Gli ex An rispolverano le correnti e la galassia finiana si è già divisa in tre
14 Maggio 2010
Un anno fa, più o meno di questi tempi, tutti giurarono sullo statuto che no, il Pdl non avrebbe mai avuto correnti. Silvio Berlusconi le mise al bando e Gianfranco Fini le definì addirittura "metastasi". Dodici mesi dopo di correnti, sottocorrenti o "spifferi", ce ne sono già quattro e tutte nell’area An. Tre solo all’interno della pattuglia finiana: dalla costola di Generazione Italia, "la creatura" del presidente della Camera sono nate "Spazio Aperto", la componente dei cosiddetti finiani moderati guidata da Andrea Augello e quella dei duri e puri della Destra che fa capo a Roberto Menia.
L’obiettivo comune e dichiarato è far crescere il Pdl, la differenza sta nel come e soprattutto nel rapporto con Silvio Berlusconi: assente e comunque conflittuale tra i finiani alla Bocchino, fondamentale per l’ala moderata, molto meno per coloro che rimpiangono la vecchia An. Resta il fatto che le ultime due iniziative sono la risposta (critica) al movimentismo dei pasdaran Bocchino, Granata, Briguglio.
C’è poi "La Nostra Destra nel Pdl", l’area di Ignazio La Russa. Più un’iniziativa territoriale e indentitaria cirscoscritta alla Lombardia (e collocata nell’alveo berlusconiano), che un’entità organizzata e strutturata come, invece, è la corrente di Fini che proprio ieri ha lanciato la sua "fase due": Circoli in tutt’Italia (cioè sedi) e responsabili regionali incaricati di andare a caccia di proseliti (anche tra gli ex Fi). Insomma, un piccolo partito nel grande partito del Cav.
In Parlamento i finiani sono in tutto 35 (25 deputati, 6 senatori e 4 europarlamentari) stando all’elenco pubblicato sul sito di "Gi" dopo settimane di silenzio sui numeri del dissenso. Gli stessi che compongono il comitato nazionale della corrente dell’ex leader di An. Ma la pattuglia appena costituita è già divisa al suo interno, come dimostra il battesimo di ‘Spazio Aperto’ che Andrea Augello e Silvano Moffa chiamano una "non-corrente", un’aggregazione di parlamentari che vogliono "ricercare il punto più alto di sintesi tra l’indiscussa leadership di Berlusconi e l’indubitabile valore aggiunto di Fini". E non è un caso se l’ufficializzazione avviene nello stesso giorno in cui Bocchino vara l’organigramma di vertice e territoriale del progetto di Fini.
In sostanza, lo scopo di ‘Spazio Aperto’ è creare un luogo di confronto, in un clima costruttivo, mettendo da parte i veleni dello scontro Fini-Berlusconi in direzione nazionale per riportare al centro del dibattito temi concreti (come quello del convegno programmato a giugno su "L’interesse nazionale nello scenario della crisi"). Ne fanno parte una quarantina di parlamentari, compresi cinque ex Fi fedelissimi del premier e tra questi Comincioli e Bergamini. Saranno loro a fare da interlocutori tra finiani e berlusconiani, una sorta di "ufficiali di collegamento", come fanno notare alcuni dirigenti di via dell’Umiltà, in qualche modo indicati da Cicchitto alla Camera e da Quagliariello al Senato.
Ma la lettura che corre nei palazzi della politica e in particolare tra i berlusconiani, è che l’idea di Augello e Moffa sia una mossa per "isolare" dentro la pattuglia finiana le posizioni "dirompenti" di Bocchino e Granata, ma al tempo stesso segnala che la galassia finiana è frammentata e soprattutto non procede nella stessa direzione.
