Guarda un po’, ci sono ancora centrodestra e centrosinistra
11 Giugno 2017
Scriviamo mentre va avanti le spoglio dei voti delle elezioni comunali ma le sorprese non sono mancate. A cominciare da Genova, città governata storicamente dalla sinistra, la città di Beppe Grillo, dove il candidato del centrodestra (unito), Bucci, per la prima volta, potrebbe strappare la città agli avversari del centrosinistra, avendo preso più voti degli altri sfidanti al primo turno di ieri. Bucci è vicino al 38 per cento, otto punti sopra il centrosinistra. Anche a Verona, il candidato del centrodestra, Sboarina, che nei giorni scorsi aveva ribadito più volte il tema dell’unità del centrodestra, andrà al ballottaggio, avendo ottenuto quasi il 30 per cento.
Ballottaggi tra centrodestra e centrosinistra anche a Catanzaro, dove secondo le prime proiezioni diffuse alle tre di stanotte il sindaco uscente Abramo dovrà vedersela con il centrosinistra di Ciconte, partendo da un vantaggio di circa dieci punti (Abramo è di poco sotto al 40%). A L’Aquila, dove la sfida è tra Americo Di Benedetto e Pierluigi Biondi, il centrodestra invece partirà in svantaggio per il secondo turno. A Lecce, Mauro Giliberti, anche lui candidato del centrodestra, supera abbondantemente il quaranta per cento, mentre la coalizione a guida Pd si ferma al 28. E mentre a Palermo, al primo turno, vince ancora una volta Leoluca Orlando, a Parma al ballottaggio andranno il sindaco uscente Pizzarotti (ex cinque stelle, cacciato da Grillo) e il candidato del centrosinistra, Paolo Scarpa.
La prima considerazione da fare è che destra e sinistra, o meglio, le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra vincono ancora le elezioni. Certo, si tratta di coalizioni che vanno calate nel “qui ed ora” del contesto politico. Coalizioni che si presentano agli elettori con nuove categorie, differenziandosi e articolandosi al loro interno in modo diverso dal passato. Ma gli schieramenti che conoscevamo esistono ancora e quella tra destra e sinistra resta la vera discriminante a livello politico ed elettorale, come abbiamo scritto più volte sul nostro giornale. Questo vuol dire che lustri di propaganda “anticasta”, di antipolitica, di retorica “sistema-antisistema” (a cui non non si è sottratto Matteo Renzi), non sono serviti a nulla, anzi hanno solo favorito la crisi della rappresentanza.
Punto secondo lo stop a livello locale per 5 Stelle. Risultato che non è così inatteso come lo dipingono i grandi giornali. Non è una novità che i grillini non abbiano una classe dirigente locale adeguata (gli stessi vertici del movimento che oggi siedono in parlamento, alla prova del voto locale, non brillarono), oppure, dove ce l’avevano, se la sono persa per strada, come a Parma. Bisogna aggiungere che il movimento, scegliendo sempre di correre da solo alle elezioni, e rifiutando ogni logica di coalizione, difficilmente può arrivare ai ballottaggi. Quando ci arriva, di solito, drena voti dagli schieramenti perdenti, com’è accaduto a Roma con Virginia Raggi, sfruttando paradossalmente proprio quella contrapposizione tra destra e sinistra che viene data per superata dai pentastellati.
Terzo e ultimo punto il dato sulla affluenza. Gli italiani che non votano continuano ad aumentare di diversi punti percentuali, e quindi, a quanto pare, 5 Stelle non riesce a intercettarli. L’ossessiva propaganda contro la “casta” non porta voti al movimento, almeno a livello locale. E quella crisi della rappresentanza di cui abbiamo parlato determina che molti, moltissimi candidati, si presentino alle urne com’è avvenuto in queste amministrative con liste che tendono a nascondere i propri simboli di partito (un po’ com’è successo in Francia con Macron). Uno scarso coraggio e una incapacità di offrire agli italiani appartenenza e identità politica, che poi si paga con l’allontanamento e la disaffezione dalla politica.