Gli errori di Veltroni che frenano la rimonta del Pd
04 Marzo 2008
I
sussurri e le grida risuonano nel loft del Partito Democratico. Le parole
dettate senza virgolette finiscono nei retroscena dei giornali. E la polvere
del malumore inizia a posarsi sopra una macchina elettorale che ha finora
girato a pieno regime. Sì, perché la testarda “resistenza” di Antonio Bassolino
è il classico incidente di percorso che non ci voleva, la spina che mentre
cammini con passo spedito si va a conficcare in un corpo sensibile e provoca
un’emorragia, oltre a un comprensibile accesso di rabbia.
Walter
Veltroni appare in imbarazzo (“deciderà la sua
coscienza”) e sottolinea che “si è comunque concluso un ciclo”. Ma il
governatore della Campania tiene duro. Sostiene di avere “la coscienza a
posto e le mani pulite” per cui non ha nessuna intenzione di lasciare
Palazzo Santa Lucia, sebbene sia stato rinviato a giudizio per l’emergenza rifiuti.
E su questa decisione di restare in trincea, magari blindato in una sorta di
fortino dell’impopolarità, non sembra affatto intenzionato a trattare. E poco
importa che il “caso
Bassolino” rischia di tramutarsi nel colpo ferale per un centrosinistra
già provato nei sondaggi campani dallo scandalo dei rifiuti. Non bisogna
dimenticare, infatti, che l’Unione, nel 2006, in Campania strappò
sul filo di lana alla Cdl il premio di maggioranza al Senato e ora deve anche
fare i conti con l’addio al Pd di De Mita dopo la decisione di Veltroni di non
ricandidarlo alla Camera e con lo «strappo» del segretario provinciale di
Caserta Sandro De Franciscis per l’assenza di candidati del territorio..
Insomma, il Pd in Campania arranca. E anche per questo il leader ha lanciato
“l’operazione restyling” mettendo in campo la 26enne Pina Picierno e un big
come Massimo D’Alema. I sondaggi, però, sono da ultimi giorni di Pompei, il
centrodestra sente sempre più vicino il colpaccio. E la rabbia dalle parti del
Pd sale sotto traccia con Bassolino sempre più nel mirino dei malumori della
classe dirigente romana. Il governatore campano, però, non ci sta e fa capire
di sentirsi una sorta di capro espiatorio su cui riversare le colpe di molti.
Quel che è certo è che il governatore si aspettava manifestazioni di
solidarietà più convinte rispetto a quelle che (non) sono arrivate in queste
giorni. Non è passato inosservato Goffredo Bettini che da Lucia Annunziata ha
pronunciato un pilatesco e sbrigativo «rispetto la sua scelta di restare». Parole
che hanno fatto capire la condizione di solitudine vissuta dall’uomo del
Rinascimento partenopeo che pure ricorda quanto nel 2005 sia stato supplicato
di ricandidarsi alla guida della Regione e quanto sia stato decisivo nella
vittoria di Prodi. Ma gli argomenti sentimentali in campagna elettorale non
fanno breccia. E così a Roma si è deciso di eliminare i candidati che potessero
in qualche modo ricordare agli elettori l’esperienza del governo Bassolino. Con
un messaggio chiaro: nessun assessore in partenza per Montecitorio o per
Palazzo Madama.
Tutti in trincea,
dunque, con il partito deciso a far dimenticare il mesto tramonto napoletano.
Più in piccolo qualcosa di analogo sta accadendo nelle Marche, dove il sindaco di Ancona Fabio Sturani, del Pd, è indagato
dalla procura nell’ambito di una delicata inchiesta sull’acquisto da parte
della società multiservizi Anconambiente di un’area del porto del capoluogo. Un
incidente di percorso a cui il primo cittadino anconetano ha reagito alla
stregua di Bassolino, rifiutando l’ipotesi delle dimissioni e regalando un
assist all’opposizione.
Il “we can”
veltroniano, insomma, rischia di impantanarsi nelle discariche campane e di
inciampare nelle inchieste marchigiane. Una piccola nemesi per il candidato del
Pd che dopo aver giocato la carta degli
operai, degli industriali, dei giuslavoristi, dei laici, dei credenti, degli
omosessuali e degli eterosessuali, dei Dico, dei no global, dei radicali, dei
militari, dei pacifisti, dei filo-americani e degli anti-americani, dei giovani
ma anche degli uomini di esperienza ora è costretto a fare i conti con altre
carte: quelle processuali dei sindaci del suo partito.