Hillary pensa all’Iran, i repubblicani alla Fondazione Clinton

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Hillary pensa all’Iran, i repubblicani alla Fondazione Clinton

19 Gennaio 2009

Hillary Rodham Clinton, Segretario di Stato in pectore della nuova amministrazione Obama, si è presentata di fronte alla Commissione Esteri del Senato Americano per il cosiddetto “Confirmation Hearing”, un’audizione utile ad accertare l’idoneità della senatrice di New York al nuovo compito. La sessantunenne ex-first lady è stata calorosamente accolta dai senatori di entrambi gli schierarmenti politici che hanno avuto parole di elogio nei suoi confronti. L’audizione è durata circa sei ore ed i toni sono sempre rimasti molto cortesi anche quando sono state poste alcune domande spinose riguardanti la fondazione di Bill Clinton.

La Clinton ha anche esposto le linee direttrici della politica estera della nuova amministrazione americana. Sull’Iran, in particolare, la Clinton ha detto che la politica di Bush “non ha funzionato” e che l’amministrazione del presidente Obama avrà un atteggiamento “molto aperto per cercare modi efficaci e positivi di parlare agli iraniani”. Dopo avere ribadito che è inaccettabile che l’Iran possegga l’arma atomica, ha detto che “non andremo al tavolo delle trattative solo per il gusto di andarci, ma vogliamo condurre una trattativa diplomatica dura con la dirigenza iraniana nei modi e nei tempi che sceglieremo, cioè solo se saranno salvaguardati gli interessi degli Stati Uniti”. In una risposta scritta ad alcune domande della Commissione, la Clinton ha anche prospettato la possibilità che Barack Obama possa incontrarsi direttamente con i leader iraniani, possibilità che peraltro la stessa Clinton aveva ridicolizzato durante le primarie democratiche.

Condoleezza Rice, attuale Segretario di Stato, ha difeso sulle pagine del Washington Post l’operato dell’amministrazione Bush, dicendo che aveva messo l’Iran sulla difensiva. “La questione non è se parlare o meno agli iraniani – ha detto la Rice – ma piuttosto quale prezzo gli iraniani vogliano far pagare per un allacciamento dei rapporti. Per adesso vogliono essere riconosciuti come grande potenza regionale senza rinunciare alle politiche che stanno destabilizzando la regione”.

Hillary Clinton ha ripetuto che Obama “intende, in maniera responsabile, far cessare la guerra in Iraq e di impiegare una nuova strategia in Afghanistan che riduca le minacce per la nostra sicurezza e favoriscano le condizioni per arrivare alla pace”. Dichiarazioni caute, e anche un po’ fumose, che non hanno fatto alcuna menzione dell’importanza di vincere le guerre in corso come ripete in continuazione l’amministrazione uscente.

I toni della Clinton si sono fatti appassionati quando ha parlato della povertà nel mondo, argomento che di solito non figura fra le priorità “top” della diplomazia americana. Hillary ha parlato delle sofferenze di due miliardi di persone che guadagnano meno di due dollari al giorno, specialmente donne, che costituiscono “la maggioranza delle persone senza cibo, educazione, servizi sanitari”. Anche il riscaldamento globale ha trovato posto fra le priorità della Clinton che vorrebbe che gli Stati Uniti aderissero al trattato di Kyoto.

Il senatore repubblicano dell’Indiana Richard Lugar ha sollevato, anche se in termini molto civili, il problema del possibile conflitto di interesse fra le attività della fondazione di Bill Clinton, che ha finora ricevuto fondi per 500 milioni dollari, parte dei quali provenienti da governi stranieri, e quelle del futuro Segratario di Stato. A sollevare questa questione ci aveva pensato il giorno prima il Wall Street Journal che aveva pubblicato una lista di paesi che avevano dato contributi alla fondazione dell’ex-presidente.

La stampa americana ha dato largo eco alla faccenda ed il Washington Post fornisce una lista ancora più dettagliata. Fra i dati pubblicati spiccano i 10 milioni di dollari dati dall’Arabia Saudita, dai 5 ai 10 milioni della Norvegia, Kuwait, Qatar, Brunei, Oman (da 1 a 5 milioni ciascuno), Italia e Giamaica (50 mila e 100 mila dollari rispettivamente). Ci sono poi i contributi di uomini d’affari e gruppi di interesse economico di Israele, Cina, India, Etiopia ed altri. Fra i contribuenti c’è anche il Blackwater Training Center, che fornisce servizi di sicurezza in Iraq. Non mancano i grandi gruppi bancari e finanziari come Citigroup, AIG Lehman Brothers e Goldman Sachs.

Il senatore Lugar ha chiesto che la Fondazione Clinton renda noto la fonte di ogni contributo che superi i 50.000 dollari. “Bisogna evitare che donazioni fatte anche nelle migliori intenzioni possano mettere a rischio la politica estera americana”, ha detto Lugar. L’Associated Press aveva riferito che la senatrice Clinton era intervenuta almeno sei volte su argomenti che riguardavano compagnie che in seguito avevano elargito donazioni alla Fondazione Clinton. L’entourage di Hillary ha subito liquidato la questione come “pura coincidenza”. “Spero che, su questo argomento, in avvenire la gente non dica ‘il senatore Lugar ed altri avevano visto giusto, avevano visto che c’era un problema” ha detto Lugar alla Clinton.