Guerre di Corea, il Nord torna all’attacco del Sud

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Guerre di Corea, il Nord torna all’attacco del Sud

27 Novembre 2010

È un clima ad alta tensione quello che caratterizza da cinque giorni due stati siamesi ma da sempre in conflitto tra loro: le due Coree.

Con un livello di aggressività che non mostrava da una trentina d’anni, lo scorso 23 novembre la Corea del Nord ha lanciato dei colpi di artiglieria verso l’isola sudcoreana di Yeonpyeong, nelle acque del Mar Giallo, sulla Linea Limite del Nord (Northern Limit Line, NLL) provocando la morte di 4 persone, il ferimento di 18 e distruggendo un centinaio di abitazioni. La miccia che ha riacceso l’atavico conflitto sarebbe la rivendicazione nordcoreana delle acque territoriali sotto controllo sudcoreano e le esercitazioni di Corea del Sud e Usa a Hoguk.

Ma col passare delle ore, la situazione si fa sempre più minacciosa. Il regime di Pyongyang ha accusato Seul e Washington di essere responsabili dello scambio di colpi d’artiglieria di martedì scorso e si è detto pronto ad affrontare senza esitazioni “ulteriori attacchi di rappresaglia”. I vertici del Nord hanno inoltre respinto la proposta avanzata dal comando delle Nazioni Unite di intavolare colloqui tra militari di alto grado sullo scontro.

Da parte sua, la Corea del Sud ha annunciato il rafforzamento della propria presenza militare nel Mar Giallo e la modifica delle regole di ingaggio per rispondere con più forza ad eventuali futuri attacchi. “Dobbiamo tenerci pronti alla possibilità di una nuova provocazione”, ha spiegato il presidente, Lee Myung Bak, ordinando che vengano aumentate le armi in dotazione ai militari dislocati su cinque isole. Altre misure diplomatiche riguarderanno un riesame degli aiuti al Nord da gruppi privati e uno sforzo per coinvolgere la comunità internazionale, e in particolare la Cina, nelle pressioni su Pyongyang. Intanto, giovedì sono giunte anche le dimissioni del ministro delle Difesa sudcoreano, fortemente criticato da tutta l’opinione pubblica per la “debole” risposta data all’attacco di martedì. Mentre Pechino, unico alleato delle Corea del Nord, si dice “preoccupata” per le esercitazioni navali che Seul e Washington terranno a partire dalla giornata di domani, la Cina è tornata ad insistere sulla ripresa dei colloqui sul programma nucleare nordcoreano per  mantenere la stabilità nell’area.

I venti di guerra tra le due Coree, insomma, iniziano a soffiare forti, come mai prima. O forse no, perché in realtà, non essendo mai stato firmato alcun trattato di pace, le due repubbliche gemelle (diverse) sono sempre state formalmente, sin dall’armistizio di Panmunjeom del 1953, in condizione di belligeranza.  

Lo dimostrano i continui attentati che si sono susseguiti nel corso di questi decenni. Questi gli eventi cardine che hanno segnato una storia di conflitti lunga 60 anni: negli anni ’50 il Nord infiltra agenti nel Sud per raccogliere informazioni e creare cellule rivoluzionarie, mentre dal decennio successivo, cominciano le incursioni (600 solo nel 1968) dal Nord. Sullo sfondo, gli scontri di confine culminano nella maggior parte dei casi in scambi di colpi di artiglieria.

Gli anni ’70 si caratterizzano per gli attentati (riusciti e mancati). Pyongyang cerca a più riprese di uccidere il presidente sudcoreano e altri alti ufficiali. Nel novembre 1970 un agente del Nord viene ucciso mentre cerca di installare una bomba nel Cimitero nazionale di Seul, mirata a eliminare il presidente Park Chung Hee. Nel ‘74 un nordcoreano residente in Giappone cerca di nuovo di colpire Park a Seul: non ci riesce, ma uccide la moglie del capo di stato.

Durante gli anni ’80, il Nord rinuncia ai commando e punta sugli agenti segreti. Nell’ottobre del 1983 tre 007 di Pyongyang tentano di uccidere con una bomba il presidente sudcoreano Chun Doo Hwan in visita a Rangoon, in Birmania. Il presidente resta illeso, ma muoiono 18 persone, fra le quali quattro ministri. Nel novembre dell’87 l’incidente più grave: scoppia una bomba su un jet di linea della Korean Air proveniente dal Medio Oriente. Muoiono 135 persone.

Quasi tutto il decennio degli anni ‘90 scorre senza spargimento di sangue finché, nel giugno del 1999, in uno scontro navale nel Mar Giallo, sulla Northern Limit Line, il confine marittimo armistiziale non riconosciuto da Pyongyang, viene affondata un’imbarcazione del Nord e muoiono fra i 17 e gli 80 marinai.

Nel giugno 2002 è di nuovo fuoco sul confine marittimo: muoiono 4 o 6 marinai del Sud, forse 13 del Nord. Il 4 ottobre 2007, il presidente sud-coreano Roh Moo-Hyun ed il leader nord-coreano Kim Jong-il firmano un accordo – giunto dopo la Sunshine Policy ("politica del sorriso") dell’amministrazione sud-coreana nei confronti del vicino settentrionale – in 8 punti su: raggiungimento di una pace permanente, colloqui di vertice, cooperazione economica, rinnovo dei collegamenti stradari, ferroviari ed aerei, istituzione di una squadra olimpica comune.

Ma a partire dal 2009, il gelo scende nuovamente tra i due Paesi. A febbraio la Corea del Nord rompe tutti gli accordi precedentemente stipulati, accusando la Corea del Sud di cattive intenzioni. Nello stesso periodo predispone lo spiegamento di nuovi missili e conduce un test missilistico, con l’immissione in orbita di un satellite, intimando in modo minaccioso a Corea del Sud e Stati Uniti di non interferire. Nel maggio dello stesso anno, la Corea del Nord dichiara rotto l’accordo del cessate il fuoco firmato nel 1953, a causa del supporto offerto dalla Corea del Sud alla Proliferation Security Initiative (PSI), un’iniziativa multinazionale guidata dagli Stati Uniti diretta a interdire l’accesso al mare aperto alle navi di Paesi terzi accusate di trasportare armamenti nucleari.

Ad aumentare ulteriormente la tensione tra le due nazioni, contribuisce l’affondamento causato da una misteriosa esplosione, nel marzo 2010, di una corvetta sudcoreana, che provoca la morte di 46 marinai. Dopo due mesi di indagini da parte di una commissione emerge chiara la responsabilità di Pyongyang. Seul chiede nuove sanzioni dell’Onu contro il regime comunista, mentre il presidente americano Barack Obama tuona contro Pyongyang e ordina alle forze armate Usa di coordinarsi con quelle di Seul per impedire future aggressioni. Il 25 maggio però il leader nordcoreano Kim Jong-il ordina ai suoi militari di mettersi sul piede di guerra e il regime annuncia che romperà tutti i rapporti con la Corea del Sud.

L’ultimo capitolo, che giunge dunque annunciato, di questa eterna storia di scontri è stato scritto qualche giorno fa. Ed è di nuovo guerra tra i due stati divisi dal confine più fortificato al mondo.