I cattolici che hanno votato Berlusconi ora però si aspettano qualcosa in cambio

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I cattolici che hanno votato Berlusconi ora però si aspettano qualcosa in cambio

15 Maggio 2008

 

La domanda sta diventando ormai assillante: “Ma i cattolici del PdL sono stati penalizzati nella formazione della squadra di governo, o no?”

Molti sostengono che sia un “falso problema”. Eppure ci stanno provando un po’ tutti nel far comprendere che non è così, che non è questo il punto, che la domanda è anacronistica, che il PdL è il miglior erede del popolarismo, che non ha senso parlare di “quote cattoliche”.

Evidentemente anche noi cattolici che amiamo mettere la sacralità della persona al centro della vita, anziché i propri interessi di bottega, al fine di raggiungere un bene comune per la società, non siamo propriamente quattro gatti e quindi il nostro peso elettorale ce lo portiamo in dote.

Altrimenti, se il problema realmente non esistesse, perché sarebbero necessari tanti sforzi per convincerci della sua insussistenza? “Excusatio non petita….”

A questo punto, se mi è concesso, dico anche io la mia su un paio di cose. Non tanto per voler essere aprioristicamente critici, ma quanto per far capire che, nonostante l’indiscusso carisma del leader e la sua tanto agognata “Reparchia” (così l’ha definita la rivista “Liberal”: un governo del presidente, indipendente dai partiti, che è via di mezzo tra repubblica e monarchia), è sempre bello ed ormai anche un po’ vezzoso il cercare di mantenere la mente fresca, autonomamente pensante, e perciò libera da ogni condizionamento di sorta.

Meglio che sbagli da me, piuttosto che finisca nel pozzo per aver seguito quello sbagliato.  

Per questo, pur appoggiando al 101% il neonato governo, ed augurandogli cinque intensi anni di florida attività per il bene nostro e dell’Italia intera, è bene che io specifichi anche ciò che magari passa un po’ volutamente sotto silenzio ma che potrebbe trovare tanti lettori in accordo con me.

Iniziamo dalla mera compilazione della squadra di ministri. Vero che il vento dell’antipolitica che ha sferzato lo scorso inverno imponeva di non ripresentare qualche volto un po’ troppo avvezzo ai consigli dei ministri, però forse si è leggermente esagerato con l’inesperienza. Un esempio: Angelino Alfano alla giustizia (classe 1970, il più giovane ministro della storia repubblicana) anziché Marcello Pera è una scelta che lascia più di un dubbio. Indiscusse le capacità del rampante golden boy siculo, ma la giovane età non potrebbe fare rima con estrema duttilità (rispetto ai voleri del premier, specie in un ambito così “particolare”…)?

Legittime anche le critiche relative alle competenze: Prestigiacomo e politiche ambientali, o Brambilla e turismo hanno lo stesso rapporto che lega Moratti e Juventus o Messner e Porto Cervo.

Dulcis in fundo, ho notato molta prontezza nello stracciarsi le vesti non appena si nominava (riferendosi alla spartizione delle poltrone fra ex-FI, ex-AN e Lega) il caro e vecchio “manuale Cencelli”. Sono d’accordo: lasciamo Massimiliano Cencelli al suo passato, e diamo a Denis quel che è di Denis. Questa volta, per accontentare un po’ questo ed un po’ quello (lo stesso Berlusconi ha ammesso di aver passato una “settimana d’inferno”, per sistemare 57 richieste su undici seggiole), sono state infatti provvidenziali le “liste Verdini”: le classifiche a punti ideate dal verace (e fedelissimo berlusconiano) toscano. Sfortuna vuole che se da queste liste qualcuno ne sia stato escluso, questi siano proprio coloro che più ammiravo nel PdL.

Fatte queste premesse, veniamo perciò al punto dolente. Chi rappresenta, non tanto i cattolici, ma i valori cattolici al governo?

Si è detto che Formigoni &Co. era meglio restassero al pirellone per garantire la continuità del governo regionale, mentre Quagliariello e Lupi hanno comunque rimediato incarichi “istituzionali” (dai quali però potranno solo dirigere il traffico, anziché tracciare le strade). Per fortuna, in extremis, al cattolicissimo Alfredo Mantovano è stato assegnato il sottosegretariato agli interni (nonostante il significativo veto della Lega…), ed Eugenia Roccella ha avuto il medesimo incarico al Welfare e Salute, il suo ambito.

La verità, a mio modo di vedere forse a causa delle esperienze passate con gli uomini UDC, è che per i berlusconiani di ferro e per i leghisti, i cattolici al governo è molto meglio che contino poco più che un fante di briscola. Per questo è utile e doveroso scegliere il “male minore”.

