Gomorra vince ai David di Donatello ma non paragonatelo al Padrino
09 Maggio 2009
“Gomorra” ha fatto incetta ai David di Donatello, compensando l’esclusione dalla cinquina nella corsa agli Oscar e la delusione per Cannes.
Dall’uscita nelle sale italiane, il docu-film di Garrone ha ottenuto lunsighieri giudizi della critica (“Garrone ha conservato soprattutto l’importanza dell’osservazione sul campo, quella capace di non farsi condizionare dai pregiudizi e di entrare in qualche modo in sintonia con una maniera di vivere e di ragionare che altrove può sembrare aberrante”, ha scritto Paolo Mereghetti sul Corriere della Sera); di botteghino (nel primo weekend di programmazione è stato il film più visto in Italia, con un incasso di quasi due milioni di euro, 10 milioni a marzo del 2009); istituzionali (il presidente Napolitano l’ha definito “un film impressionante”).
Tra le rarissime voci critiche, va ricordata quella di Tano Grasso che ha ammonito a parlare meno del film e più di quello che sta avvenendo nell’impero della Camorra (“Pensiamo ai morti veri”).
Ma c’è una curiosa discussione che circonda il film e merita di essere approfondita per un attimo. Quella sul paragone che scatta, immediato, tra il film di Garrone e i pilastri del cinema americano sulle mafie, da Scorsese a Francis Ford Coppola.
Il “Time” ha scritto che “Gomorra” è un antidoto al romanticismo del Padrino e che “non ha eroi, solo vittime”. Avrebbe quindi una funzione sociale, un taglio antropologico, uno sguardo documentario che mancano alle saghe ‘edificatorie’ del cinema americano del cinema criminale tradizionale.
Sarà, ma a noi continua a piacere di più la corsa sui tetti di New York del giovane Don Vito Corleone. La splendida colonna sonora del ciclo di Coppola, i folli eccessi nella villa di Scarface. Non perché ci piacciano i mafiosi, ma il grande cinema sì. Chiamatelo pure romanticismo ma, se siete tra quelli che – a bassa voce – si sono un po’ annoiati davanti a certi lunghi, e lenti, passaggi di “Gomorra” – dovrete riconoscere che non si può liquidare in modo ingeneroso l’epica criminale dei mafia-movie americani. Quindi andiamoci piano a trasformare Garrone nel nuovo Francis Ford Coppola (o Saviano in un nuovo Mario Puzo).