Grillo passa dalla nebbia dei black bloc a quella del dietrofront
04 Luglio 2011
di redazione
Gli “eroi” di Grillo sono nascosti nella nebbia della Val di Susa. Al punto che non sa bene neppure lui chi sono. Quelli di domenica erano schierati lancia in resta – anzi mazza in resta – contro le forze dell’ordine riproponendo scene già viste, a Genova, a Davos e in ogni dove c’è chi il dissenso, sempre legittimo, lo manifesta con la violenza guerrigliera portata fino all’estremo contro coloro che in quel momento rappresentano un avamposto dello Stato, della legalità. Parola che Beppe Grillo conosce bene e usa spesso. Quelli di lunedì sono i manifestanti pacifici.
In Val di Susa è accaduto lo stesso e le immagini trasmesse dai tg o rilanciate sui siti internet parlano più e meglio di tante parole, commenti di rito, prese di distanze autentiche o presunte. Come nel caso del comico genovese che dopo aver definito “eroi” le centinaia di persone che con la scusa del no alla Tav si sono date appuntamento in montagna – appunto in Val di Susa – con l’intenzione di far casino, di scatenare la guerra allo Stato. Feriti e devastazione sono lì a dimostrarlo. Ma quella parola, quella definizione, ha mandato in tilt il Grillo-pensiero, ha creato un corto-circuito anche mediatico oltreché politico dal quale lui stesso si è dovuto difendere. Perché si è reso conto di essere rimasto da solo: nessuno tranne Ferrero di Rifondazione ha condiviso la sua linea, non lo ha fatto Vendola, non lo ha fatto Bersani tantomeno di Pietro. E se fosse per Renzi (“le parole di Grillo fanno schifo”), anche il leader del Movimento Cinque Stelle sarebbe già bello che rottamato.
In un nano-secondo Grillo deve aver realizzato di averla detta grossa, di essere andato fuori dal seminato, di essersi fatto grancassa dei violenti, di averne esaltato la forza distruttiva che poi è l’unica ragione che porta persone a incappucciarsi e a spaccare tutto – anche la testa della gente che si trovano di fronte, meglio se con indosso una divisa – a suon di mazza, spranga e tutto l’armamentario del ‘perfetto’ black bloc. Gente che della Val di Susa gliene po’ fregà de meno. E che gli ‘eroici’ comitati No Tav per dirla alla Grillo avrebbero dovuto respingere, tenere ben lontani dal loro territorio, essendo loro stessi i primi a pagare il prezzo di tutta quella furia.
Grillo dunque si è reso conto di aver fatto lo spot per loro anziché per i valsusini che non vogliono la Tav e di essersi messo su di un crinale politico molto pericoloso. Come uscirne? Semplice: tutta colpa della stampa che non ha capito nulla e ha travisato il suo pensiero. Il solito giochino, di politici e paladini dell’antipolitica. Su questo i due opposti si sovrappongono alla perfezione. Così il lunedì Grillo dice che domenica in Val di Susa c’era la “nebbia dell’informazione, non solo quella dei fumogeni” e che lui ha chiamato eroi “i valsusini che manifestavano pacificamente, come fanno da anni, per il loro territorio. Sono il primo a condannare e a voler sapere chi sono i black bloc annunciati dai media da giorni. Li trovino, li arrestino”.
Cominci Grillo a dare il buon esempio e a mantenere fede al suo pensiero del lunedì. Cominci a dire che ha fatto un errore, lui e solo lui. Chieda scusa per ciò che ha detto e sarà credibile. La nebbia in Val di Susa non è quella dell’informazione “calata sulle ragioni della protesta”, ma la nebbia di pensieri border line coi quali si cavalca la contestazione, urlando, sudando, arringando la folla per far risalire il termometro del gradimento politico che alle amministrative (tranne il caso Bologna) si è fermato di poco sopra lo zero. A prescindere dalla Val di Susa.