Heggy presidente: questa sarebbe la vera svolta per un Egitto moderato
04 Febbraio 2011
di Souad Sbai
Apprendo che Copti, Cristiani, società civile e intellettuali egiziani nel mondo hanno lanciato il nome di Tarek Heggy per la Presidenza dell’Egitto. Sarebbe il vero cambiamento, quella svolta moderata tanto attesa, in un Egitto che rischia di divenire preda dell’estremismo.
Molto si è discusso in questi giorni su quale potesse essere l’alternativa più utile e meno traumatica per l’Egitto. Anche se debbo fare una nota polemica: perché a livello internazionale si ascolta solo la piazza anti-Mubarak e non anche chi è pro-Mubarak? Il popolo si ascolta nella sua interezza. Proprio in relazione a questo, oggi potremmo essere dinanzi ad una possibilità di portata storica: ridisegnare il futuro egiziano senza sconvolgimenti.
Heggy è un intellettuale vicino al mondo arabo e si configura come unico uomo davvero capace di unire le anime moderate maggioritarie del paese. Non a caso, nel suo libro "Le prigioni della mente araba" (Ed. Marietti – Curato e tradotto da Valentina Colombo), Heggy parte da un presupposto molto semplice ma allo stesso tempo fondamentale: in Egitto non può esistere stabilità senza coinvolgere nella partecipazione il 65% della popolazione, ovvero donne e copti. Questa situazione è derivata dalla prepotente ascesa, incontrastata da parte dell’Occidente, dell’Islam wahabita, dottrinariamente onnipotente e finanziato dal petroldollaro. Ne è conseguito, come ampiamente prevedibile, lo schiacciamento di quello che era l’Islam moderno, improntato alla tolleranza e allo sviluppo.
L’Islam wahabita, sempre secondo Heggy, ha tagliato il filo con la scienza, lo sviluppo e la civiltà, andando ad incontrare perfettamente le tre "prigioni della mente araba": dogmatismo regressivo – rifiuto xenofobo dei valori del progresso – scissione dall’epoca moderna. Certo, Heggy non si nasconde davanti alla ormai certa noncuranza dell’Occidente davanti all’avanzata del wahabismo, con i suoi valori tribali e individualisti. Chi ha chiuso gli occhi per oltre trent’anni di fronte a questo? Si chiede Heggy.
Oggi pare davvero, guardando con attenzione alla situazione egiziana, che si stia riproponendo la vicenda afghana del 1979: i mujaheddin cacciano i sovietici, per poi essere cacciati e uccisi a loro volta dai talebani, che oggi sono diventati scomodi. Il parallelismo con l’ascesa possibile dei Fratelli Musulmani al Cairo è evidente. Come il ritorno dell’amministrazione americana ai tempi di Carter. Ecco perché il si deciso alla figura di Heggy, al contrario di Baradei che, vista la sua lontananza dal mondo arabo ed evidente debolezza politica, spianerebbe la via all’avanzata dell’estremismo. Heggy potrebbe essere un valido ponte fra Occidente e Oriente, fra Islam, Ebraismo e Cristianesimo, insomma quella transizione davvero democratica che servirebbe ora all’Egitto.
Non sappiamo, ad oggi, come si concretizzerà questa ipotesi e se si concretizzerà, ma abbiamo già chiaro in testa che non si può aver paura davanti ad un’alternativa moderata e liberale alla deriva estremista. L’orgoglio dell’umanità civilizzata impone di rispondere su ciò che è accaduto e ciò che sta accadendo e di analizzare i due modelli di Islam, quello moderato e tollerante che punta a progresso sociale, fratellanza e istruzione, e quello oscurantista ed estremista, che si basa sulla superstizione e sulla becera militanza. Riprendendo le parole di Heggy, mi viene da chiedere: non sarebbe il caso di adattare al moderno Islam, il modello illuminato che ha permesso lo sviluppo?
L’Egitto deve voltare pagina e guardare ad un futuro democratico. È il momento delle scelte decisive: oggi, con un’alternativa valida possiamo scacciare definitivamente il pericolo dell’ascesa dei Fratelli Musulmani al governo e strozzare in gola l’urlo degli estremisti che già pensano, grazie ai tumulti di piazza, di avere in mano l’Egitto. Non possiamo permetterglielo e per questo il sostegno ad Heggy e a tutti quelli che, come lui, lottano da sempre per un Islam rivolto al futuro e alla crescita democratica.