Hezbollah appoggia i palestinesi di Gaza ma non scende in campo

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Hezbollah appoggia i palestinesi di Gaza ma non scende in campo

03 Gennaio 2009

Il "giorno della collera" proclamato da Hamas in Cisgiordania e a Gerusalemme Est in risposta all’offensiva israeliana a Gaza, ha visto manifestazioni e raduni, soprattutto a Ramallah, ma non ha fatto registrare incidenti significativi. La tensione pero’ resta alta e gli appelli che il movimento islamico lancia alla "terza Intifada" potrebbero, presto o tardi, propagare l’incendio ovunque nei territori palestinesi mettendo a rischio la stabilita’ dell’Anp del presidente Abu Mazen. Diverso e’ il discorso del mondo arabo. Le proteste si moltiplicano, le popolazioni attaccano Israele e la "debolezza araba", ma i regimi, soprattutto quello egiziano, appaiono decisi a spegnere sul nascere qualsiasi tentativo di espandere la crisi di Gaza con un effetto domino. Le forze radicali presenti nella regione continuano peraltro a mantenere una linea prudente. Lo stesso leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che pure ha fatto del sostegno ai palestinesi e della lotta a Israele, i pilastri della sua battaglia in Medio Oriente, ha adottato un atteggiamento cauto, non mancando pero’ di pronunciare discorsi infuocati contro lo Stato ebraico e "l’ipocrisia" di alcuni leader arabi, in particolare l’egiziano Hosni Mubarak.

Al momento pare improbabile l’apertura di un secondo fronte di guerra, al confine tra Israele e il Libano, nonostante l’ipotesi venga considerata con attenzione dagli analisti. La rivincita tra Hezbollah e Stato ebraico non ci sara’, ha spiegato Paul Salem, del Centro Carnegie per il Medio Oriente di Beirut. "Hezbollah non e’ nelle condizioni di aprire un secondo fronte di guerra" dice Salem sottolineando che Nasrallah, nei suoi ultimi discorsi, non ha parlato di un sostegno armato della sua organizzazione alla lotta di Hamas a Gaza. "Per ragioni logistiche e geografiche, Hezbollah non potrebbe aiutare direttamente Hamas", ha aggiunto l’analista.

La Palestina e’ una causa centrale per Hezbollah ma sarebbero ingenuo pensare che il Partito di Dio attacchera’ Israele per rappresaglia. I quartieri meridionali di Beirut e la fascia meridionale del Libano devono ancora riprendersi (dalla guerra del 2006,ndr)", ha aggiunto da parte sua la professoressa Amal Saad-Ghorayeb, esperta del movimento sciita. Hezbollah e’ ritenuto in Libano e nel mondo arabo il "vincitore" di fatto della guerra del 2006 contro Israele ma a distanza di due anni e mezzo pare piu’ interessato a consolidare le sue posizioni politiche in Libano, in vista delle elezioni legislative che si terranno tra aprile e maggio nel Paese dei Cedri. La popolazione libanese difficilmente sopporterebbe una nuova guerra con Israele, dopo le enormi distruzioni e i 1.200 morti sofferti nel 2006, mentre lo schieramento filo occidentale guidato dal leader sunnita Saad Hariri invita Hezbollah a nonfar precipitare il Libano nel baratro di un altro sanguinoso conflitto.

Hariri, interpellato a Parigi, dove ha incontrato il presidente Sarkozy, sui rischi di "contagio" della crisi di Gaza, ha detto di essere preoccupato ma, ha aggiunto, "Si e’ parlato con tutti i partiti politici in Libano, tutti riconoscono il pericolo" che la regione attraversa e "non credo che nessuno prenderebbe da solo la decisione" di provocare "una crisi anche in Libano".

E’ da considerare inoltre la presenza in Libano del sud di migliaia di soldati del contiNgente internazionale Unifil (Onu) incaricati di sorvegliare la tregua tra il Partito di Dio e Israele, come stabilito dalla risoluzione 1701 dell’Onu accettata da Hezbollah.

"Contagio" che invece ha buone possibilita’ di estendersi in Cisgiordania e, forse, anche in alcuni Paesi arabi. Ad Hamas certo non dispiacerebbe una ondata di proteste in Egitto, dove la sua organizzazione gemella, i Fratelli musulmani, gode di larghi consensi ma e’ costantemente presa di mira dai servizi di sicurezza. Oggi almeno 40 membri dei Fratelli musulmani sono stati arrestati al Cairo e in provincia mentre si apprestavano a manifestare contro i raid israeliani a Gaza. Un centinaio di persone invece hanno tentato di manifestare davanti alla moschea di al Azhar, al centro del Cairo.

Il presidente Mubarak e il suo omologo palestinese Abu Mazen sono stati troppo frettolosi nel puntare l’indice contro Hamas" – ha detto ad Apcom l’analista egiziano Diaa Rashwan, del Centro Al-Ahram di Studi Strategici del Cairo – il movimento islamico palestinese potrebbe emergere dal conflitto in corso con un enorme prestigio nei territori (palestinesi) e nel mondo arabo. Proprio come e’ accaduto nel 2006 con Hezbollah". La terza Intifada invocata dal leader di Hamas in esilio, Khaled Mashaal, ha avvertito Rashwan, "potrebbe non rimanere confinata in Cisgiordania e Gaza come le due precedenti, ma coinvolgere anche altri Paesi".