Granata: chi non vota contro Berlusconi sarà cacciato da Fli

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Granata: chi non vota contro Berlusconi sarà cacciato da Fli

30 Novembre 2010

Il copione futurista non cambia, anzi raddoppia:  la mattina nuova imboscata alla Camera sulla riforma Gelmini, maggioranza battuta su due emendamenti,  uno del pasdaran Granata e l’altro di Fli, Pd e Api.  La sera, la riforma Gelmini passa la prova di Montecitorio coi voti di Pdl e Lega ai quali si aggiungono quelli dei futuristi e dei lombardiani. Nel pomeriggio il monito di Granata ai finiani: chi non vota la sfiducia a Berlusconi è fuori da Fli.

Il copione per ora tiene e del resto è l’unica “arma” per far pesare al Cav. i voti finiani, ma non è detto che sia ancora così tra quindici giorni. Anche perché tra gli ‘sceneggiatori’ del copione, lo spirito di Perugia non sembra più la sola bussola per il redde rationem (14 dicembre). Le granitiche certezze e le incrollabili previsioni di Granata e Bocchino sulla caduta del Cav. a Montecitorio non sono più tali, al punto che nel gruppo di Fli c’è chi sta nella categoria degli “incerti”, cioè di quelli che in fondo non se la sentono di accollarsi la responsabilità di mandare a casa il governo e aprire la strada al voto.  

Così, al trio Granata, Bocchino e Briguglio fanno da contraltare i ‘moderati’ Moffa, Menia, Polidori e Paglia più inclini all’astensione. Già, perché adesso il nuovo dilemma dei finiani è: voto la sfiducia o mi astengo? Come se l’astensione fosse un’attenuante. Stravaganze futuriste. Certo, in questi ultimi giorni nel caleidoscopio delle dichiarazioni targate Fli su giornali, tv e agenzie c’è stato tutto e il contrario di tutto. A cominciare dal presidente della Camera Gianfranco Fini che domenica ha definito la riforma dell’Università “una delle cose migliori fatte in questa legislatura”, dopo averla fatta impallinare dai suoi la settimana prima a Montecitorio (su alcuni emendamenti) e proprio mentre l’impavido Granata saliva sui tetti della protesta universitaria per abbracciare il credo di quanti la riforma la vorrebbero cancellare.

Lunedì a Otto e Mezzo, Bocchino ha sentenziato:  “Fli che si spacca? Non è mai accaduto e non accadrà. Secondo me il governo il 14 non avrà la fiducia e i parlamentari di Fli voteranno compatti”. Ieri invece nei corridoi del Transatlantico è stato sibillino: “Come voteremo? Si scoprirà il 14 dicembre”. A stretto giro esterna pure Enzo Raisi  il quale, evidentemente, non digerisce il fatto di essere inserito tra i duri e puri alla ‘muoia Sansone e tutti i filistei’. Lo si capisce quando  l’uomo di Mirabello avanza un’altra opzione in vista del d-day, di fatto sconfessando la linea di Granata, Bocchino e Briguglio. In un’intervista ad ‘Affariitaliani.it’ l’ex coordinatore emiliano del Pdl non usa giri di parole: “Granata assicura che voteremo contro il governo?  Ha il dono degli indovini. Lui ha il suo pensiero come altri hanno il loro. Ogni volta che qualcuno di noi esprime un pensiero sembra la posizione di Futuro e Libertà. Noi abbiamo una gerarchia, c’e’ un capogruppo che si chiama Italo Bocchino e c’è un gruppo che deve incontrarsi, discutere e poi decidere. Vedremo”.  

Quanto basta per prendere le distanze dai ‘falchi’ del suo partito. E sul voto di sfiducia  ragiona così: “Io voterò in base alle decisioni che prenderà il mio gruppo. Deciderà e io mi adeguerò”. L’idea che Raisi getta nel campo futurista è quella dell’astensione, “una delle opzioni sul tappeto” – dice – e che potrebbe fare breccia proprio su alcuni deputati più possibilisti o forse solo più inclini a scegliere il male minore rispetto al dicktat che il partito ufficializzerà. Già, perché di dicktat si tratta dal momento che l’ipotesi di Raisi deve aver fatto andare su tutte furie Granata il quale non ha perso tempo e rilanciato alle agenzie: “La linea di Bastia Umbra non è cambiata di una virgola, quindi voteremo compatti la sfiducia al governo e se due o tre indecisi tra noi si dovessero astenere si metterebbero automaticamente fuori da Futuro e libertà”.

Altro che democrazia partecipativa. Dov’è finito l’ecumenismo futurista per il quale tutte le voci vanno sentite, accolte e messe a confronto? Dov’è finito il pluralismo delle idee inteso come ‘sale nella minestra’ (copyright Gianfranco Fini nella direzione nazionale del Pdl che sancì lo strappo dal Cav.) da contrapporre all’orribile partito-caserma?  Altra domanda per il pasdaran finiano: se il 14 dicembre due o tre deputati si asterranno o decideranno, invece, di sostenere il governo, che fa Granata li caccerà (proprio come urlò Fini in faccia a Berlusconi il 29 aprile)?  Un bel paradosso: il finiano di ferro vorrebbe adottare lo stesso metodo contestato al Pdl. Non a caso il collega di partito Paglia glielo fa notare quando considera il monito ‘granatiano’ come “un’opinione assolutamente personale. Se facessimo l’errore di espellere chi eventulamente volesse esprimere un dissenso rispetto alla linea ufficiale del partito, ci metteremmo sulla stessa linea della anti-democratica espulsione dal Pdl di Gianfranco Fini”.

E ancora: il vicepresidente della commissione antimafia spiega che la prassi di Fli “vuole che, una volta stabilita la posizione del gruppo, tutti si conformino”. E aggiunge: “Una volta assunta una decisione dal gruppo, non è pensabile che qualcuno si possa astenere, anche perché se il governo ottenesse la fiducia per due o tre voti, si darebbe spazio a illazioni su accordi sottobanco che non intendiamo tollerare”. Affermazioni che evidenziano un’altra contraddizione di fondo: ciò che Granata rivendica oggi come principio fondante della democrazia interna di Fli era ed è lo stesso principio in vigore nel Pdl, cioè al confronto segue la sintesi, come tanti uffici di presidenza o riunioni dei gruppi parlamentari al Senato e alla Camera dimostrano da due anni a questa parte. Non si capisce perché, dunque, rompere e andarsene per poi applicare la stessa prassi messa al bando tre mesi fa.

Al netto dei proclami, man mano che ‘il giorno del giudizio’ si avvicina i futuristi non sono poi così compatti. E la riprova sta nel fatto che serve l’intervento del capo per rimettere tutti in carreggiata, o almeno provarci. Il messaggio che Gianfranco Fini fa trapelare al termine dell’ufficio politico di Fli suona così: nessun passo indietro, abbiamo chiesto una nuova agenda economica, una nuova legge elettorale e siccome da Berlusconi non sono arrivate risposte non possiamo non presentare una mozione di sfiducia. O ci saranno novità oppure la strada è già segnata.  

La linea è quella di ascoltare le parole del Cav. in Parlamento prima della decisione finale ma fin d’ora è certo che nei ranghi di Fli non c’è spazio per chi dissente. Parola del democratico Gianfranco Fini.