Gli Usa colpiscono Al Qaeda e Petraeus vola in Pakistan

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Gli Usa colpiscono Al Qaeda e Petraeus vola in Pakistan

06 Novembre 2008

L’egiziano Mohammad Hasan Khalil al-Hakim – nome di battaglia “Abu Jihad al Masri” – era nel board di Al Qaeda da molto tempo. Si occupava di propaganda scrivendo pamphlet come “Myth of Delusion”, una delirante analisi dell’intelligence americana. Sosteneva che gli operativi di Al Qaeda avrebbero dovuto continuare a organizzare missioni su larga scala in Iraq e Palestina ma incoraggiava anche i “singoli jihadisti” a formare piccoli gruppi per attaccare le truppe di occupazione. Al-Masri consigliava di non colpire i civili per non inimicarsi l’opinione pubblica islamica.

Nel 2006 il terrorista apparve in un video dichiarando che la “Jamaat al Islamiya” egiziana da quel momento avrebbe combattuto al fianco di Bin Laden. Il gruppo militante islamico è considerato responsabile dell’assassinio del presidente Sadat nel 1981 e di centinaia di attentati contro turisti occidentali, civili e poliziotti egiziani, durante gli anni Novanta. E’ stata definita una organizzazione terrorista dagli Usa, dall’UE e dall’Egitto. Il suo obiettivo è di rovesciare il governo del Cairo per trasformare il Paese in uno stato Islamico.

Il 31 ottobre scorso Al Masri è morto sotto i missili sganciati dai droni dell’aviazione Usa. L’attacco è stato sferrato in Waziristan, la zona franca del Pakistan che ospita migliaia di qaedisti e talebani. Ci sono state almeno 30 vittime, compresi civili, secondo le testimonianze della popolazione locale. Il governo di Islamabad ha protestato duramente per gli sconfinamenti di Washington: dallo scorso agosto si contano 17 violazioni della sovranità territoriale pakistana. Gli Usa e il Pakistan ormai sono “alleati” per modo di dire.

I comandi americani sono frustrati dal fallimento delle operazioni militari condotte dall’esercito pakistano nelle zone di confine con l’Afghanistan anche se Islamabad assicura che sta facendo ogni sforzo possibile per dare la caccia ai jihadisti. L’offensiva dell’esercito Pakistano in Waziristan avrebbe eliminato, fino ad ora, almeno 1.500 tra miliziani e ribelli, ma dozzine di capi terroristi, compreso Bin Laden, continuano a resistere asserragliati nelle regioni montagnose del Pakistan nord-occidentale.

Se è vero che l’opinione pubblica pakistana e i giureconsulti islamici sono imbevuti di antiamericanismo bisogna ricordare che non tutta la popolazione del Pakistan sta dalla parte dei Talebani. Il New York Times ha pubblicato la storia del villaggio di Buner, in una piccola valle a ridosso delle zone tribali. Alla fine di agosto un gruppo di Talebani attaccò il posto di polizia locale impadronendosi di armi e divise. Subito dopo la gente di Buner – armata di vecchi fucili e qualche pistola, formò una posse e scoprì dove si erano rifugiati i miliziani facendoli fuori tutti. La storia di Buner è un drammatico esempio di come normali cittadini siano pronti a segnare una linea profonda tra loro e i miliziani del Mullah Omar.

La reazione dei terroristi alla morte di Al Masri non si è fatta attendere. Venerdì scorso gli uomini-bomba hanno colpito un posto di polizia a Mardan uccidente 8 persone, tra poliziotti e civili pakistani. Sabato un kamikaze si è lanciato contro il checkpoint di Zalai, sempre in Waziristan, alla frontiera con l’Afghanistan, uccidendo 8 ufficiali pakistani e ferendone altri due. Domenica è stato rapito il fratello del ministro delle finanze afgano che si era recato a Peshawar, in Pakistan, per visitare l’anziana madre. Dal giugno del 2007 si contano almeno 90 attacchi suicidi contro civili, militari, e obiettivi occidentali in Pakistan, che hanno ucciso circa 1.2000 persone.

Il 3 novembre il generale americano David Petraeus è arrivato a Islamabad per una serie di colloqui con gli alti ufficiali e i rappresentanti del governo pakistano. Petraeus sa che l’islamismo militante si sta diffondendo velocemente in un Paese afflitto da grandi difficoltà economiche e politicamente insanguinato dopo l’assassinio di Benazir Bhutto. In Afghanistan ci sono 64.000 uomini delle forze occidentali ma l’escalation scatenata dai Talebani quest’estate non accenna a finire e può contare sulle retrovie nelle regioni di confine con l’Afghanistan. C’è anche l’ISI, il controverso servizio segreto militare pakistano che secondo alcuni osservatori armerebbe le bombe talebane a Kabul.

Petraeus è stato accolto come un eroe a Islamabad. Secondo il generale in pensione Talat Masood, le autorità sperano che riesca a salvare il salvabile nelle relazioni tra Usa e Pakistan: “E’ un buon segno che il generale Petraeus stia compiendo la sua prima visita in Pakistan. Questo dimostra l’importanza che il Pakistan ha per gli Stati Uniti – ha detto Masood, aggiungendo che “il generale Petraeus gode di un’ottima reputazione. Speriamo solo che sia capace di influenzare gli eventi e sappia risolvere la situazione in Afghanistan e nelle zone tribali pakistane”. Chissà se a Islamabad accetteranno il fatto che gli sconfinamenti americani servono a proteggere le truppe americane, la popolazione afgana, e ad eliminare i gerarchi di Al Qaeda.

Una settimana fa Petraeus ha preso il comando dell’US CENTCOM, il comando del Pentagono che controlla la situazione militare in Asia e si occupa delle guerre in Iraq e in Afghanistan. Se stiamo alle ultime notizie, tra il neoeletto Obama e il generalissimo non dovrebbero esserci contrasti, anzi, una buona intesa. Lo scorso luglio i due si incontrarono a Baghdad e Obama gli disse: "il mio lavoro come commander in chief è vedere i tuoi consigli e le tue ragioni attraverso il prisma più ampio della sicurezza nazionale".