Gli onori di Mussi alla “selezione razziale” del presidente cileno

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Gli onori di Mussi alla “selezione razziale” del presidente cileno

18 Ottobre 2007

Il
presidente del Cile, Verónica Michelle Bachelet Jaria, nota molto più
semplicemente come Michelle Bachelet, ha ricevuto nientepopodimeno che una laurea
honoris causa. In Italia, per volere
(come sempre avviene in questi casi) del ministro dell’Università e della
Ricerca, nel nostro caso Fabio Mussi. Le è stata consegnata nei giorni scorsi all’Università
degli Studi di Siena, precisamente la facoltà di Medicina e Chirurgia. Già,
perché in materia la Bachelet non solo è una grande esperta (si laureò in
Medicina all’Università del Cile di Santiago nel 1982), ma ha pure maturato
negli anni un record di prim’ordine.
Tant’è che, prima di assumere la presidenza della repubblica, cosa che è
avvenuta l’11 marzo 2006, M.me Bachelet era ministro della Salute. Socialista,
militante, iscritta al Partido Socialista de Chile e membro del suo comitato
centrale dal 1995, la Bachelet fu nominata ministro della Salute l’11 marzo
2000 per poi passare, il 7 gennaio 2002, al dicastero della Difesa. Del resto,
il partito di cui è orgogliosa e significativa rappresentante vanta un curriculum storico da brivido sia in un
campo sia nell’altro, Salute e Difesa. Andiamo con ordine.

Da
ministro della Salute la Bachelet si è battuta più e più volte in favore di
progetti di legge che, proponendo la formulazione di presunti nuovi “diritti
umani” e favoleggiati “diritti riproduttivi” nonché discettando di “protezione
della donna”, hanno sempre cercato di ampliare il più possibile la legalità
della pratica dell’aborto. Ma il suo capolavoro porta la data del dicembre
2000. È la nuova normativa sulla sterilizzazione dei cittadini cileni
“devianti”, la Resolución Exenta n. 2536, che, come appunto dice la definizione
tecnica, non richiede alcuna discussione parlamentare. Tant’è che la Bachelet
l’ha fatta approvare by-passando il Congresso e pure il popolo cileno che non
ha nemmeno avuto la possibilità di assistere a un dibattito pubblico sul tema.

Grazie
a questa legge in Cile è da allora e fino a oggi possibile sterilizzare
qualunque persona sopra i 18 anni, uomo o donna che sia, e pure senza il
consenso dell’eventuale coniuge. La legge della Bachelet contiene infatti
precise «direttive per il servizio sanitario di sterilizzazione femminile e
maschile», e prevede interventi sia «su richiesta della persona sollecitata»
sia «su prescrizione medica o su sollecito di terzi». Un “capolavoro”, che
peraltro giaceva nel cassetto sin dal 1939.

Il
primo a ideare una legge così fu infatti, in quell’anno, il famoso Salvador
Allende Gossens (che sarà presidente del Cile dal 1970 al 1973), al tempo pure
lui ministro della Salute nel governo socialista retto da Marmaduke Grove
Vallejo. Allora di quella proposta di legge non se ne fece nulla per la decisa
e pronta opposizione di medici e di esperti cileni, ma lo stesso non è accaduto
nel 2000 con la Bachelet, la quale ha quindi finalmente potuto coronare
l’antico sogno razzista dei socialisti cileni.

Già,
perché a spingere Allende a scrivere una legge come quella del 1939 era la sua
idea fissa che le persone non fossero tutte uguali, che esistessero razze
superiori e razze inferiori (con gli ebrei che, ovvio, appartengono alla
seconda categoria…), cittadini di serie A e cittadini di serie B, persone con
tare criminali ereditarie da estirpare con la forza, omosessuali che vanno
curati chirurgicamente e semmai perseguitati (come del resto pure gli
alcolizzati), malattie veneree da perseguire per legge. Del resto, sta già
tutto nella tesi con cui nel 1933 Allende si laureò in Medicina e Chirurgia
all’Università del Cile di Santiago (la stessa che diplomerà poi la Bachelet),
intitolata Higiene Mental y Delincuencia.
La si può leggere integralmente sul sito.
L’ha infatti messa online, per
difesa, la Fundación Salvador Allende, ottenendo però la più tipica delle
eterogenesi dei fini.

Chi
ne ha fatto un caso storico con davvero pochi precedenti è del resto Víctor
Farías, filosofo dell’Università Andrés Bello di Santiago, già allievo (e poi
denunciatore per pensiero filonazista) di Martin Heidegger. Farías studia
Allende, i socialisti cileni e la Sinistra iberoamericana già da tempo, ma
ultimamente ha messo assieme un libro caustico e documentatissimo uscito
fortunatamente anche in lingua italiana, Salvador
Allende. La fine di un mito. Il socialismo tra ossessione totalitaria e
corruzione. Nuove rivelazioni
(trad. it. Medusa, Milano 2007). L’ho
recensito ampiamente sul numero di sabato 13 ottobre del settimanale di cultura
il Domenicale, ma ancora (se
consentite) stento a crederci. Eppure è tutto verissimo, giacché, come si dice
in questi casi, carta canta. Ne viene infatti fuori che uno dei miti
intramontabili del progressismo internazionale e del buonismo panciafichista
(peraltro mai assassinato dai militari golpisti l’11 settembre 1973, ma morto o
suicida o per mano della scorta personale a regia cubana che temeva che potesse
arrendersi) era un ammiratore di materialisti inquietanti come Cesare Lombroso
(il vate della fisiognomica criminale), di personaggi allarmanti come Nicola
Pende (che durante il fascismo sottoscrisse il Manifesto degli scienziati razzisti) e di assassini come quelli che
dettero vita al Terzo Reich.

Il
progetto di legge allendiano sulla sterilizzazione è, come detto, del 1939, lo
stesso anno in cui la Germania hitleriana varò una legge identica, quasi
persino nelle parole e nella casistica delle persone “imbarazzanti” da “cauterizzare”.
Del resto, dopo la Seconda guerra mondiale il criminale nazista Walther Rauff
(tra l’altro amico di quel gran muftì di Gerusalemme che a Berlino fu un
campione di antisemitismo accarezzando l’idea di sterminare tutti gli ebrei di
Palestina) venne protetto dall’Allende presidente (e dai suoi compagni di
partito) nel suo rifugio cileno (era il 1972 e Simon Wiesenthal ne restò di
stucco). Un po’ prima, quando alla presidenza stava Grove e Allende dirigeva la
Salute à la anzi, il governo
socialista cileno aveva pensato “bene” di consegnare l’intero settore
importazioni del Paese andino a Berlino, e pure i diritti di pesca in acque
cilene, salvo poi trovarsi sottomarini a zonzo per l’area.

Il libro di Farías è pieno zeppo di aneddoti e di dati
così. Andrebbe volantinato per le strade. E invece, come al solito, resterà
appannaggio solo di qualche cultore, avendo solo qua e là guadagnato un poco di
spazio su qualche giornale non di sinistra. Intanto il governo e l’università
italiane possono indisturbatamente premiare l’erede diretta dei deliri
razzistici di Allende, anzi l’allieva che ha superato il maestro, visto che
adesso in Cile, grazie alla Bachelet, la legge nazistoide del 1939 può lavorare
a pieno ritmo. Italiani, brava gente.

marcorespinti@hotmail.it