“Her” o della distruzione della realtà
30 Marzo 2014
Una ventina di anni fa mi aveva molto colpito una pubblicità che mostrava un futuro popolato da uomini e donne che vivevano con un video impiantato davanti agli occhi. Tutti vivevano, camminavano e lavoravano collegati al proprio terminale e sembrava che il contatto reale fra le persone non esistesse più. Era una brillante premonizione perché sembra che andiamo verso questa pericolosa direzione.
Molti di noi, se non ha ancora un video terminale montato sulla faccia, passano gran parte della giornata davanti a uno schermo: pc, smartphone, iPhone, iPad, Whats’up, Viber, video, messaggi sonori e altri congegni che sono ormai compagni inseparabili del nostro lavoro e del nostro tempo libero. Possiamo uscire di casa senza il cappello o i guanti ma guai a dimenticare il telefonino: l’idea di non essere collegati in rete terrorizza ormai una buona fetta di popolazione dipendente da Facebook, Twitter e altri social network in cui gente di tutte le età sente il bisogno irrefrenabile di comunicare alla rete esperienze, emozioni, gioie e dolori.
L’americano Spike Jones, regista del film Lei (titolo originale: Her), parte da questa costatazione per arrivare a immaginare la relazione amorosa fra un essere vivente e un OS, un sistema operativo che, in un futuro non molto lontano, potrebbe essere così ben programmato da capire lo stato d’animo e adeguarsi alle aspettative e ai desideri del suo interlocutore.
Il mestiere del protagonista Theodore (Joaquin Phoenix) è quello di scrivere lettere personali per conto di altri. Questo fa intendere che vive in un mondo in cui i rapporti interpersonali si sono molto deteriorati se la gente sceglie di esprimere i propri sentimenti per interposta persona. Lui è, sulla carta, un animo sensibile, scrive lettere toccanti per i clienti ma nella vita privata sperimenta un matrimonio fallito e una profonda solitudine in una società perfetta e asettica in cui le persone, attraverso un minuscolo auricolare, vivono attaccate costantemente al proprio computer e hanno poca voglia di comunicare tra di loro.
Il sistema operativo che Theodore impianta nel suo telefonino è simile al Siri dell’iPhone: si chiama Samantha, ha una voce vellutata e sexy (in originale è quella di Scarlett Johansson, in italiano è di Micaela Ramazzotti), risponde alle istruzioni vocali, gestisce le cartelle del disco rigido, legge messaggi, invia e-mail e, soprattutto, si relaziona con un Joaquin Phoenix dimesso e affascinato da una seducente partner con la quale può soddisfare virtualmente anche i suoi desideri sessuali. Si tratta di una pellicola interessante che stimola molte riflessioni su fenomeni e aberrazioni alimentate da internet e dalla nostra società.
Il film provoca sorprese e malumori per le estreme conseguenze del ragionamento di Spike Jones (regista e sceneggiatore), ma tutto quello che sullo schermo appare assurdo si concretizza quando si riaccendono le luci in sala e ci si accorge che molti degli spettatori sono già a smanettare sul proprio telefonino e a mandare messaggi a chissà chi.