Gli Usa minacciano guerra e Gheddafi inizia a negoziare con Bengasi

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Gli Usa minacciano guerra e Gheddafi inizia a negoziare con Bengasi

08 Marzo 2011

Il cerchio si stringe attorno a Muammar Gheddafi. Il colonnello sembra sempre più in difficoltà. Sul fronte estero, la situazione si fa disperata per il regime di Tripoli. La tentennante posizione statunitense dell’amministrazione Obama sta diventando, di ora in ora, sempre più assertiva, un nuovo approccio confermato dal fatto che il presidente Obama sia finalmente riuscito a parlare di opzione militare a studio Nato contro le forze militari di Gheddafi.

Un’affermazione che già nella giornata di ieri aveva ottenuto il ‘niet’ russo, quando il ministro degli esteri Lavrov, commentando le dichiarazione del presidente Usa, aveva affermato nella tarda serata di ieri che “la Russia è favorevole a che i libici risolvano da soli i loro problemi interni”. Un chiaro messaggio, quello di Mosca: chiunque stia cercando un “cappello” giuridico Onu da dare a un’eventuale missione militare in Libia, la risposta russa sarebbe appunto ‘niet’.

Ancora non è chiara però qule che Mosca pensa sull’eventualità di una No Fly Zone sui cieli di Libia. Nel mondo arabo sarebbero favorevoli, invece, le monarchie arabe del Golfo. Che nel mondo islamico il sostegno al colonnello Gheddafi si affievolisca giorno dopo giorno, è confermato anche dalla posizione ribadita oggi dall’Organizzazione della conferenza islamica (OCI) la quale, per bocca del suo segretario, Ekmeleddin Ihsanoglu, è tornata a confermare la propria apertura alla No fly Zone in Libia benché l’Organizzazione confermi la propria contrarietà a vere e proprie azioni militari.

Ihsanoglu, in particolare, sarebbe tornato a chiedere al Consiglio di sicurezza dell’Onu ”di prendersi le sue responsabilità”. La posizione dell’OCI era già stata espressa dal segretario l’1 a Ginevra durante una riunione del Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu.

L’unica “buona” notizia per il leader libico viene dalla Cina, dove né il portavoce del ministero degli affari esteri, Jiang Yu, né il ministro degli esteri stesso, Yang Jiechi hanno fatto riferimento nei loro interventi sulla crisi libica a No Fly Zone di alcun genere.

Questo lascerebbe intendere che la Cina popolare non sia necessariamente incline a sostenere in sede Onu il riferimento all’imposizione di controllo aereo sui cieli libici, così come sarebbe prevista, invece, dalla bozza di risoluzione in via di scrittura da parte degli ambasciatori di Francia e Inghilterra al palazzo di vetro.

Ma l’assedio di Gheddafi continua anche sul fronte più dolente per il clan familiare del colonnello: le risorse finanziarie. Oggi il governo giapponese ha approvato le sanzioni contro la Libia, in linea con la risoluzione dello scorso mese assunta dal Consiglio di Sicurezza. Tokyo, per bocca del ministro delle finanze, intende congelare le attività economico-finanziarie di sei libici, tra cui lo stesso Gheddafi.

In attesa che si definisca il quadro, già difficile se non proprio già impraticabile sul piano politico, anche il quadro interno si fa complesso. Secondo quando riporta il quotidiano londinese in lingua araba, Asharq al Awsat, il clan Gheddafi sarebbe spaccato. Il quotidiano di Londra, citando un testimone oculare degli scontri avvenuti quattro giorni fa all’interno della caserma di Bab al Aziziya, a Tripoli, dove sarebbe asserragliato Muammar Gheddafi, i suoi figli e i suoi più stretti collaboratori.

Il quotidiano riporta di scontri, che hanno visto,secondo quanto riportato, anche scontri e l’esplosione di colpi da arma da fuoco, che metterebbero in luce l’esistenza di due “fazioni” all’interno della clan: da una parte ci sarebbero Sayf al Islam, Saadi, Motassem e Khamis i quali appoggerebbero il piano di Gheddafi di schiacciare con tutti i mezzi militari disponibili la rivolta popolare, mentre gli altri tre figli Aisha, Hannibal e il primogenito Muhammad vorrebbero opporsi a tale corso.

Ma senza ombra di dubbio, la notizia della giornata è la non confermata –  protetta da una cortina fumogena di conferme e pronte smentite –  trattativa in corso tra il raìs e le forze ribelli dell’Est. Jadallah Azzouz Talhi, già collaboratore del leader libico ma anche suo avversario politico, sarebbe giunto a Bengasi, inviato dal raìs per trattare la sua uscita di scena.

Da quel che è trapelato, il raìs avrebbe offerto le sue dimissioni e la sua disponibilità per un suo esilio all’estero ma avrebbe chiesto come contropartita l’assicurazione da parte del governo provvisorio di non procedibilità giudiziaria nei suoi confronti e della sua famiglia. Pare che la proposta, così formulata, sarebbe stata rifiutata dal governo provvisorio di Bengasi, presieduto dall’ex ministro della giustizia libico, Mustapha Abdel Jalil.

Quest’ultimo, in primo momento contrario, durante un’intervista alla rete pan-araba Al-Arabiya, ha lanciato al colonnello Gheddafi una sua contro-proposta la quale contemplerebbe l’accettazione della non-procedibilità nei confronti di Muammar Gheddafi. "Per trattare con noi Gheddafi deve subito ordinare il cessate il fuoco alle sue truppe e cessare i bombardamenti su al-Zawiyah e su Ras Lanuf – ha affermato Abdel Jalil – deve poi dimettersi e dopo possiamo trattare e siamo disposti a fargli come concessione la possibilità di non essere perseguito e processato una volta che si recherà in esilio all’estero".

Nel frattempo oggi le forze militari pro-Gheddafi sono tornate ad attaccare le città di Zawiya e Ras Lanuf.