Hillary chi? Obama tira dritto verso la nomination
15 Maggio 2008
Hillary Clinton vince a valanga in West Virginia. E allora? Il giorno prima del voto nel piccolo Stato rurale (28 delegati in palio), Barack Obama era a far comizi in Missouri. Qui si è già votato da un pezzo (addirittura nel Supertuesday del 5 febbraio) e il senatore dell’Illinois questo Stato se l’è pure aggiudicato. Ma il Missouri potrebbe essere decisivo nella sfida di novembre contro John McCain. Già, perché dopo la vittoria della scorsa settimana in North Carolina e il sostanziale pareggio nell’Indiana, Obama non solo si sente la nomination democratica in tasca, ma si comporta come se l’avesse già ottenuta. In queste ultime ore, poi, è arrivato anche l’endorsement di John Edwards, a lungo e invano corteggiato da Hillary.
Martedì prossimo si voterà in Oregon (pro Obama) e Kentucky (pro Hillary), ma il giovane senatore afro-americano, nei prossimi giorni, si recherà prima in Michigan e poi in Florida, altri due “swing State” cruciali nelle presidenziali del 4 novembre. Insomma, si ha la netta sensazione che Hillary e Obama stiano conducendo due campagne elettorali parallele. La senatrice per conquistare la nomination. Il senatore per conquistare la Casa Bianca. A riprova di questo cambio di passo, Obama nei giorni scorsi ha quasi esclusivamente rivolto i suoi attacchi all’indirizzo del candidato repubblicano. Come a voler dire che le primarie ormai sono acqua passata.
Nel suo “victory speech”, a Charleston, dopo il successo in West Virginia (peraltro largamente annunciato), Hillary ha ribadito di essere “più determinata che mai a proseguire fino alla fine”. Eppure, pochi giorni fa, la campagna della ex First Lady ha dovuto ammettere di aver accumulato un debito di 20 milioni di dollari. Qualche maligno ha così messo in giro la voce che la Clinton sarebbe ancora in corsa soltanto perché spera che il suo avversario (pur di farla cedere) le venga finanziariamente in soccorso. Una possibilità, però, categoricamente respinta da David Axelrod, stratega di Barack Obama.
Dopo il voto in West Virginia, secondo la MSNBC, il senatore dell’Illinois può contare su 1880 delegati complessivi (the magic number è 2025), mentre la Clinton è a 1718. Dato ancor più significativo: questa settimana Obama ha superato la senatrice di New York nell’endorsement dei superdelegati, i maggiorenti del partito che all’inizio della corsa per le presidenziali erano in gran numero pro Hillary. Ecco perché il risultato delle primarie in West Virginia è stato accolto con indifferenza dalla stampa statunitense. “Hillary ha vinto. Importa a qualcuno?”, ha sintetizzato con un titolo pungente ThePolitico.com. In un articolo del web magazine imprescindibile per chi segue la politica americana, Roger Simon è impietoso nei confronti della Clinton: “Questa è la prima volta che la stampa si è ritirata prima del candidato”. Ed aggiunge: “Hillary non ha alternative. Come uno squalo deve nuotare per respirare. Un candidato deve correre per continuare ad esistere”.
Questo non voler mollare di Hillary, tuttavia, spaventa tremendamente la leadership del partito dell’Asinello. Howard Dean e soci, infatti, temono che, una volta all’angolo, la senatrice di New York possa tentarle tutte, mettendo seriamente a rischio le chance di vittoria democratica. Non a caso, il 9 maggio, un editoriale del “Washington Post” a firma Eugene Robinson titolava: “Desperate Clinton is danger to the party”. Un assaggio di “Bloody Hillary” si è già intravisto nell’imminenza del voto in West Virginia. Intervistata da “USA Today”, Hillary Clinton ha dichiarato che Obama non è in grado di attrarre il voto dei bianchi americani. Un’affermazione duramente criticata da più parti in ambiente democratico. Il deputato afro-americano di New York, Charles Rangel, sostenitore della Clinton ha affermato di “non poter credere che abbia detto una cosa così stupida”. Sul liberal “New York Times” del 10 maggio, Bob Herbert ha scritto che la “retorica velenosa” della senatrice dimostra quanto sia disperata e perciò capace di ricorrere a qualsiasi mezzo per ritrovare la via della Casa Bianca. Anche John Edwards (prima di dichiarare l’appoggio a Obama) a “Face the Nation” della CBS, ha invitato la sua ex avversaria a “stare molto attenta a non danneggiare le prospettive del partito democratico”. Ha destato impressione tra i Democratici un sondaggio della settimana scorsa che mostrava come, in Indiana e North Carolina, meno della metà dei sostenitori di Hillary siano pronti a votare il senatore afro-americano il 4 novembre. Se, dunque, conquisterà la nomination, Obama dovrà innanzitutto lavorare alla riunificazione del partito Democratico e del suo elettorato.
Intanto, secondo qualcuno è già tempo di bilanci per Hillary Clinton. La bocciatura prima del suono della campanella arriva addirittura dal settimanale “Time” che, in un servizio di Karen Tumulty, ha elencato i cinque errori fatali compiuti dalla ex First Lady. Vale la pena di scorrerli, perché se ne parlerà a lungo. Innanzitutto, secondo la Tumulty, Hillary Clinton ha male interpretato l’umore dell’opinione pubblica americana. Lei ha puntato sull’esperienza, la gente vuole il cambiamento. Poi, si è circondata di persone scelte più in ragione della lealtà al clan Clinton che delle capacità. Terzo, sono stati sottovalutati i caucuses (le assemblee di partito) concentrando l’attenzione esclusivamente sulle primarie. Quarto, Hillary ha puntato sui vecchi modi di finanziare le campagne elettorali (comizi, cene, grossi donatori), mentre Obama l’ha surclassata facendo leva sulla Rete ed un esercito di piccoli e piccolissimi finanziatori. Infine, la senatrice ha basato tutta la sua strategia su una vittoria rapida. La nomination doveva arrivare nel Supertuesday. Così non è stato e si è ritrovata senza “exit strategy”.
Ad Hillary non sarà sfuggito questo “de profundis” del “Time”. Tuttavia, non sembra curarsi molto delle stroncature e degli appelli ad abbandonare la partita. “Una donna” – ha detto di recente, citando Eleanor Roosevelt – “è come una bustina del te. Ti accorgi di quanto sia forte solo quando la metti nell’acqua bollente”.