Hillary a Denver: “Uniti per Obama”
27 Agosto 2008
“Barack Obama è il mio candidato e dovrà essere il nuovo presidente”: Hillary Clinton ha pronunciato con convinzione queste parole, mentre dal catino del Pepsi Center si levavano fragorosi applausi e boati di approvazione. Si aspettava un discorso per l’unità del partito dopo le laceranti primarie. E così è stato. Introdotta dalla figlia Chelsea, che l’ha definita “il mio eroe”, Hillary, in un elegante tailleur giallo scuro, è apparsa serena, sicura di sé. Davanti a lei, un tripudio di cartelloni “Hillary 08”, mischiati con altri con su scritto “Unity”, a sintetizzare coreograficamente l’obiettivo di questo intervento, attesissimo dai media americani, che ha dominato la seconda giornata della Convention di Denver (l’altro discorso clou è stato quello dell’ex governatore della Virgina e candidato al Senato, Mark Warner, che ha pronunciato il “keynote address”). L’ormai ex “presidente inevitabile” Hillary ha messo l’accento sul ruolo avuto in questa campagna elettorale: 18 milioni di voti conquistati sono tanti. E Obama sa che deve tenerne conto. La ex First Lady si è rivolta in particolare all’elettorato femminile, la sua carta in più durante le primarie. Una carta che ancora manca nel mazzo elettorale del senatore dell’Illinois. “Mia madre – ha detto con orgoglio – è nata prima che le donne avessero il diritto di voto. Mia figlia ha potuto votare sua madre alla presidenza”.
L’appello all’unità è stato molto chiaro: “Sia che abbiate votato me o BaracK è tempo di ritrovarci in un solo partito con un solo obiettivo”. Questa, ha detto ancora Hillary, è una battaglia per il futuro, per riportare il Paese sulla strada giusta. Quindi, l’affondo contro McCain: “Non ho passato gli ultimi 35 anni a combattere per i diritti delle donne e dei bambini, per un sistema sanitario universale per poi vedere un altro repubblicano alla Casa Bianca”. Ed ha chiuso con un perentorio: “No way, no how, no McCain”, che suona come “McCain? Non scherziamo”. Questo attacco al candidato del GOP è stato sicuramente caldeggiato dall’establishment democratico e dallo staff di Obama. In questi giorni di Convention, infatti, la campagna di John McCain sta mandando in onda degli spot che ripropongono i giudizi estremamente negativi espressi da Hillary Clinton nei confronti di Obama, durante le primarie. In uno di questi spot, la senatrice di New York loda l’esperienza internazionale di McCain e ridicolizza Obama: “Ha fatto solo un discorso nel 2002”. Da Denver, doveva dunque arrivare un messaggio chiaro. Nessuna strizzatina d’occhio di Hillary a McCain. Anche perché un sondaggio di questi giorni rileva che il 30 per cento dei sostenitori della Clinton, delusi e arrabbiati, pensano di non recarsi alle urne il 4 novembre o addirittura di votare per il senatore repubblicano.
Alla CNN, il commentatore politico David Gergen ha sottolineato che Hillary è stata davvero generosa non esagerando nell’autocelebrazione, ma badando piuttosto a spostare la luce dei riflettori sul suo ex avversario. Il discorso di Hillary è stato molto applaudito dall’altra donna del momento, Michelle Obama, che sedeva accanto al candidato vicepresidente Joe Biden. Poco più in là, Bill Clinton che, inquadrato sovente dalle telecamere, ha mostrato tutto il suo compiacimento per la moglie. Proprio l’atteggiamento dell’ex presidente resta un’incognita. Bill non ha gradito le accuse di razzismo che gli sono piovute dal campo di Obama durante le primarie. D’altronde, così dice chi lo conosce bene, mentre Hillary sta superando la sconfitta, il marito ancora non si rassegna. Intervistato dal New York Times, Paul Begala, amico ed ex consigliere dei Clinton, ha dato un suggerimento a Bill e Barack: “Non comportatevi da amici del cuore, ma almeno concentratevi nell’attaccare John McCain”. The Politico.com si domanda intanto se le parole della Clinton siano sufficienti a sanare le ferite e a convincere i suoi sostenitori a votare Obama. Difficile dirlo. Ma una certezza c’è: dopo questa notte, Hillary si rafforza. Se il 4 novembre Obama vince, potrà affermare che il successo democratico è anche figlio del suo appello all’unità. Se Obama perde, potrà rilanciare la sua candidatura per le presidenziali del 2012. E questa volta avrà tutto il partito dalla sua parte.