Se gli uomini dell’inquilino di Montecitorio sono intransigenti nel sostenere che è Berlusconi a dover dare risposte politiche alle questioni sollevate da Fini (detto in altri termini è il premier a dover fare il primo passo), prima di intavolare qualsiasi ipotesi di tregua (più o meno armata), le "colombe" finiane puntano sulla necessità di ristabilire un dialogo tra i co-fondatori del Pdl, stigmatizzando senza riserve l’atteggiamento di rivendicazione permanente e, in alcuni casi di rottura, che l’ex vicepresidentre dei deputati minaccia sui giornali, annuncia dal suo sito, tenta di far passare all’interno del gruppo parlamentare (vedi l’ultima polemica sul dl anti-corruzione o l’accelerazione sulla cittadinanza).
Il punto vero è che la posizione oltranzista di Bocchino e gli altri pasdaran, i distinguo a prescindere, vengono visti dai moderati di ‘Spazio Aperto’ (che nasce sulla scorta del documento dei 14 senatori ex An contrari all’idea di gruppi parlamentari autonomi e all’ipotesi di scissione) come un elemento di indebolimento dell’unità del partito.
Ne è una conferma anche la nascita di Area Nazionale (il cui acronimo, guarda caso, è quello di An) che Roberto Menia, finiano doc e sottosegretario all’Ambiente ha messo in piedi per "ripristinare nel Pdl uno spazio alla destra nazionale, rendendola riconoscibile. Ma l’operazione di Menia (pure lui pensa a una struttura territoriale) serve anche a dare un riferimento ideale e solido a quanti provenienti da An o dal Msi non si riconoscono nelle divisioni interne al Pdl e soprattutto, nella linea di ‘Generazione Italia’. Certo è che la proiezione di ‘Gi’ a livello regionale desta qualche preoccupazione nelle file della maggioranza Pdl, per il semplice fatto che stabilire una sorta di presidio sul territorio significa poi da lì catalizzare consensi e adesioni. Il rischio è che, alla fine, si possa "pescare" pure nel bacino degli ex forzisti. E’ per questo che c’è chi ai piani alti di via dell’Umiltà non nasconde che "a questo punto il partito dovrebbe intervenire".
Intanto Gianfranco Fini inaugura il suo tour da capo-corrente. E dalla Toscana dice che non ha alcuna intenzione di dimettersi, tantomeno di fare imboscate al governo. Ma è determinato più che mai a non tacere. Anzi, continuerà a ”mettere sale” nella minestra del Pdl, a partire dalla difesa dei diritti degli immigrati, anche clandestini. E avverte chi, da altri schieramenti lo corteggia, che a lui le ”marmellate politiche” non piacciono. Così come non lesina battute ("non sanno cosa si sono persi", ironizza) ai quadri provinciali del Pdl che ierinavrebbero disertato l’appuntamento con il presidente in provincia di Arezzo.
Le comunicazioni tra Montecitorio e Palazzo Grazioli restano interrotte, dopo l’ennesima polemica su chi tra Berlusconi e Fini avrebbe dovuto compiere il primo passo verso la ripresa del dialogo. Il punto è che il Cav. non sembra orientato a lavorarci in prima persona; Fini, invece, non vuole intermediari ma una trattativa diretta col premier. La sensazione nelle file piedielline, è che la situazione resterà sospesa ancora per qualche tempo, almeno fino a quando non verrà individuato un punto di equilibrio determinato dai fatti, più che dalle parole.
Certo è che la contingenza del momento, ovvero gli effetti della crisi economica in Europa, il caso Grecia e, sul fronte interno, la fase di messa a punto della manovra economica, pone con una certa urgenza la questione della responsabilità, specie per chi ricopre ruoli istituzionali di primo piano. E siccome Fini ha fatto dell’etica della responsabilità uno dei suoi cavalli di battaglia (politica), il convincimento di molti nel Pdl è che per lui è arrivato il momento di dimostrarlo, mantenendo fede alla sua parola. Anche per questo – è la previsione – il presidente della Camera non può permettersi di rompere col Cav. Almeno per ora.