Haiti, ad un mese dal terremoto l’inferno continua

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Haiti, ad un mese dal terremoto l’inferno continua

13 Febbraio 2010

E’ passato ormai un mese dal terribile terremoto, di magnitudo 7 della scala Richter, che  il 12 gennaio scorso ha devastato l’isola caraibica di Haiti. Il sisma ha colpito soprattutto la zona dell’entroterra vicino la capitale Port-au-Prince. Molti edifici della città, compresi quattro ospedali, il Palazzo presidenziale, la sede del Parlamento, la cattedrale e il quartiere generale della missione ONU, sono andati distrutti o gravemente danneggiati. Ancora oggi non è facile tornare alla normalità in una terra che già prima di questo drammatico evento soffriva una profonda povertà. Haiti occupa infatti il 153esimo posto su 177 paesi classificati in base all’indice di sviluppo umano. Secondo il ministro dell’Interno, Paul Antoine Bien-Aimé, le vittime del sisma sono più di 217 mila, mentre il premier Jean-Max Bellerive, lo scorso 4 febbraio, aveva parlato di 212 mila morti. Intanto l’ufficio della Presidenza della Repubblica haitiana conferma che i feriti sono circa 300 mila, mentre oltre un milione di persone sono rimaste senza una casa, colpiti da perdite e lutti difficili da elaborare, senza neppure la possibilità, nella maggior parte dei casi, di riprendere un’attività lavorativa.

Ieri, ad Haiti, è stato osservato un giorno di lutto nazionale. Alle 16:53 locali, l’ora in cui un mese fa furono avvertire sull’isola le prime scosse, gli haitiani si sono fermati per ricordare i propri cari. Una cerimonia si è svolta nel cuore della capitale, vicino alle rovine del Palazzo presidenziale, mentre la piazza Champ de Mars, è stata trasformata in una vasta tendopoli. Il governo, che ha chiesto a tutti i cittadini di vestirsi di bianco o di nero in segno di lutto, ha poi provveduto ad installare dei maxi schermi in tutte le altre tendopoli della capitale. Ma per Haiti sembra non esserci pace. Giovedì scorso, si è abbattuta sul paese la prima forte pioggia tropicale che ha reso ancora più difficili le condizioni di vita dei senza tetto, costretti a vivere in rifugi di fortuna. Secondo il presidente della Croce rossa francese, Jean Francois Mattei, Haiti si prepara a vivere un secondo dramma. I meteorologi americani, infatti, hanno avvertito che quest’anno la stagione degli uragani, prevista da giugno a novembre, potrebbe essere caratterizzata da fenomeni di particolare intensità.

Non c’è da meravigliarsi pertanto se crescono le tensioni fra la popolazione. Nonostante la macchina degli aiuti si sia attivata massicciamente, la mancanza di coordinamento e la vastità dei danni hanno ostacolato la distribuzione del cibo e dell’acqua. “Il governo haitiano non ha fatto niente per noi, non ci ha dato nessun lavoro”, gridava una donna, Sandrac Baptiste, lo scorso 4 febbraio, prima di unirsi alle manifestazioni organizzate a Port-au-Prince, dove circa 300 persone si erano radunate davanti al palazzo del sindaco. E le agenzie umanitarie lanciano l’allarme: le donazioni per Haiti sono state decisamente inferiori rispetto a quelle fatte dopo lo Tsunami asiatico, che nel 2004 costò la vita a 220 mila persone. Haiti ha bisogno di aiuti, anche per controllare i saccheggi da parte dei disperati. Qualche giorno fa alcune persone sono rimaste intrappolate sotto le macerie del “supermarket maledetto”, il Caribbean di Port-au-Prince, nuovamente crollato mentre le squadre di soccorso lavoravano per rimuovere i detriti dell’edificio di cinque piani. Si tratta dello stesso supermercato dove si trovava al momento del sisma l’italiano Antonio Sperduto, uno dei manager del negozio, il cui corpo non è stato ancora ritrovato.

Una notizia, però, è riuscita a dare nuova speranza alla popolazione haitiana e alle squadre di volontari presenti sull’isola. Un giovane di 28 anni, Evan Muncie, è stato estratto vivo dalle macerie di un mercato di Port-au-Prince, dove, secondo i familiari, si era recato per vendere del riso. Il giovane era gravemente disidratato e malnutrito, pare che abbia perso oltre 15 chili, ma non mostrava segni di ferite gravi. Continua, nel frattempo, il lavoro dei militari italiani impegnati nella missione umanitaria “White Crane” in supporto alla popolazione haitiana. Il comandante del Contingente, Gianluigi Reversi, insieme con i responsabili dell’Unità di coordinamento della Protezione Civile italiana, ha identificato alcuni obiettivi concreti da raggiungere in breve tempo. In soli due giorni, ad esempio, ruspe e mezzi pesanti hanno rimosso le macerie intorno all’ospedale pediatrico Sant Damian della Fondazione NPH (Nuestro Pequeno Hermanos) – Francesca Rava. Mentre due giorni fa, 142 persone, di cui 35 bambini malati cronici, che necessitano di cure ospedaliere, sono atterrati, in ciabatte e pantaloni corti, all’aeroporto di Pratica di Mare, vicino Roma, per ricevere un’adeguata assistenza sanitaria. Ad accoglierli, c’era il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Il commissario straordinario della Croce Rossa italiana, Francesco Rocca, ha promesso che, quando torneranno nel loro paese, gli haitiani troveranno le loro case ricostruite, perché ha spiegato: “Dobbiamo garantire una sistemazione dignitosa a questa gente”.