I 5 Stelle senza vergogna
25 Luglio 2015
Chissà perché hanno cambiato idea i cinque stelle, sulle conversazioni private rubate e diffuse: una bagarre pazzesca ieri alla camera, “vergogna” e “porcata due” le accuse più soft per chi vuole punire chi registra di nascosto e poi diffonde colloqui o riprese, per danneggiare le persone coinvolte.
Ma due anni fa la pensavano diversamente, quando un gruppo di hacker violò le loro caselle di posta elettronica e iniziò a renderne pubblici i contenuti, a partire da quelli della deputata Giulia Sarti, capolista in Emilia Romagna, che all’epoca non parve gradire molto la faccenda, e al Corriere della Sera dichiarò: “Purtroppo è tutto vero ed io ho appena finito di sporgere denuncia. Sono molto arrabbiata e vorrei vedere voi se ci fosse qualcuno che sta leggendo i fatti vostri degli ultimi anni”.
E in un video gli hacker motivarono il furto delle mail con parole molto simili a quelle urlate ieri, alla Camera, proprio dai cinquestelle: “Promuovete la trasparenza… ma non la praticate in casa”.
Ma come, due anni fa i grillini denunciano chi ruba colloqui privati, si arrabbiano, cercano comprensione, stigmatizzano il fatto, e adesso che, una volta tanto, qualcuno li prende sul serio e gli dà ragione, hanno già cambiato idea? E perché? O forse sono entrati a casaccio nella prima commissione parlamentare, urlando “vergogna vergogna”, così, tanto per stare qualche minuto in Tv? Per fare opposizione, un tanto al chilo?
Non sono i soli, comunque, a aver cambiato idea.
Ci fa una grande indignazione corale, due anni fa, per le mail dei grillini rubate e diffuse “Un incredibile ricatto e un attacco frontale al M5S in nome di una presunta necessità di trasparenza” – denunciò l’Espresso, che si rifiutò di divulgare il contenuto delle mail, pur facendo sapere di esserne in possesso.
E durissimi furono anche i commenti del Garante della Privacy, Antonello Soro: "Occorre infatti considerare – ha spiegato Soro – che nelle e-mail è molto probabile vi siano anche informazioni legate unicamente alla vita privata dei parlamentari, magari sotto forma di fotografie e filmati. Ed il codice deontologico dei giornalisti in materia di privacy esclude che possano essere indiscriminatamente pubblicate notizie relative ad una persona per il solo fatto che si tratti di un personaggio noto o che eserciti funzioni pubbliche, richiedendo invece il pieno rispetto della loro vita privata quando le notizie o i dati non hanno rilievo sul loro ruolo e sulla loro vita pubblica. Inoltre, considerata nel caso di specie la palese illiceità della raccolta, dovrebbe essere verificato se la pubblicazione da parte dei media anche di notizie relative alla attività politica e pubblica dei parlamentari coinvolti integri comunque una violazione".
E ieri dov’era il Garante della Privacy? Non pervenuto. Che ne pensa della possibilità di diffondere impunemente colloqui e riprese privati, così, tanto per gradire? Non si sa.
Non ci siamo fatti mancare neanche il commento negativo dell’Associazione Nazionale Magistrati, che parla di “diritto di cronaca” da non mettere a rischio, e “attività a carattere informativo” che non vanno punite con il carcere. E infatti gradiremmo tutti conoscere i colloqui privati degli associati dell’ANM, ma per carità: solo a carattere informativo, e per puro diritto di cronaca.
Persino nel regime sovietico chi registrava la vita privata altrui in modo fraudolento, addirittura per conto dello stato, era considerato una spia e pagato come tale, lo faceva di nascosto, e non pretendeva certo una legge che gli consentisse di diffonderne impunemente il contenuto.
Per chiarire il concetto, ai grillini in primis (sperando lo capiscano), ma anche al Garante, all’ANM e pure al Ministro Orlando – l’abbiamo visto incerto, magari va un tantino rassicurato – consigliamo vivamente la visione del film “Le vite degli altri”, del 2006, vincitore del premio Oscar come miglior film straniero. Con una precisazione, per sicurezza, non si sa mai: si racconta quel che succedeva nella Germania dell’Est quando c’era un muro a Berlino. Ad ascoltare erano quelli della STASI, letteralmente il “Ministero per la Sicurezza dello Stato”, cioè una polizia segreta a sostegno e tutela della Dittatura del Proletariato. Non proprio un esempio da seguire, insomma, anche se lì comunque non diffondevano al pubblico quel che registravano di nascosto.