Grillo e Casaleggio si tengono lo scettro
20 Ottobre 2015
Sul palco il mattatore è sempre lui, il capocomico. Dice che vuole togliere il nome Grillo dal simbolo di m5s e annuncia da tempo di andarsene, voglio farmi da parte, ma ci riesce così bene da riempire col suo faccione barbuto una lunga diretta di Italia 5 Stelle su SkyTg24.
Accanto al caciara c’è un signore alto vestito alla milanese, umbratile e con la coppola all’inglese, gli occhiali scuri come nella celebre canzone di Battiato. Costui, interrogato dai giornalisti su quale sia il programma pentastellato, prima fa un’introduzione taumaturgica sulla lotta alla corruzione, poi snocciola in un bip la piattaforma politica: favorite i documenti, nello specifico la fedina penale.
Anche lui, come l’altro, fa come se fosse capitato a Imola per caso, non disturbate eh?, che diavolo ne so quando si va votare, decideremo uomini candidati e mezzi proprio sotto elezioni. Insieme, i due si prendono ancora una volta il palco, oltre che il logo sullo sfondo del palco. Così l’investitura del vicepresidente della Camera, Di Maio, a sindaco di Napoli o magari leader del Paese, viene frizzata. Il passo avanti romano del Di Battista, che intanto annuncia la creazione dello stato di Palestina e la lotta all’Isis fatta tramite cooperazione internazionale, somiglia a quello del gambero rosso.
I "cittadini" che nel frattempo erano andati al governo, poverini, bisogna compatirli, più che l’abbraccio del pubblico si prendono qualche intervista in tv e molti sguardi sospettosi dei militanti. Si sa, nel movimento ci sono delle regole, e una è quella di governare senza termovalorizzatori, diteglielo a Pizzarotti, che non pensi di uscirsene con la storia delle maggiori compensazioni ambientali. Si deve governare senza Expo. Senza alta velocità. Senza Tap. Senza Triv. Magari pure senza pale eoliche. Ehm…
La verità è che m5s continua a rimandare la prova del governo e anche Grillo non intende rischiare, mettere alla prova i suoi sulle graticole che scottano, quelle delle grandi città, appunto, pesanti quanto una regione. Se a Parma o Ragusa è andata così, figuriamoci dove andrebbero a finire le astrazioni grilline in situazioni complesse come Roma o Napoli, dove li attende la celebre monnezza.
La spiegazione del temporeggiare è già stata confezionata: non ci candidiamo perché se hai preso un impegno come parlamentare non puoi ambire ad altre cariche. Ma la paura è un’altra, bruciarsi in un nanosecondo. Così sai che c’è? Meglio crescere ancora sul piano nazionale che governare. Comunque sia, mentre il direttorio aspetta, la diarchia comico-internettiana gode.