Gli snodi critici del Risorgimento

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Gli snodi critici del Risorgimento

11 Dicembre 2007

Piccola replica al professor Dino
Confrancesco a proposito di rimbrotti che mi muove nel suo pezzo uscito venerdì
su l’Occidentale dal titolo “Lo sport nazionale di abbattere i miti risparmi il
Risorgimento”.

Innanzitutto un grazie di cuore
per avermi innalzato dall’umile ruolo di semplice cronista e informatore
librario a quello di coautore di un testo (Controstoria d’Italia. Fatti e
misfatti de Risorgimento) in realtà scritto da Gigi Di Fiore.

A parte il supposto idem sentire
fra il sottoscritto e l’autore, il mio articolo si proponeva semplicemente di
segnalare alcuni snodi critici  della
nostra storia patria che il libro di Di Fiore affrontava. Niente di più, niente
di diverso.

Premessa a parte, veniamo al punto. A cominciare dal carattere
inedito delle informazioni riportate da Di Fiore a questo riguardo, ha
ragionissima Confrancesco: i padri della storiografia novecentesca ne hanno
parlato o quantomeno accennato. Il problema, va da sé, non è quindi l’inedito
ma la sua interpretazione, ovvero le questioni dello spazio e dell’intonazione.
Per capirci di come gli argomenti (assennati, bislacchi oppure semplicemente
perdenti) siano stati presi in esame da accademia e da pubblicistica negli
anni. Poco o giù di lì.

E’ noto infatti che i cosiddetti vinti non hanno potuto
contare, dal 1861 in avanti, su molti avvocati difensori o almeno d’ufficio.
Dar loro voce, magari attraverso una voce 
discutibilissima, non mi sembra delitto di lesa patria. Qualche
ragionuccia, magari per semplice calcolo delle probabilità, la dovevano pure
avere quei cattivoni degli antiunitari. Scomodare per un’inezia del genere il
gotha della storiografia novecentesca mi sembra perciò esagerato, tanto più che
alcuni dei nomi citati dal prof si guardavano fra di loro in cagnesco, in ragione
spesso delle divaricatissime letture che proponevano di Risorgimento e  post Risorgimento.

Per esser chiari%2C ad esempio,
Omodeo e Volpe, oppure ancora lo storico del Cavuor e quello della Rivoluzione
francese, e così via. Insomma, al dunque niente di pacifico e pacificato sotto
il sole. Altro che delitto di lesa patria. Quanto al sottoscritto, resta
comunque grato per l’attenzione, seppure criticissima, riservatagli.

L’estensore del discusso pezzo,
Beppe Benvenuto.