Gli studenti campani si laureano prima, ma quasi la metà di loro fugge al Nord

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Gli studenti campani si laureano prima, ma quasi la metà di loro fugge al Nord

28 Maggio 2012

di S. F.

Chi pensasse che gli studenti campani siano pigri e svogliati, sarà costretto a  ricredersi. A sostenere il contrario, infatti, non è la solita presa di posizione campanilistica, ma il rapporto annuale stilato da “AlmaLaurea”, il consorzio interuniversitario nato nel 1994 che ogni anno passa in rassegna la situazione all’interno degli atenei italiani. Quest’anno per la prima volta, nell’analizzare i dati provenienti dalle università campane, è stata presa in considerazione anche la “Federico II” di Napoli, prima università del Sud in quanto a numero d’iscritti. Il risultato è stato senza dubbio positivo, dal momento che, stando a quanto registra il rapporto, in Campania ci si laurea prima rispetto al resto del paese (anche se di poco) e c’è una maggiore propensione allo studio.

Ma ogni buon risultato, si sa, nasconde anche qualche aspetto negativo. Il rapporto presentato qualche giorno fa da AlmaLaurea contiene infatti alcuni dati inquietanti, nonostante siano già risaputi. Il 40% dei laureti, infatti, una volta incorniciata la pergamena decide di “migrare” verso le regioni del Nord e una percentuale ancora più alta non sa cosa aspettarsi dal futuro, né come sfruttare quel pezzo di carta tanto sudato.  “Abbiamo di fronte sempre lo stesso problema – il commento di Massimo Marrelli, rettore della Federico II – “formiamo ragazzi che sono poi costretti ad andare a lavorare fuori e, quindi, noi formiamo capitale umano di cui il territorio non beneficerà”.

Il motivo, è chiaro, risiede nella mancanza di opportunità occupazionali che i neo laureati faticano a trovare, in una delle regioni in cui, non a caso, il tasso di disoccupazione giovanile è tra i più alti della penisola. Se da una parte il caro affitti e le difficoltà nel riempire il carrello della spesa inducono molti, se non la maggior parte degli studenti, a frequentare l’università vicino casa, la fine del percorso accademico coincide, invece, con l’impossibilità di restare. Tutto chiuso per i giovani ed una sola scelta possibile: fare le valigie e partire.

A questo punto, però, bisogna chiedersi: ma tutto questo è davvero solo colpa della disoccupazione dilagante? O forse la verità, come spesso accade, sta nel mezzo? In effetti, se da un lato è senza dubbio vero che le opportunità per i giovani laureati latitano, è vero anche che, in un periodo di così forte recessione economica, una regione come la Campania non può riuscire ad offrire migliaia di posti di lavoro già belli e pronti. Molti tra i giovani laureati inseguono ancora il sogno del posto fisso, magari provando e riprovando decine di concorsi pubblici e vagando, nel frattempo, nel limbo della disoccupazione. C’è poca traccia, al contrario, di persone che il lavoro provano ad inventarselo, magari sfruttando proprio quelle conoscenze e competenze acquisite negli anni trascorsi in facoltà, o magari sfruttando il potenziale comunicativo di internet e delle nuove tecnologie. Il che, va detto, non soltanto per mancanza di volontà ma anche e soprattutto perché l’accesso al credito e il finanziamento delle idee sono parole ancora sconosciute in Campania. Avere una buona idea, senza la possibilità di poterci scommettere su, è un limite che va al di là di tante riflessioni.

A tutto questo fa da sfondo, d’altra parte, un contesto culturale che certo non aiuta. La Campania, infatti, è liquidata troppo spesso, dagli stessi giovani, come una terra senza speranza, nella quale non è possibile costruire nulla di buono e produttivo. E allora via, verso il Nord, prima ancora di averci provato.

Eppure, il settore universitario campano, analizzando le altre cifre percentuali, sembra funzionare decisamente bene, e appare in grado di identificarsi come un grande strumento di crescita regionale. Sono sempre di più le famiglie capaci di vantare almeno un “dottore” e aumentano i casi in cui studenti laureati provengono da famiglie con livelli d’istruzione modesti. Tutto in linea con la media nazionale. Studiare e laurearsi in tempo, per poi fuggire dalla Campania, non è comunque un dato incoraggiante.  La “fuga dei cervelli verso Nord”, è il classico esempio di un grande potenziale sfruttato male. Anzi, malissimo.