Gli U2 vanno su YouTube e il rock entra nell’era dello “streaming”

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Gli U2 vanno su YouTube e il rock entra nell’era dello “streaming”

01 Novembre 2009

L’annuncio della Rock and Roll Hall of Fame suona forte e chiaro: “Per onorare il suo 25° anniversario, la Fondazione festeggerà con due concerti benefici davvero speciali al Madison Square Garden di New York il 29 e il 30 ottobre”. E speciali i due concerti lo sono stati davvero, se non altro per le leggende che vi hanno preso parte – in due serate sono saliti sul palco Bruce Springsteen accompagnato da Billy Joel, Stevie Wonder, Simon & Garfunkel, U2, Aretha Franklin, Eric Clapton, Metallica – e per la location scelta: il Garden di New York, negli anni, ha ospitato infatti artisti immortali – tra cui Led Zeppelin, Bob Dylan, Elton John e Madonna – ed è stato teatro di eventi storici, come l’ultimo concerto pubblico di John Lennon nel 1974.

Ma se a New York è andato in scena il passato più glorioso del Rock, pochi giorni prima – al Rose Bowl di Pasadena, Los Angeles – il mondo ha avuto un assaggio del futuro della musica. Protagonisti, ancora una volta, gli U2, i quali hanno pensato di trasmettere in diretta su YouTube una tappa del mastodontico “360° tour”: due ore e venti di diretta in ottima qualità audio e video, per un concerto memorabile ancora visibile on line. Certo, “Entertainment Weekly” ha ragione quando scrive “che uno streaming su YouTube non si può paragonare a un concerto reale”, tuttavia l’idea resta “una trovata molto promettente”: accompagnato da link che invitano ad acquistare l’ultimo album della band e a fare beneficenza all’organizzazione di Bono Vox, il video ha già superato un milione di visualizzazioni.

I due eventi, solo apparentemente scollegati, sono il simbolo delle enormi trasformazioni a cui sta andando incontro la musica leggera. All’universo della Hall of Fame – che ci riporta ai polverosi dischi in vinile e alle storiche adunate rock degli anni sessanta e settanta, quando la musica era una cosa molto seria – gli U2 rispondono di fatto entrando nelle case dei fan di tutto il mondo per mezzo di canali un tempo impensabili. L’evoluzione tecnologica, insomma, mostra chiaramente come il presente (e il futuro) della musica siano sempre più determinati da due mezzi di comunicazione di massa: la televisione, soprattutto sul fronte dello scouting e della promozione, e Internet, determinante nell’acquisto e nella fruizione dei contenuti a discapito dei vecchi supporti materiali.

Sul ruolo giocato dalla televisione nella scoperta dei nuovi talenti, la realtà è sotto gli occhi di tutti. Se prendiamo l’ultima classifica dei dieci album più venduti in Italia, in prima posizione troviamo “Senza nuvole” di Alessandra Amoroso, in quarta l’album omonimo di Valerio Scanu e in sesta “Sulla mia pelle” di Noemi: tre artisti che provengono dai due talent show italiani di maggior successo, “Amici” e “X Factor”. E si badi, non sono semplici meteore: a trainare Noemi è il bel singolo “L’amore si odia”, cantato con Fiorella Mannoia, mentre Amoroso e Scanu – già idoli dei teenager – sono stati scelti da Federico Moccia per la colonna sonora del suo nuovo film.

In attesa di vedere come se la caveranno altri due interpreti di “X Factor”, il vincitore della passata edizione Matteo Becucci e i Bastard Sons of Dioniso, per tutti vale l’esempio di Giusy Ferreri: scoperta da Simona Ventura e sostenuta da Tiziano Ferro, in pochi mesi ha venduto centinaia di migliaia di dischi. Ricercando giovani promettenti da lanciare nel mercato e nel mondo dello show business, la televisione sta giocando il ruolo svolto in passato dalle case di produzione. Emblematica, in questo senso, l’esperienza di Mara Maionchi: dopo una vita a caccia di talenti dall’interno del mondo discografico, la Maionchi è diventata giudice di “X Factor” e qui ha scoperto i Bastard Sons of Dioniso, seguiti ora dalla sua agenzia “Non ho l’età”.

Per le case discografiche, assegnare alla televisione il delicato compito di scouting significa investire su artisti che hanno già avuto un forte riscontro di pubblico: un bel vantaggio, senza dubbio. I talent show in questione, però, sono alla ricerca di pop star: dando troppo potere alla televisione, allora, si rischia di non scommettere più su giovani meno “commerciali” ma qualitativamente più meritevoli. A dettare la linea, comunque, è il mercato: in un mondo sempre più ricco di offerte musicali, come spesso lamenta la Maionchi, non c’è più tempo per lavorare sulla maturazione di un artista. O il successo arriva subito, o avanti un altro.

Per quanto riguarda invece l’acquisto e la fruizione dei prodotti musicali, a far saltare tutti gli schemi è il più giovane tra i mezzi di comunicazione di massa: Internet. Della crisi dei cd, della rivoluzione mp3 e iTunes si è detto e scritto di tutto: la vera notizia, allora, è che quello stesso mp3 rappresenta ormai il passato. A lanciare il tema è Alan McGee, scopritore degli Oasis e guru della discografia inglese: entro due o tre anni, afferma il discografico, gli mp3 faranno la fine dei cd e lasceranno spazio alla musica in streaming. A determinare questo passaggio, secondo McGee, è anche il sistema di vendita imposto dalla Apple con iTunes, svantaggioso per case discografiche e artisti: “Le case discografiche hanno fatto un accordo cosi svantaggioso con la Apple che tutto ciò che ottengono sono 70 pence a copia venduta. E su quella cifra, dal momento che Apple trattiene una gran parte del denaro dei download, l’artista incassa 4 pence”.

Tanto vale, allora, abolire definitivamente l’acquisto di singoli brani e album. Sulla carta, il progetto è affascinante: pagando un abbonamento mensile o annuale, tramite internet e riproduttori dotati di connessione wi-fi sarà possibile accedere (legalmente) a tutta la musica che vogliamo. Lo streaming musicale, del resto, ha fatto passi da gigante: si pensi solo al successo di siti come “Pandora”, oggi non più utilizzabile al di fuori degli Stati Uniti, che a partire da una singola canzone riproducono una serie di brani affini ai gusti dell’utente. Se i cd sono morti – molti hanno visto nella recente rimasterizzazione del catalogo dei Beatles il canto del cigno di un mercato senza più futuro – ora tocca agli mp3? È presto per dirlo, ma vista la velocità con cui è evoluta la musica leggera negli ultimi anni non è certo da escludere. Per il momento, teniamo stretti i nostri iPod: anche se presto potrebbero non servire più.