Gli irlandesi dicono ‘sì’ al fiscal compact, ma forse è un voto inutile

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Gli irlandesi dicono ‘sì’ al fiscal compact, ma forse è un voto inutile

02 Giugno 2012

Il voto irlandese sul fiscal compact è stato un banco di prova decisivo per Dublino, unica nazione europea a indire un referendum sull’accettazione della politica economica europea promossa in primis dalla Germania di Angela Merkel e dall’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. Con il sì al fiscal compact, gli irlandesi si sono garantiti la possibilità di continuare a puntare sui fondi europei, in caso di difficoltà.

Dalle prime rilevazioni, l’affluenza alle urne è stata del 50% circa. Il risultato ufficiale del referendum sarà disponibile a partire da stasera, ma stando alle indiscrezioni, il fronte del sì ha vinto comodamente con oltre il 60% dei voti a favore, come previsto dai sondaggi. Maire Geoghegan-Quinn, commissario europeo per la ricerca e la scienza di nazionalità irlandese, ne sarà molto sollevato. In settimana aveva espresso chiaramente la sua opinione sul referendum: “Il sì è la certezza, il no è la terra di nessuno”.

L’entrata in vigore delle prescrizioni in materia di bilancio fiscal compact è prevista per l’anno prossimo, previa accettazione delle sue condizioni da parte di almeno 12 dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea. Al momento, il Trattato è stato ratificato da Portogallo, Grecia e Slovenia, mentre nella stessa direzione si muovono Germania, Polonia, Lettonia, Romania, Austria e Danimarca. Fanno eccezione Repubblica Ceca e Regno Unito, che non hanno nemmeno firmato il trattato. Ma cosa prevede il fiscal compact?

Innanzitutto, di regolarizzare la propria posizione di bilancio. Nell’ipotesi della messa in atto del trattato a partire dal 1 Gennaio 2013, ogni Stato dovrà essere “in pareggio o in avanzo”, con un deficit non superiore allo 0,5%. L’eccezione è riservata ai Paesi ‘virtuosi’: nel caso il rapporto debito/Pil sia inferiore o pari al 60%, il deficit potrà arrivare all’1%. Il mancato raggiungimento degli obiettivi porterebbe all’immediata adozione di misure di correzione automatiche e prestabilite.

Per molti esperti del settore, il fiscal compact rimane un trattato eccessivamente violento per un’economia già in affanno. I premi Nobel Kenneth Arrow, Peter Diamond, Eric Maskin, Charles Schultze, William Sharpe e Robert Solow hanno inviato un appello al presidente americano Barack Obama il 28 Luglio del 2011, in cui riportano tutta la loro opposizione a un trattato che “avrebbe effetti perversi in caso di recessione”.

In ogni caso, il nuovo presidente francese François Hollande sembra essere determinato a rivedere la struttra del fiscal compact. Hollande, infatti, durante tutta la campagna precedente alla sua elezione, ha sostenuto che l’unica soluzione alla crisi europea fosse la creazione di condizioni di crescita per le economie in difficoltà. Una visione condivisa in un’alleanza atipica, quella tra Francia, Spagna e Italia, che si è venuta a formare dopo il crollo dell’asse franco-tedesco Merkozy. Che il fiscal compact accettato dall’Irlanda sia morto prima ancora della sua adozione?