Ed altrettanto inutili per noi elettori sono sia le nostalgie di “mamma DC”, così come gli appunti di politici volti a far presente che, nonostante non esista più un partito dei cattolici, tutti i ministri “sono battezzati e cresimati” come ho letto da qualche parte.  Abbiamo conosciuto diversi battezzati e cresimati (compresi degli ex appartenenti alla vecchia DC, o i “cattolici adulti” Prodi e Bindi…) che erano quanto di più lontano possa esistere su questa terra rispetto ad un vero sostenitore di politiche dettate dal binomio ragione e fede.

Che conta sono sempre le opere, questo è certo, e su di esse valuteremo l’operato del governo. Ma purtroppo, se ne osserviamo i componenti, del nuovo esecutivo fanno parte esponenti di AN (LaRussa, Matteoli, Ronchi) che non si sono mai apertamente schierati rispetto ad alcune precise tematiche, come invece hanno fatto altri loro compagni di partito (Mantovano) che invece sono rimasti parzialmente fuori dai giochi. Oppure se consideriamo alcuni esponenti della Lega, notiamo come ci sia chi vanta un passato da estremista di sinistra (Maroni), chi si è sposato con rito celtico (Calderoli), chi ha celebrato le lodi del “dio Po” (Bossi). Insomma, pur avendo a cuore la difesa della tradizione, i leghisti hanno sovente dimostrato di prendere più sul serio alcuni riti pagani piuttosto che qualche celebrazione eucaristica ben fatta.

E se scrutiamo fra le fila di quella che è l’ormai ex “Forza Italia”, non c’è molto da stare allegri: le posizioni abortiste e sulla fecondazione artificiale di Stefania Prestigiacomo sono note, Sacconi e Brunetta sono due ex socialisti della prima ora, qualcun altro si è riciclato in FI dopo aver iniziato la sua carriera politica sotto la tonaca di Pannella, e molti hanno intrapreso la carriera politica solo perché spinti a seguire come novelli Magi l’astro nascente Berlusconi, dopo averne condiviso gli affari economici.

Non ho ancora visto, o sentito dichiarazioni, di qualcuno che abbia serie intenzioni di mettere la persona umana, i suoi diritti e le sue libertà al centro del proprio programma, sia che si parli di medicina, di giustizia o di scuola.

Nonostante tutto ciò, sono comunque certo che Berlusconi non avallerà alcuna forma di relativismo morale. Anche se ne fosse convinto in prima persona, a dispetto della zia suora, non sarebbe così stupido da tirarsi una tale zappa sui piedi come fece il suo predecessore al governo.

Pur constatando che il “berlusconismo” è entrato di diritto ( e a suon di voti!) nella storia della politica italiana grazie al suo inventore, ed ha messo delle radici che probabilmente attecchiranno anche alla sua dipartita dalla scena politica, è comunque difficile contestare coloro che giudicano molti appartenenti al nuovo centro-destra unitario italiano come spinti unicamente da ideali di benessere materiale ed economico, o spesso privi di idee politiche nette e definite ma più propensi a catturare l’opportunità del momento. Ad esempio, Gianfranco Fini negli ultimi anni ha sostenuto di tutto ed il suo contrario, e da leader di quello che era il partito conservatore per antonomasia è arrivato persino a rilasciare aperture sulle unioni gay ed a rivalutare diversi aspetti di quel 1968 che tanti danni (e smidollati) ha prodotto.

Sono certo che il governo farà comunque bene, anche grazie alla nutrita pattuglia di deputati e senatori che lo appoggiano; finiti in parlamento coi nostri tanti voti nonostante il leader li ebbe a definire come “utili solo per schiacciare bottoni”.

Però che nessuno si convinca che sarà una passeggiata, o che non monitoreremo quotidianamente il loro operato.

Noi cattolici sappiamo di aver votato per bene, anzi per un “bene comune”. Ma adesso viene il bello, perché nessuno si deve illudere di avere in tasca una cambiale in bianco.

Sono certamente finiti i tempi di Don Camillo e Peppone, del bianco contro il nero: adesso lo scontro al massimo è fra grigio chiaro e grigio scuro. Se i tempi sono questi, va bene così ed è inutile recriminare al vento.

L’importante è ricordare il programma sentito in campagna elettorale, e ciò che ci aspettiamo è ben definito: buon lavoro a tutti, vi stiamo a guardare con attenzione. Collaboriamo pure con l’opposizione per il bene del Paese e la sua crescita. Ma che questa cooperazione non significhi farci perdere del tutto il nostro sapore distintivo.