Hitler non deve morire: il mancato colpo di Stato del 20 luglio 1944
27 Luglio 2008
di Vito Punzi
Con ottima tempestività rispetto alla ricorrenza, le Edizioni Ares hanno appena mandato in libreria un appassionato pamphlet di Luciano Garibaldi, Operazione Walkiria. Hitler deve morire, dedicato al fallito attentato a Adolf Hitler del 20 luglio 1944, la cosiddetta “Operazione Walkiria”, e al tentativo di colpo di Stato che sarebbe dovuto seguire.
La memoria di quei fatti continua ad essere in Germania oggetto di controversie, se non di dichiarata volontà di rimozione. Il sacrificio del colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, ideatore ed esecutore materiale del tentativo, come quello di altri ufficiali della Wehrmacht e delle settemila vittime della repressione scatenata dal Führer una volta scopertosi sopravvissuto all’attentato, venne mal sopportato perfino tra gli Alleati. Garibaldi ricorda bene come nella stessa notte tra il 20 e il 21 luglio la radio ufficiale di Washington definì gli ideatori dell’Operazione una “piccola cricca di ufficiali ambiziosi”. Alcuni giorni dopo il New York Times accostò l’attentato a Hitler ad un “atto criminale”. E’ del resto noto come furono vane le plurime richieste di aiuto ai complottisti inoltrate ai comandi Alleati, con largo anticipo e non solo da parte dei militari: Garibaldi ricorda i contatti tra il pastore protestante Dietrich Bonhöffer ed il vescovo anglicano di Chichester, già nel 1942, ed il tentativo, purtroppo fallito, di accreditare chi si stava organizzando per rovesciare il regime nazista.
Queste ed altre situazioni portano lo storico italiano ad usare l’espressione forte di vero e proprio “tradimento alleato”, causa di un anno in più di guerra e di almeno dieci milioni di morti altrimenti evitabili. Affermazioni dure, che pure non corrispondono con la lettura che di quell’attentato fanno gli storici tedeschi più attenti a distinguere tra la fiera tradizione militare prussiana e la barbarie nazionalsocialista. Secondo Karl Otmar Freiherr von Aretin (il cui libro Opposition gegen Hitler. Deutscher Widerstand 1933 bis 1945, del 1984, non è presente nella pur ricca bibliografia raccolta da Garibaldi) non ha senso parlare di “tradimento”, semplicemente perché “obiettivo degli Alleati non era liberare
Il libro di Garibaldi, pur senza la pretesa di essere ricerca storica esaustiva, accosta significativamente l’”Operazione Walkiria” all’esperienza dei giovani raccoltosi attorno alla “Rosa Bianca”, presentando un ricco apparato fotografico e una preziosa raccolta di documenti, compresi quelli che illuminano circa le idee politiche dei congiurati e l’appello che il feldmareschiallo Erwin von Witzleben avrebbe dovuto rivolgere a tutti i soldati della Wehrmacht dopo la morte di Hitler: “Volete voi che le future generazioni ci condannino, un giorno, per non avere avuto il coraggio, quando era arrivato il momento, di assumere le nostre responsabilità e di salvare la patria? […] Si tratta di ottenere una pace giusta che consenta al popolo tedesco di vivere nella libertà e nell’onore e a tutti i popoli di cooperare liberamente e con successo”. Von Witzleben, designato ad assumere il comando delle forze armate, figura tra coloro che vennero impiccati l’8 settembre
Alla luce di tutto questo s’intendono forse meglio le non poche polemiche accesesi l’anno scorso durante le riprese berlinesi per “Walkiria”, il film di Wolfgang Petersen che vede Tom Cruise nei panni di Claus Schenk von Stauffenberg. Dopo una serie di rimandi ingiustificati, la pellicola dovrebbe inaugurare la “Berlinale” del 2009 per essere poi distribuita nelle sale. Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo.
Luciano Garibaldi, Operazione Walkiria. Hitler deve morire, Ares, 2008, pp. 173, € 13,00