Hamas e l’ottuso zelo degli euroburocrati

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Hamas e l’ottuso zelo degli euroburocrati

24 Settembre 2016

La signora Eleanor Sharpston è uno dei dieci avvocati generali della Corte di Giustizia europea. E’ un’accademica che ha insegnato a Cambridge, con un curriculum da trenta e lode. Nei giorni scorsi, l’avvocato è balzata agli onori della cronaca per aver chiesto di togliere definitivamente Hamas dalla lista Ue delle organizzazioni terroristiche.

Nel 2001, sulla base di una decisione presa dalla Gran Bretagna, Bruxelles decise di adottare una serie di misure come il congelamento dei fondi alle organizzazioni sospettate di essere coinvolte in attacchi terroristici, tra cui Hamas. I palestinesi al potere nella Striscia di Gaza non la presero bene, presentarono ricorso e nel 2014 – con una sentenza che suscitò grande scalpore – una delle sezioni della Corte di Giustizia mise la retromarcia, ‘riabilitando’ l’organizzazione. A quel punto fu il Consiglio europeo ad appellarsi contro la sentenza della Corte e da allora la questione è rimasta appesa, come tante altre vicende che testimoniano il doppio standard europeo verso Israele quando si parla di terrorismo palestinese. 

La Sharpston è tornata quindi alla carica per ribadire che “il Consiglio europeo non può fondarsi su fatti e prove trovati in articoli di stampa e informazione ricavata da Internet, invece che su decisioni di autorità competenti, per suffragare una decisione di mantenimento in un elenco”. Non solo. L’avvocatessa ha detto che non si può inserire una organizzazione nella lista del terrorismo sulla base delle decisioni prese da altri Paesi extraeuropei, ad esempio gli Usa. Gli Stati Uniti infatti hanno dichiarato Hamas una organizzazione terroristica nel 1997, implicata in “atti di violenza o pericolosi per la vita umana”.

Basterebbe ricordare le centinaia di missili sparati, deliberatamente o in modo indiscriminato, da Hamas sulle zone abitate da civili israeliani, che negli ultimi anni hanno fatto dozzine di morti e feriti. Hamas non solo ha colpito Israele ma ha rivendicato gli attacchi, lodando pubblicamente l’uccisione di civili innocenti, mentre i killer venivano esaltati come “martiri” della Jihad, la guerra santa.

Per fortuna, i pareri degli avvocati generali non sono vincolanti per i giudici, e ci vorranno mesi prima che la Corte con sede in Lussemburgo prenda una decisione, ma se quello della Sharpston venisse accolto segnerebbe un punto di svolta nella sfibrante controversia tra Hamas e gli Stati europei. Si aprirebbero le porte, rimaste socchiuse, per un riconoscimento formale della organizzazione palestinese come interlocutore europeo, com’è accaduto, del resto, con la decisione di benedire la nascita dello Stato palestinese (l’Italia nel 2015 ha votato contro).

A lasciare davvero sgomenti è che la signora Sharpston non si ponga minimamente il problema di capire quanto sia pericolosa Hamas (le sarebbe basterebbe consultare qualsiasi intelligence europea per avere una conferma). Non contano i fatti, ma le procedure, anzi, i “vizi di procedura” che l’avvocatessa contesta alla Ue.

Così facendo si perde di vista l’aspetto più grave della vicenda: nel momento in cui Hamas uscisse dalla lista delle organizzazioni terroriste, nella Striscia di Gaza si riverserebbero fiumi di finanziamenti frutto di quella “solidarietà” (vedi Turchia) che i gli islamisti hanno sempre sfruttato investendo nella propria infrastruttura militare, con la scusa del welfare. 

Se il parere della Sharpston venisse accolto, l’Europa stessa, tramite la miriade di associazioni che militano per la “causa” palestinese, finirebbe per finanziare indirettamente il terrorismo islamico contro Israele. Quando si dice l’ottuso zelo degli euroburocrati.