Grillo non ha perso il pelo e neppure il vizio di sparare contro tutto e tutti

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Grillo non ha perso il pelo e neppure il vizio di sparare contro tutto e tutti

02 Aprile 2009

Il grillo perde il pelo, ma non il vizio. No, non è un errore di battitura: non era il lupo, ma proprio grillo, nel senso di Giuseppe Grillo, in arte Beppe; che in un una comparsa-farsa su La 7, ha approfittato dell’ospitalità di Ilaria D’Amico e della sua "Exit" per confermare la sua fondamentale ambivalenza, la sua sostanziale duplicità, la sua eterna indecisione tra il fuori e dentro. Dalla Tv, così come dalla politica, Grillo non sa tenersi davvero lontano: per quanto le denigri, per quanto cerchi di mostrarsi estraneo, per quanto voglia dare a vedere di essere superiore all’una e all’altra, finisce sempre per ricaderci. E così, periodicamente, si riaccosta ingolosito, recitando la parte del genio incompreso: sommando banalità, ovvietà e falsità, propina al pubblico la sua miracolosa ricetta per riformare il paese (e il suo piccolo schermo), certo di un altrettanto miracoloso successo.

Anche ieri sera, tradendo le aspettative della conduttrice, alla quale aveva dato disponibilità per un contraddittorio franco e onesto (ma davvero qualcuno crede ancora alle favole?), in collegamento da Bruxelles ha sparato a zero per una ventina di minuti contro i suoi interlocutori  in studio; e abbandonando ben presto l’argomento all’ordine del giorno – la privatizzazione dei servizi idrici – si è dedicato al suo solito comizio, lo stesso da una decina d’anni, contro i politici, le banche e le imprese, inclusa la Telecom Italia padrona di casa (a proposito: chissà cos’ha pensato la dirigenza della rete, una volta controllata da Tronchetti Provera, a sentirlo parlare così del loro predecessore).

Malgrado fosse presente dal vivo (per così dire), Grillo si è comportato esattamente come nei precedenti ritorni annunciati in televisione, nei quali si era concesso solo attraverso videomessaggi registrati: ha recitato il suo monologo e si è dileguato. Senza lasciarsi troppo distrarre dai tentativi di discussione degli ospiti in studio (troppa grazia, san Giuseppe), ha seguito il suo consueto copione, senza variazioni, per stigmatizzare la classe dirigente e indicare nella sua filosofia tecno-demagogica, a base di blog e di comitati civici,  l’unica via di redenzione.

Una redenzione che sarebbe già iniziata, e sarebbe ormai inarrestabile, celata solo dalla cecità censoria dei media che nasconderebbero l’eclatante successo dell’iniziativa politica grillina. Peccato che l’unico esempio di questo eclatante successo che il comico sia riuscito a citare sia la presenza di un suo uomo nell’amministrazione comunale di Treviso, da cui difficilmente si può credere dipenda il buon governo della città. Un dato che deve far riflettere: se dopo tutto il can-can mediatico scatenato alle ultime elezioni dalle "liste Grillo", il massimo exploit politico del comico e dei suoi seguaci è consistito in una poltrona di consigliere comunale, forse non siamo proprio di fronte alla rivoluzione che si vorrebbe far credere.

Forse tutto il potere di Internet sventolato da Grillo ai suoi avversari non è poi così irresistibile, se le adunate dei suoi adepti, che avrebbero dovuto essere oceaniche, si sono limitate a poche migliaia di persone. Forse non è vero che grazie alla Rete si può fare a meno della televisione, se lo stesso Grillo avrebbe voluto maggiore attenzione dalla Tv e lamenta che i media non hanno dato abbastanza risalto alle sue liste (ma come, non bastava il blog?). Forse non si può fare a meno neppure della politica, se per dimostrare di essere ancora vivo dopo un simile flop il comico si è dovuto piegare a confrontarsi almeno per qualche minuto con i rappresentanti legittimamente eletti dal popolo (altrettanto legittimamente che quelli da lui proposti, come gli ha ricordato la D’Amico). 

E se infine si obietta che il movimento di Grillo sia troppo giovane per sortire un successo maggiore, si potrebbe ricordare la sorte di un altro movimento, al quale quindici anni fa sono bastati due mesi di vita per conquistare la maggioranza del paese, e che ancora oggi, confluito nel PdL, governa l’Italia. Ma quella di Berlusconi e di Forza Italia è decisamente un’altra storia: bisognerebbe ricordarlo anche all’onorevole Tabacci, che per prendere le distanze da Grillo e dal suo straparlare ha voluto accostarlo al presidente del Consiglio, chedendosi cosa mai avrebbe potuto fare il comico se fosse stato lui a possedere tre televisioni. Probabilmente niente, caro Tabacci: perché un conto è possedere tre televisioni, un altro è saper fare politica.