Gli italiani protestano e Bruxelles ci dà una scossa, ma sulla ricostruzione Gentiloni non si dà una mossa

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Gli italiani protestano e Bruxelles ci dà una scossa, ma sulla ricostruzione Gentiloni non si dà una mossa

01 Aprile 2017

Il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, farebbe bene ad ascoltare cosa dicono i comitati organizzati da chi è sopravvissuto ai terremoti che hanno colpito l’Italia centrale negli ultimi mesi. “In sette mesi hanno portato 25 container travestiti da casette,” dicono al presidio davanti a Montecitorio, mentre sulla Salaria si registrano rallentamenti del traffico causati da una ondata di proteste. A chi ha perso familiari, amici e case con il terremoto, non piacciono i silenzi della informazione su quello che sta succedendo e neppure le “sfilate” dei politici che sono arrivati, hanno detto che tutto sarebbe stato risolto mentre invece la situazione è ancora in pieno stallo. 

Ci si chiede se le ultime dichiarazioni del premier, il miliardo l’anno per tre anni promesso da Gentiloni nella manovrina che dovrebbe far quadrare i conti con Bruxelles, arriverà mai. “Siamo stanchi di parole: se non otterremo risultati concreti bloccheremo il Paese”, dice ancora chi protesta, chiedendosi dove il governo troverà le risorse annunciate. Tre anni di politica degli annunci renziana, del resto, non depongono a favore di questo esecutivo. Chi manifesta chiede un cronoprogramma ufficiale e ricorda come per altre ‘emergenze’, vedi quella bancaria, “i soldi sono stati trovati in una notte”. 

Anche le imprese o quello che resta del tessuto imprenditoriale e produttivo locale temono i tempi della ricostruzione che si allungano – e su questo fronte, va ricordato un utile emendamento al decreto terremoto presentato in parlamento da IDEA, il partito guidato da Gaetano Quagliariello, che vuole estendere le agevolazioni fiscali al mondo del commercio dell’industria e dell’artigianato nelle zone del cratere sismico. Ricostruire il tessuto produttivo d’altra parte è strategico per evitare lo spopolamento di queste terre, e deve andare di pari passo con la ricostruzione di scuole e ospedali. 

Intanto, il commissario straordinario Vasco Errani ostenta ottimismo, parla di “fase nuova”, di ritorno alla normalità per le strutture amministrative dello Stato e degli enti locali, in linea con gli impegni, ops, le promesse fatte da Gentiloni (e Renzi). Ma a Bruxelles si respira un’altra aria, molto meno fiduciosa di quella che circola qui da noi tra Palazzo Chigi, il parlamento e il Nazareno, dove anche la ricostruzione post-sisma è diventato uno dei terreni di mercanteggiamento tra governo, maggioranza e renziani, con questi ultimi preoccupati che una manovrina solo lacrime e sangue regali l’ennesime sberla elettorale dopo il referendum, magari alle prossime amministrative. 

Dicevamo di Bruxelles: l’Unione Europea punta a ridurre del dieci per cento il finanziamento all’Italia per la ricostruzione, chiedendo al nostro esecutivo di farsi carico di cofinanziare gli investimenti anche solo per un decimo della cifra complessiva. Per le feluche italiane a Bruxelles è una decisione “surreale”, in realtà realistica e che dovevamo aspettarci visto che i nostri partner europei – soprattutto il blocco dei Paesi nordici con la Germania in prima fila – non si fidano dei governi fotocopia in Italia, né di lasciare tutto il ‘malloppo’ nelle mani degli italiani. La paura della Ue è quella di nuovi sprechi e spese inutili, o più semplicemente che tutto si risolva nella ennesima campagna elettorale renziana. Con gli italiani in Europa, per dire, sul finanziamento per la ricostruzione postsisma si sono schierati solo Grecia e Portogallo.

Non stiamo certo tifando contro il nostro Paese e ancora una volta mettiamo al primo posto l’interesse nazionale italiano: non è detta l’ultima parola, vedremo come la prenderà il parlamento europeo su questa storia del cofinanziamento di Roma al dieci per cento, mentre per il presidente dell’europarlamento Tajani spiega che a prevalere dovrebbe essere un atteggiamento solidale dei Paesi membri. Esito auspicabile, se non fosse che anni di oscillazioni renziane tra “lo spirito di Ventotene” e i toni euroscettici, il richiamo ai padri fondatori dell’Europa e le polemiche, spesso e volentieri strumentali, con la Commissione e Juncker, la promessa di una Europa a guida italiana e il risveglio nella solita Ue a trazione tedesca, indicano che per il nostro Paese e per questo governo la strada è tutta in salita. 

In attesa dei miliardi promessi da Gentiloni e mentre chi ha diritto a riavere una casa è costretto a protestare in strada per farsi sentire.