Grilli-Sacconi: confronto a tutto campo tra lavoro, fisco e federalismo
15 Settembre 2012
Ultimo giorno di Summer School, giovedì. E a conclusione di una cinque giorni ricca di dibattiti e contenuti, s’è tenuto un confronto tra Vittorio Grilli, ministro dell’Economia e già direttore generale del Tesoro fino al novembre scorso e Maurizio Sacconi, esponente di spicco del Pdl ed ex titolare del dicastero del Lavoro nell’ultimo governo Berlusconi. A moderare, Mario Sechi, direttore de Il Tempo.
Inevitabile, l’avvio dalla strettissima attualità, dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Monti circa la rigidità di alcune norme dello Statuto dei lavoratori. Testuali, le parole del premier: “Alcune sue disposizioni (dello Statuto, ndr), ispirate a un intento nobile di difendere i lavoratori hanno determinato un’insufficiente creazione di posti di lavoro". Ovvero, l’art. 18 nella sua versione originaria – seppur, come affermato da Monti, nato con intenzioni nobili – ha provocato nel corso dei decenni non poche distorsioni al mercato del lavoro. E allora, al riguardo, immediato l’endorsement di Sacconi: “Significative, buone e giuste le prese di posizione di Monti sull’art. 18. Prese di posizione avvenute il giorno dopo l’attivazione – ad opera di Sel, Idv, Federazione della Sinistra e Verdi – del processo referendario d’abrogazione del nuovo art. 18 come modificato dalla riforma Fornero e dell’art. 8 (del dl 138/2011, poi convertito in legge 14 settembre 2011 n. 148, ndr)”.
Una disposizione legislativa, quella dell’art. 8, volta ad offrire alle parti sociali uno strumento teso ad incrementare il binomio produttività/retribuzione, mediante accordi aziendali in deroga ai contratti collettivi nazionali, per specifiche intese finalizzate anche “agli incrementi di competitività e di salario”. Quindi, bene Monti, proprio a seguito del tentativo (dall’estrema sinistra) di smantellare un processo riformatore di siffatta importanza.
E poi, parola a Grilli. Con Sechi, evidentemente, a chiedere al titolare di Via XX Settembre se, dopo Monti, vi sarà ancora Monti. “Tecnica”, la risposta del ministro: “I governi futuri dell’eurozona non potranno deviare dal percorso iniziato in quest’ultimo anno. E sarà necessaria, in tema, una convergenza su alcune linee comuni della cosiddetta “Agenda Monti”, per proseguire a dare competitività al sistema paese nel suo complesso, in un mondo ben differente rispetto a quello di vent’anni fa, in un contesto globalizzato”. E quali, dunque, le ricette per una tendenziale e rinnovata competitività? “Stabilità finanziaria, conti pubblici in equilibrio, riforme strutturali e una maggior efficienza della e nella vita aziendale”. “E in questo senso – è sempre Grilli a parlare – per rimanere al passo, occorre che le imprese, grazie anche e soprattutto a una cornice giuridica favorevole, producano di più e meglio”.
Ma è proprio questo, per Sacconi, il problema dei problemi: un impianto normativo “schizofrenico”, quello italiano, vero disincentivo per le imprese e gli imprenditori ad investirvi. Dalla sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma su Pomigliano, in cui la Fiat è stata costretta ad assumere 145 lavoratori cassaintegrati nel “vecchio” stabilimento iscritti alla Fiom, alle influenze del “radicalismo sindacale” nella “”legge Fornero” di riforma del mercato del lavoro approvata in via definitiva in Parlamento qualche mese or sono. Sacconi, infatti, non partecipò a quel voto (al Senato, ndr) a causa del dissenso per quelle che definisce "norme troppo rigide in entrata nel mercato". Norme, peraltro, capaci di diminuire la propensione delle imprese ad assumere anziché aumentarla. E allora, urge – sempre secondo l’opinione del già ministro del Lavoro – ritornare ai principi della Legge Biagi e alle previsioni contenute nell’art. 8, “perché la crescita non si fa per decreto ma mobilitando la società e incoraggiando le moltitudini”.
Altri due temi rilevanti, inoltre: fisco e federalismo. Da un lato, Grilli ha manifestato l’intenzione del governo di riservare una corsia preferenziale, entro la fine della legislatura, al riordino della legislazione tributaria – nel senso di assicurare una maggior certezza del diritto in un campo dirimente, come il fisco e le norme che l’accompagnano –, al rapporto tra fisco e impresa e alla revisione del catasto, affinché il pagamento dell’Imu possa essere il più equo possibile. Sacconi, invece, ha dal canto suo ricordato come giaccia tuttora in Parlamento una delega fiscale risalente all’epoca del fu governo Berlusconi: revisione dell’Irap, tre aliquote Irpef, forfetizzazione del prelievo per le nuove imprese e rivisitazione della spesa per assistenza, i contenuti della medesima. Un quadrinomio assolutamente necessario per ridare fiato a famiglie e imprese.
Sul federalismo, invece, nessun passo indietro del governo, perché “la spending review viaggia in totale continuità con i valori cardini federalisti, in base al principio secondo cui l’individuazione dei costi standard rappresenta un ineluttabile strumento d’analisi per individuare chi, in ‘periferia’, risulta essere fuori dalla media della spesa”.
Una battuta finale. Affidata sempre alle parole di Grilli. E’ Sechi, a chiedere: “Ministro, dove la trovo alla fine della legislatura?”. Risposta, laconica: “Non ho capito”. A dimostrazione di quanto sia ancora nebulosa e affatto chiara la sorte dei “tecnici” dopo il governo “tecnico”.