Grillo alla CNBC, ecco perché piace agli americani

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Grillo alla CNBC, ecco perché piace agli americani

17 Maggio 2013

Non si può capire perché la tv via cavo americana CNBC ha dedicato così tanto spazio a Beppe Grillo, con le sue solite menate sul Berlusconi ologramma e il Bersani dead man walking, se non ricordiamo che nel 2009 fu proprio CNBC, con la declamazione di Rick Santelli dal Chicago Mercantile Exchange, a reinventare il termine "Tea Party", a dare forma e nome al più grande movimento di protesta popolare contro i grandi partiti americani della storia americana degli ultimi anni.

CNBC, con lo stile ruvido e gridato che la contraddistingue, più di una volta ha dato sui nervi al Presidente Obama, che per bocca della sua Amministrazione l’ha liquidata come una "cable chatter", la tv delle chiacchiere morte. Ai tempi, i critici le rimproverarono di aver amplificato il saliscendi dei mercati, la bolla dot-com prima e quella dei subprime dopo ("Italian Government History as a Virus Spreads: Grillo", è il titolo dell’intervista al comico e portavoce di M5S).

Fino alla scomunica arrivata da un altro comico popolarissimo negli Usa, Jon Stewart, anche lui grande demolitore delle icone politiche dei nostri tempi (ne sa qualcosa Obama), che in diretta ‘smascherò’ la copertura mediatica si disse mediocre offerta da Jim Cramer, celebre volto di CNBC, sulla crisi finanziaria del 2008 (Cramer fu costretto addirittura a scusarsi per le lacune e gli errori commessi).

Gli americani che hanno amato e praticato il Tea Party, con quell’aggressivo e spesso disdicevole secondo i benpensanti modo di fare politica dal basso, ribellandosi all’egemonia obamiana e al ritardo di un partito repubblicano vissuto troppo a lungo all’ombra delle presidenze Bush, forse in qualche modo si riconoscono in Beppe Grillo quando spara a zero sulla nostra classe politica e promette di fare piazza pulita nei prossimi quattro mesi, giudicando finito il sistema dei partiti.

Forse però al di là della bagarre antipolitica ben interpretata dal comico genovese, la retorica dei "five star" e del "need to rebuild", i teapartiers e i giornalisti di CNBC dovrebbero scavare un po’ meglio nel programma politico dei 5 Stelle. Si accorgerebbero che dalla decrescita al reddito di cittadinanza l’ideale quasi anarco-capitalista che certe volte sembra emergere dal blog di Grillo non è poi così confinante con l’individualismo e l’idea di libertà rivendicati dai nipotini della rivolta di Boston.