Gli eurobond sono la soluzione alla crisi?

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Gli eurobond sono la soluzione alla crisi?

21 Aprile 2008

Una nuova proposta giunge
dall’ormai designato ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Nonostante sia
stato creato ad hoc il Financial Stabilty Forum per studiare la crisi economica
che stiamo vivendo, Tremonti giudica troppo leggere le 70 linee guida promosse
da Mario Draghi ed indica un nuovo metodo per far ripartire l’economia in
Europa.

Un metodo che, tuttavia, tanto nuovo non è. «Ad occhio è un
po’ come un’aspirina data per una malattia più grave». Con queste parole, assai
pesanti, Tremonti ha commentato l’operato del Fsf, l’organismo creato nel 1999
per promuovere la stabilità finanziaria internazionale, ridurre i rischi di
crisi sistemica e razionalizzare i mercati. Infatti, dopo lo scoppio della
bolla immobiliare statunitense Mario Draghi, al vertice del Fsf, e gli altri
membri hanno iniziato ad analizzare la peggior crisi economica dal 1929, per
evitare il rischio che si potesse espandere ancora di più altri settori
economici. Il prodotto è stato una sorta di vademecum sulla vigilanza e sul
controllo nei confronti di banche ed intermediari finanziarie, per evitare
sacche di non trasparenza nei bilanci degli istituti di credito. Eppure,
secondo molti, non si è fatto abbastanza per fronteggiare i subprime.

Uno di
questi è proprio Giulio Tremonti che da Parigi, in occasione del meeting
dell’Aspen Institute Italia che presiede, esprime la sua opinione e prova a
fornire una soluzione sostenibile per l’Europa. L’idea è quella di alimentare
lo sviluppo europeo con l’emissione di titoli di debito marchiati Ue, i
cosiddetti eurobond. Ma che tipologia di prodotto finanziario prende
questo nome e da chi può essere emesso? Sono eurobond tutte quelle
obbligazioni emesse in un mercato da società emittenti che non risiedono nella
nazione di appartenenza di quel mercato e che hanno una valuta differente da
quella del paese in cui sono state collocate.

Un esempio sono tutti i bond
emessi da Bei (Banca Europea degli
Investimenti), Banca Mondiale, Bers (Banca Europea per la Ricostruzione e lo
Sviluppo), Ifc (International finance corporation) e Consiglio d’Europa. In
genere questo tipo di strumenti è utilizzato solo da grandi investitori,
essendoci una soglia d’ingresso molto elevata. Tuttavia, una domanda sorge
spontanea: dove si trova l’inghippo?

I mercati in cui vengono trattati gli eurobond sono in
genere molto liquidi e caratterizzati dal fatto che sono soggetti ad una
fortissima internazionalizzazione. Bene, cioè molto male, dato che, come
abbiamo visto anche nel recente passato, i continui crolli di Bear Stearns e non
solo, ebbero un notevole riscontro anche sulle piazze europee ed asiatiche.
Colpe e virtù della globalizzazione e dell’informatizzazione del mondo
finanziario, che rende immateriali le transizioni e porta una velocità che può
essere la croce (o la delizia) degli investitori. L’attuale carattere instabile
dei mercati non giova alla creazione di fonti di debito, a meno che non ve ne
sia l’immediata necessità. Questo perché è ancora l’incertezza a farla da
padrona, come dimostrano le altalene borsistiche ed i tassi di fiducia
interbancaria ai massimi dallo scorso dicembre.

L’emissione di obbligazioni
europee, e quindi la creazione di debito pubblico comunitario, non può essere
vista come una soluzione immediata ai problemi della crescita di Eurolandia.
Questo per almeno due ragioni. La prima è legata alle diverse tipologie di
economie nazionali degli stati membri, con conti pubblici e con coefficienti di
crescita differenti. Chi garantisce in modo indiretto sulle obbligazioni
emesse? Gli stati membri? Il secondo dilemma è legato alla situazione economica
europea. La crisi che stiamo vivendo non è tanto legata alla crescita (come
negli Usa), quanto ai tassi inflattivi, che non vengono curati con la creazione
di bond comunitari, ma con politiche monetarie restrittive, limitando la base
monetaria. Infatti, ciò che serve ora sono le misure per contrastare la corsa
dell’inflazione, che sta battendo ogni record segnato finora.

La principale barriera per gli eurobond deriva proprio
dalla tipologia di contrattazione a cui sono sottoposti. Proprio la
globalizzazione selvaggia ed il capitalismo transnazionale senza scrupoli stati
condannati da Tremonti ed ora propone di utilizzare, seppur in modo implicito,
questi metodi per far ripartire l’economia? Senza contare che si rischia di
pensare troppo al peccato che non al peccatore. Non sono tanto i modelli
economici a creare asimmetrie, quanto gli attori coinvolti nel gioco che, con
posizioni speculative, creano le bolle, come quella immobiliare. Tremonti in
ogni caso ha centrato l’obiettivo che deve porsi l’Europa. Quello di prendere
coscienza della propria forza ed indipendenza nei confronti degli Usa, dopo il
mutamento di molti assetti, travolti dai subprime. L’Ue quando avrà compreso la
sua forza potrà diventare più matura anche dal lato politico-istituzionale,
finalmente libera dai timori che l’hanno sempre contraddistinta.