell’arbitro. Poco dopo David entrò ancora su Sánchez con un calcio volante in gioco pericoloso, colpendo il cileno alla spalla: in questo caso Aston vide lo scontro e cacciò il giocatore italiano.
Fino alla fine del match la polizia dovette intervenire altre tre volte e l’Italia, in 9 contro 11 e con Maschio infortunato, difese lo 0-0 fino al 74°, quando arrivò il gol di Ramírez, bissato all’88° da Toro. La partita venne etichettata da subito come una delle più violente nell’intera storia del calcio, tanto che il commentatore anglosassone Coleman, presentando la telecronaca in differita della partita sulla tv inglese, disse: "Buon pomeriggio. L’incontro a cui state per assistere è l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa nella storia di questo sport". A nulla valse poi la vittoria per 3-0 contro la Svizzera, gli Azzurri furono eliminati. I cileni invece – ancora grazie a gioco duro e arbitraggio favorele – sconfissero l’URSS nei quarti ma furono fermati dal fortissimo Brasile per 4-2 in semifinale, che si aggiudicò poi anche la finale contro la Cecoslovacchia. I verdeoro dominarono la partita, grazie alle prodezze di Garrincha, Amarildo e Vavà e conquistano per la seconda volta consecutiva l’ambita coppa con il risultato di 3-1(15° Masopoust (Pol); 17° Amarildo, 69° Zito, 78 Vavà).
La vita riprende a scorrere e nel 1963 si succedono diversi avvenimenti interessanti. Martin Luther King marcia pacificamente su Washington chiedendo l’integrazione razziale mentre a Dallas viene assassinato il presidente Usa John Kennedy. In Italia, Il 9 ottobre, un’enorme frana fa traboccare il bacino della diga del Vajont, la cui ondata distrusse Longarone e altri paesi della valle. Morirono 2mila persone. Il mondo fu poi piacevolmente sconvolto da una invenzione, ancora oggi apprezzatissima, dell’inglese Mary Quant: la minigonna. Purtroppo le notizie non sempre sono buone e nel novembre dello stesso anno l’Arno straripa e allaga Firenze. Diverse opere d’arte vengono salvate grazie all’aiuto di volontari ribattezzati dalla stampa "angeli del fango".
Dagli angeli del fango si passa agli del campo da gioco. L’ottava edizione dei mondiali venne disputata in Inghilterra, la patria del gioco del calcio, dall’11 al 30 luglio. Sicuramente, a favorire l’assegnazione, la nazionalità dell’allora presidente della FIFA, Sir Stanley Rous, (successore di Jules Rimet), proprio di origini inglesi. Il Mondiale iniziò con un episodio curioso. Il 20 marzo, durante un’esposizione al pubblico, la coppa Rimet fu rubata e venne ritrovata solo grazie al fiuto del bastardino Pickles, che la rintracciò avvolta in un foglio di giornale in un parco londinese. La fase dei gironi si concluse con la sconfitta e l’eliminazione dal torneo di squadre importanti, su tutte l’Italia e il Brasile, Campione del Mondo in carica. Se non altro la Nazionale, guidata da Edmondo Fabbri, riuscì a riscattarsi dalla Battaglia di Santiago, vincendo contro il Cile per 2 a 0 ma l’ultimo match, contro la Corea, viene ancora ricordato come il momento più basso degli azzurri, con il gol della sconfitta siglato da Pak Doo Ik, il dentista coreano.
Prima di raccontare la finale è doveroso dedicare qualche riga al Portogallo e al grande Eusebio. I lusitani furono, senza dubbio, la rivelazione del torneo. Il loro leader, Eusebio, vinse il Pallone d’oro nel 1965 e fu, con 9 reti segnate, capocannoniere del Mondiale. Di origine mozambicana, era considerato la risposta europea a Pelè. A Lisbona una statua di bronzo all’ingresso dell’Estadio da Luz ricorda le sue gesta e quelle del Benfica degli anni ’60 di cui è stato ambasciatore. Signore e signori, la Pantera Nera.
La finale è una delle classicissime del vecchio continente: Germania Ovest-Inghilterra. Haller segnò dopo 12 minuti ma il vantaggio tedesco ne durò solo 6, Hurst pareggiò infatti dopo poco. La partita fu equilibrata fino al 78°, quando Peters realizzò il gol del 2-1. Proprio a un minuto dalla fine però Weber riuscì a segnare il 2-2. Quindi, supplementari. In cui successe quello che ancora fa discutere. Al 101′ Hurst lasciò partire un tiro che sbatté contro la faccia inferiore della traversa e rimbalzò sulla linea prima di tornare in campo. Le riprese televisive successive dimostrarono che si trattava di un gol inesistente poiché la palla non aveva varcato completamente la linea di porta. Di qui inizia la leggenda. Alcuni sostengono che l’arbitro Dienst chiese il parere del assistente Bakhramov che però parlava solo russo e turco, motivo per cui il dialogo con il direttore di gara poteva avvenire solo a gesti e con scarsa chiarezza. Altri, rilanciando una leggenda metropolitana, raccontano che, conoscendo il suo passato di sergente dell’Armata Rossa durante la guerra, qualche tifoso inglese avesse gridato dagli spalti a Bakhramov “Ricordati di Stalingrado!”, riferendosi alla battaglia contro i tedeschi di Hitler. Ad ogni modo, Bakhramov decise che la palla era entrata e Dienst convalidò il gol. Inutili le proteste tedesche e l’assalto finale, che anzi portò al 4-2 inglese con la tripletta di Hurst (record ineguagliato in una finale mondiale), che permise all’Inghilterra di laurearsi campione per la prima (e finora unica) volta nella sua storia.
Il decennio si chiude in maniera ancor più clamorosa di quanto fosse iniziato, non solo scoppia in Cecoslovacchia la "primavera di Praga" ma il 4 aprile viene assassinato Martin Luther King. Sopra ogni altra cosa, però, dilagano in tutta la loro forza le rivolte studentesche del 1968. Il 1969 prosegue sulla stessa, tragica, falsariga. Sedici morti e decine di feriti è il bilancio dell’attentato (compiuto il 12 dicembre) alla filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano. Per chiudere con un po’ di speranza il decennio, 2 ricordi che fanno sorridere: a Woodstock, vicino New York, si organizza un grande concerto che resterà nella storia della musica e il 21 luglio gli astronauti americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono i primi uomini a raggiungere la Luna.
Leggi qui il primo capitolo della storia mondiale: Quella doppietta azzurra che negli anni trenta fece sognare l’Italia
Leggi qui il secondo capitolo della storia mondiale: Gli anni ’50, dal "Maracanaço" verdeoro al trionfo della Germania Ovest