Hariri da Macron, chissà che pensa il generale Angioni del Libano e di Renzi
22 Novembre 2017
Il fu premier Renzi ci informa dell’avvenuto incontro con il presidente Macron, il ‘Renzi francese’, come lo chiamavano, che però a differenza dell’originale italiano le elezioni le ha vinte. Dice Matteo che l’incontro con Emmanuel è andato molto bene ma non si capisce di quale bene si stia parlando visto che fino adesso Macron all’Italia gli ha tirato uno sgambetto dopo l’altro. E certo non per merito suo ma per demerito nostro, essendo l’Italia dei Renzi e dei Gentiloni, orfana di Obama, ministro degli esteri Alfano, quasi completamente irrilevante nei triangolari che si giocano tra Washington, Parigi e le capitali del Medio Oriente.
La partita è estremamente complessa e fino adesso l’Italia si è risparmiata gli attentati dei foreign fighters ma si è beccata la gran parte del flusso di migranti e disperati in fuga da guerre e persecuzioni. Disperati che la Francia di Macron e del suo predecessore Hollande hanno tenuto doverosamente a distanza, sigillando le frontiere con l’Italia. A differenza del duo Renzi Gentiloni, Macron ha capito subito l’aria che tira alla Casa Bianca con Trump. Il presidente francese ha intuito – Parigi ha presenza storica e un passato coloniale in Medio Oriente – come stanno cambiando le cose tra Washington, Riad, Teheran, in quella che si profila sempre di più come una guerra mondiale islamica tra sciiti (l’Iran) e sunniti (Arabia Saudita e la trumpista ‘Nato araba’).
Macron, che a quanto pare si considera il ministro degli esteri in pectore europeo, ha prima fatto gli onori di casa al generale Haftar in Libia, gradito sempre ai trumpisti, e due giorni fa ha invitato a Parigi il premier libanese Hariri, quello dimessosi nei giorni scorsi per paura di essere ammazzato (dall’Hezbollah, il partito di dio alleato dell’Iran in Libano che uccise suo padre). Non si capisce se Hariri si è dimesso per fare un favore oppure finire ostaggio dei Sauditi, che a loro volta vogliono riequilibrare la partita in Libano, e lo considerano troppo neutrale, fatto sta che Hariri se tornerà a Beirut lo farà dopo aver compiuto un bel giro di ricognizione nelle capitali estere e aver trovato la rilegittimazione dell’alleato francese.
Un grande gioco a cui l’Italia non gioca. Lontani i tempi di Pertini e del generale Angioni. Almeno allora il costo di una missione militare italiana all’estero che dura da anni, decenni, quella in Libano, ci portava un minimo di protagonismo politico sulla scena internazionale. Adesso invece paghiamo le missioni, mandiamo i nostri soldati in zone che rischiano di diventare pericolosissime, ma poi rimediamo solo qualche malumore della Farnesina quando veniamo puntualmente tagliati fuori. Ecco forse Renzi voleva dire questo, è andato tutto bene, Macron lo ha informato di come stanno andando le cose in Libano e che a risolverle ci penserà Parigi d’accordo con l’odiato, un tempo, Trump.