Grillo e le macroregioni, il copyright non e’ della Lega ma di Fondazione Agnelli
09 Marzo 2014
di redazione
L’ultima di Beppe Grillo è presto detta: l’Italia si dividerà, la storia iniziata nel 1861 è destinata a finire, la democrazia italiana attuale è un incubo, dominata da un novantenne e da un venditore di pentole. Niente di nuovo dal fronte grillico, insomma. Grillo però oggi cita le macroregioni, dicendo che "per far funzionare l’Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie". Ora, per chi è abituato a seguire solo il gran capo, ricordiamo che l’idea di accorpare le regioni italiane non è farina del sacco di Grillo ma risale agli anni Novanta e in particolare allo studio realizzato dalla Fondazione Agnelli che proponeva la costituzione di 12 macro-regioni o aree di sviluppo diffuso autosufficienti e capaci di generare progetti di sviluppo. Lo studio della Fondazione Agnelli prevedeva 22mila miliardi di risparmio generati dall’operazione di accorpamento, senza nuove tasse e senza spese ulteriori. Fa piacere che Grillo ed M5S rilancino idee del genere, ma gli andrebbe ricordato che appunto riforme del genere presuppongono un ripensamento del Titolo V della Costituzione, il compimento della rivoluzione federale e soprattutto che il parlamento voti una legge costituzionale. La fusione delle Regioni è prevista dalla Costituzione, anche se non è mai stata applicata essa continua a vivere ripiegata tra le pagine della nostra Carta, complicata dalle modalità attuative dell’articolo 132. Purtroppo pensare di lavorarci insieme in parlamento con i grillici, vista la loro autoesclusione preventiva da ogni ragionamento con altri partiti, è pura utopia.