I centristi del Pd bocciano Veltroni e frenano l’alleanza con il Pse

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I centristi del Pd bocciano Veltroni e frenano l’alleanza con il Pse

16 Giugno 2008

 

Alleati ma non troppo. Cinque ore di riunione a via del Nazareno ed alla fine il Partito Democratico non è riuscito ancora a risolvere il nodo della sua collocazione in sede europea. Sarà Pse o un gruppo federato con i socialisti europei? Oppure uno schieramento autonomo, distinto che dialoghi con tutti?

Per il momento ancora nulla è stato deciso o per usare le parole di Lapo Pistelli, responsabile delle relazioni internazionali del Pd, “abbiamo dissodato il campo e fissato alcuni macro-paletti” ma “ci sono idee diverse su come arrivare in Parlamento europeo, questo sarà tema dei prossimi mesi, quando si andranno ad approfondire nel merito le diverse ipotesi”. Chi quindi sperava che dalla riunione di oggi potesse giungere una decisione sul futuro in Europa del Pd è rimasto deluso. Il segno che le divisioni ed i contrasti nel partito tra ex diessini ed ex margheritini sono più forti del previsto. Un braccio di ferro che alla fine potrebbe anche mettere in crisi il futuro stesso del movimento. Lo sa bene Walter Veltroni che dopo aver incontrato a Napoli la scorsa settimana Martin Schulz, capogruppo del Pse al Parlamento europeo, aveva deciso di convocare un vertice del partito.

L’idea sulla quale da giorni sta lavorando l’ex sindaco è quella di una federazione all’interno del Pse, che in questo modo salvaguardi l’autonomia del Pd e garantisca il mantenimento dei rapporti con i socialisti europei. Soluzione ben vista dalla componente ex-diessina che chiaramente considera l’adesione al Pse il completamento di un percorso naturale. Non dello stesso avviso la fazione degli ex-margheritini che all’incontro di via del Nazareno, presenti  Rosy Bindi, Giuseppe Fioroni, Dario Franceschini, Paolo Gentiloni e Pierluigi Castagnetti, ha ribadito la sua posizione e cioè di essere disponibile ad un’alleanza con il Pse, ma senza attribuirvi il ruolo di interlocutore privilegiato.

Da qui, secondo i centristi, l’opzione per il Pd di realizzare un gruppo autonomo nel Parlamento europeo che si ponga come ponte tra i liberali e gli stessi socialisti sulla base di un programma fortemente progressista ed europeista. Ecco allora spiegato il fallimento del vertice e la decisione di rimandare tutto alla prossima riunione spiegando che comunque l’incontro è servito a precisare che “ognuno rinuncia ad andare a casa sua, in solitudine o da soli” e che il rapporto col Pse “non significa una semplice adesione a quel gruppo o ad ognuno dei gruppi che già ci sono”. In sostanza una vittoria degli ex-margheritini che così vedono sfumare la possibilità di far confluire il Pd nel Pse. E la soddisfazione di Castagnetti nelle dichiarazioni del dopo vertice conferma questo successo politico dei centristi: “Una prima decisione è che non entreremo nè nell’Internazionale socialista nè in alcun’altra internazionale. Non ci sarà cioè adesione ad alcun partito”. Non basta perché il presidente della Giunta per le Autorizzazioni continua spiegando che “per quanto riguarda le modalità con cui siederemo a Strasburgo siamo convinti della necessità di costruire un ampio campo riformista, nella consapevolezza che le attuali famiglie non contengono la nostra novità anche perchè noi non siamo socialisti”.

In pratica la sconfitta della linea Veltroni e dei diessini che adesso dovranno inventarsi qualcosa per evitare di venire risucchiati dal vortice centrista. Vortice che non promette nulla di buono per il futuro in particolare con la proposta di Rosy Bindi di preparare una mozione per respingere alla prossima assemblea le dimissioni di Romano Prodi da presidente del Pd. Una mozione che se trovasse il favore dei delegati, come spiega proprio l’ex ministro della Famiglia, avrebbe “il valore politico di un pronunciamento che verrebbe non dagli apparati o dalle componenti, ma dai costituenti del Pd, da chi ha investito in un progetto che deve ritrovare la sua anima e le sue radici che sono nell’Ulivo”.

Tradotto in termini politici sarebbe il ritorno in pista di Prodi con il rafforzamento della componente popolare mentre dall’altro lato segnerebbe il ridimensionamento della leadership di Veltroni con il conseguente indebolimento della posizione degli ex-diessini. Una bomba che rischia di scoppiare tra qualche settimana e che rimetterebbe in discussione non solo gli equilibri interni del Pd ma la stessa strategia politica portata avanti fino ad ora dal Partito democratico. Un vortice quindi molto pericoloso che alla fine potrebbe raggiungere anche Palazzo Chigi dove il premier ha fatto del dialogo con l’opposizione la stella polare del suo quarto mandato. Una stella che con il ritorno in sella di Prodi potrebbe offuscarsi.