Gli enti lirici sono fuori controllo e Bondi vuole riorganizzarli per decreto
13 Giugno 2010
Enti lirici: una sinfonia di sprechi. Questo è quanto emerge da un’indagine svolta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali che ha lo scopo di far luce sulle cattive abitudini degli enti lirici italiani. A fronte dei dati emersi è stato formulato un progetto di riforma che si è concretizzato nel cosiddetto "decreto Bondi", teso a riorganizzare le fondazioni lirico-sinfoniche italiane. Lo scopo è quello di fare fronte alle spese in eccesso che lo Stato affronta in materia di spettacolo. Il decreto, che prevede tagli al costo del personale, blocco del turn-over e riorganizzazione del lavoro, è già in vigore (dal 30 aprile scorso) e approderà in Aula al Senato questa settimana per la definitiva conversione in legge. Vediamo ora quali sono stati i risultati dell’indagine che hanno portato il Governo a chiudere alcuni rubinetti.
La ricerca chiarisce in via generale dati che riguardano alcuni comuni italiani nei quali risiedono i più importanti enti lirici del Paese. Il primo problema affrontato è quello degli orchestrali. Nel comune di Verona, una delle eccellenze italiane, il numero delle prestazioni dei musicisti è decisamente inferiore a quello previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL). Un esempio: le "prime parti" svolgono 48 prestazioni ogni due mesi, mentre il CCNL ne prevede almeno 88. Ciò vuol dire che quegli orchestrali lavorano più o meno la metà di quello che dovrebbero. Nel comune di Bologna invece, le prime parti sembrano essere più zelanti: le prestazioni mensili sono 29 invece delle (almeno) 44 previste dal CCNL. A Firenze i musicisti lavorano circa 1288 ore all’anno invece di 1344. La cosa più curiosa però è che al superamento delle 1240 ore (cioè sempre), ogni componente ha diritto a 14 giorni di riposo compensativo (cosa analoga avviene per il coro e i tersicorei che fruiscono di ulteriori 7 giorni di riposo aggiuntivo).
Le stranezze non finiscono qui. A Torino l’orchestra, il coro e i maestri collaboratori non possono superare le 30 domeniche lavorative annue (che secondo il CCNL sarebbero invece 46). Se però le superano, quei giorni lavorativi vengono retribuiti a regime di straordinario festivo: vale a dire più 100% della paga ordinaria giornaliera. Nello stesso comune però, chi veramente gode, sono i tecnici: anche la loro paga schizza a più 100% se superano le 27 domeniche lavorative prestabilite. A Milano invece, altro eccellente comune nel campo della lirica, tutte le maestranze godono di 3 giorni di ferie in più rispetto a quanto previsto dal CCNL, mentre a orchestra e coro è riconosciuta una riduzione del monte ore annuo di 10 ore.
Questo è quanto accade nei comuni più "virtuosi" nel campo della lirica italiana. Ma i problemi sembrano non esaurirsi qui. Secondo il relatore del decreto del Governo, il Senatore Franco Asciutti, in Italia si difetta anche in produzione: "Gli enti italiani, rispetto a quelli francesi, austriaci e americani, hanno un’ ‘alzata di sipari’ bassissima", ha detto. "In Italia lo Stato spende oltre 300 milioni all’anno e nonostante il ricavato delle biglietterie che si aggira intorno ai 500 milioni – ha continuato – gli enti lirici sono ogni anno in rosso di circa 100 milioni". Una situazione insostenibile, ha precisato il relatore. Il mese scorso, contro il decreto Bondi e la sua approvazione da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il mondo dello spettacolo è già insorto con scioperi in tutta Italia. Ora, con la discussione del testo in Aula fissato per questa settimana, ci si dovrà aspettare una nuova levata di cori.