Guantanamo, il Senato accontenta Obama ma dove finiranno i terroristi?

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Guantanamo, il Senato accontenta Obama ma dove finiranno i terroristi?

22 Ottobre 2009

Martedì scorso il Senato degli Stati Uniti ha autorizzato la Casa Bianca a spostare i detenuti di Guantanamo sul territorio americano, per essere processati davanti a tribunali civili. La misura, approvata con 79 voti favorevoli e 19 contrari, è stata inserita in una legge che concede fondi al Dipartimento per la Sicurezza nazionale nel 2010. La Camera dei Rappresentanti si era già espressa a favore del trasferimento dei prigionieri e della chiusura del supercarcere militare, dove dal 2001 si trovano circa 220 detenuti “speciali”.

Il voto del Senato rimuove uno degli ostacoli che negli ultimi tempi hanno reso la vita sempre più difficile al presidente Obama: mantenere la promessa di chiudere Guantanamo, uno dei punti chiave della sua campagna elettorale, ed anche una delle parole d’ordine di "sinistra" della nuova amministrazione. Dall’inizio del mandato, Obama ha incontrato una serie inevitabile di problemi di tipo legale, politico e diplomatico, e la questione “Gitmo”, nonostante il voto del Congresso, non sembra destinata a risolversi facilmente.

Il supercarcere continua ad agitare le coscienze degli americani ed alimenta infiniti dibattiti anche all’interno dei singoli Stati federali. L’ultimo episodio, raccontato da Chris Bodenner sul "New Republic", arriva da Standish, una cittadina nello Stato del Michigan. Anche qui la crisi economica si è fatta sentire: siamo in una delle contee più povere dello Stato, dove il tasso di disoccupazione arriva sino al 25 per cento. Cinque mesi fa, una delle principali fonti di ricchezza e occupazione della città, lo Standish Maximum Correctional Facility, un vecchio penitenziario della zona, è stato chiuso. Ma per tutta l’estate si è parlato di candidare questo vecchio edificio a nuova prigione dove ospitatare una parte dei detenuti trasferiti da Guantanamo.

Durante una manifestazione, il dirigente finanziario Michael Moran, seduto vicino al sindaco, non ha esitato a dire: “Noi siamo una comunità di cacciatori. Se qualcuno scapperà, avrà una brutta sorpresa”. La maggior parte dei politici locali si è schierata con Moran, ma fino a quel momento nessuno aveva fatto i conti con un certo Pete Hoekstra, un repubblicano “doc” che dal 1993 rappresenta lo Stato del Michigan al Congresso.

Nonostante sei onorevoli mandati, Hoekstra è conosciuto soprattutto per le sue gaffe. Come nel 2006, quando, tra lo stupore generale, affermò che in Iraq erano state ritrovate le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, oppure quando ha divulgato via Twitter informazioni riservate su una delegazione americana inviata in Iraq. Hoekstra, che in Michigan è più popolare dell’attuale governatore democratico, Jennifer Granholm, è da sempre contrario alla chiusura di Guantanamo. Così è sceso in piazza per ribadire il suo “no” al trasferimento di terroristi nel penitenziario di Standish.

L’arrivo dei detenuti, secondo lui, rischia di colpire ancora di più l’economia dello Stato, allontanando business e turisti. “Arriveranno terroristi senza scrupoli, che hanno giurato di uccidere più americani possibile”, ha ammonito. Secondo alcuni sta facendo solo campagna elettorale, cercando sponde per candidarsi alla guida dei repubblicani che vogliono riprendersi il Michigan. Ma lui risponde: “Non sono qui come candidato”. In ogni caso, nonostante la decisione finale arriverà alla fine di novembre, Fox News ha già fatto trapelare che lo Standish Max non è più tra le prigioni papabili dove trasferire i detenuti di Guantanamo.

Intanto, martedì scorso (dopo sei mesi di attesa), la Corte Suprema americana ha accettato il ricorso dei 17 uighuri, cittadini cinesi che appartengono alla minoranza islamica perseguitata nello Xinjiang, catturati dagli americani nei campi di addestramento dei talebani in Afghanistan e rinchiusi a Gitmo. Nonostante il Pentagono li abbia esclusi da tempo dalla categoria dei “nemici combattenti”, fino a oggi non è stato possibile rilasciarli in territorio americano, né tantomeno rispedirli in Cina, dove li aspetta una condanna a morte assicurata. Per ora, soltanto quattro di loro possono tirare un sospiro di sollievo: grazie a un escamotage, da giugno sono stati ospitati in Albania e nell’isola di Palau.

Ieri, alcuni musicisti di fama mondiale, come i R.E.M. e i Pearl Jam, hanno lanciato dalle pagine del “Washington Post” l’ennesima campagna nazionale per chiudere il supercarcere. Le star del rock hanno chiesto all’amministrazione Obama di rendere pubblici i titoli delle canzoni utilizzate nel supercarcere militare come parte delle tecniche di interrogatorio. Secondo i racconti di ex detenuti, tra i brani sparati a tutto volume c’erano “Born in the Usa” di Bruce Springsteen, “American Pie” di Don McLean, la sigla del programma televisivo per bambini “Sesame Street”, e l’inno nazionale “Star Spangled Banner”. La risposta della Casa Bianca è stata immediata: non ci saranno più interrogatori da spaccare i timpani. Ma probabilmente la sinistra e i radicali americani non si accontenteranno solo di questo.