Gli italiani ora tremano per l’economia. E la politica liberale ha il dovere di attrezzarsi.

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Gli italiani ora tremano per l’economia. E la politica liberale ha il dovere di attrezzarsi.

28 Dicembre 2020

Il sondaggio IPSOS di Nando Pagnoncelli apparso sul Corriere della Sera pochi giorni fa avrebbe certamente meritato più attenzione di quella che è emersa nei media e nell’opinione pubblica. In realtà è rimasto abbastanza in ombra, coperto dal Natale imminente e dall’assembramento di notizie e commenti sui colori dei giorni di festa, sugli spostamenti leciti e quelli proibiti, sulle attività aperte e quelle chiuse. Invece i suoi risultati sono un po’ sorprendenti, e fanno scoprire uno stato d’animo dell’opinione pubblica in controtendenza, anche rispetto a quello che molti di noi potrebbero dedurre dal proprio punto di osservazione, irrimediabilmente parziale.

Dopo mesi di provvedimenti, di bollettini sanitari, di annunci di chiusure e riaperture, si scopre che gli italiani, almeno stando al sondaggio, mentre non hanno smesso di essere timorosi per le conseguenze sanitarie della diffusione del COVID19, cominciano ad essere preoccupati – molto preoccupati – delle conseguenze economiche delle lunghe interruzioni di attività e di servizi. Ma vediamo qualche dato.

Richiesti di esprimersi circa i tre punti ritenuti più preoccupanti per l’avvenire del paese, al primo posto (78%) troviamo economia e occupazione, un valore alto anche negli anni passati. Il 57% indica la sanità, un valore importante e in linea con le aspettative. Assai più in basso si collocano la preoccupazione per il funzionamento delle istituzioni (33%), l’immigrazione (20%) e la sicurezza (11%), temi meno presenti nel dibattito politico e nell’eco mediatica.

Molto pessimistica la valutazione sulla crisi economica in atto, che per il 59% degli intervistati è più grave di quella iniziata nel 2008 con la vicenda dei mutui subprime. Il giudizio sulla situazione economica è negativo per l’84%, e più del 60% si aspetta un peggioramento nei prossimi mesi, anche in riferimento alla propria situazione personale.

Passando allo specifico della gestione dell’emergenza COVID ancora oggi il 44% delle persone ritiene molto o abbastanza elevata la minaccia di poter essere contagiato e il 58% teme la possibilità di contagio della propria comunità, considerando anche che il 59% del campione considera la seconda ondata grave come la prima. Ma rispetto alla prima ondata aumentano le difficoltà di accettazione della situazione: si palesano preoccupazione (34%), rabbia (26%), disorientamento (22%), intolleranza (20%), tristezza (19%), senso di solitudine (9%). Inoltre il 60% è stanco di limitare la propria vita sociale, il 50% di non potersi spostare in Italia, il 47% di portare la mascherina e il 30% di rispettare le distanze.

Un sondaggio non può dar contro della complessità dei sentimenti e delle aspettative del corpo sociale, ma di sicuro è in grado di misurarne la temperatura: l’ “andrà tutto bene” dei primi mesi è stato largamente sommerso dalla sfiducia, dal pessimismo e dalle contrapposizioni. Il paese febbricitante sembra attendere una guida più autorevole, più sicura e meno improvvisata. Questo disagio interpella la responsabilità di tutte le forze politiche e delle autorità diffuse nel corpo sociale, ma soprattutto interpella la capacità dell’opposizione di centrodestra di attrezzarsi meglio, con una classe dirigente adeguata e con proposte concrete, così da presentarsi in modo convincente agli appuntamenti e alle svolte dei prossimi mesi, che non saranno sicuramente facili. E questa volta non potrà permettersi davvero di prescindere da una riflessione culturale adeguata, come ha suggerito giusto in questi giorni Corrado Ocone: “È in questa dimensione perciò che chi ha a cuore la libertà, il ‘liberale’, ha ora necessità di muoversi. È un lavoro in lato senso ‘culturale’ quello che va fatto, non per opporre semplicemente narrazione a narrazione, ripetendo all’infinito uno schema dicotomico a somma zero. Ma per provare a tenere aperto quanto più possibile il campo della divergenza, o meglio dell’eccedenza: sia all’interno del terreno di gioco, aumentando il numero delle interpretazioni in campo, sia anche all’esterno, ove gli stessi perimetri di gioco vengono a delinearsi”.