I contratti di swap? Un’arma a doppio taglio per gli Enti locali
30 Dicembre 2008
I contratti di swap stipulati dagli enti locali sono oggi all’attenzione del CICR e della Corte dei Conti per la pesante esposizione in cui sono risultati coinvolte molte Amministrazioni. Se è infatti vero che uno swap che trasforma un tasso da fisso a variabile fa diminuire il costo dell’indebitamento, è altrettanto vero che esso genera però anche un’altra conseguenza, questa volta negativa, in quanto espone l’ente al rischio di rialzo dei tassi. Tale rischio determina quindi una dipendenza dell’ente dai mutamenti del mercato.
Nel caso di coupon swap, se la trasformazione è da tasso fisso a variabile, il rischio da esso derivante è del tutto nuovo, perché non sussisteva prima dell’applicazione dello swap ed è determinato da un possibile rialzo dei tassi di mercato.
Se, invece, la struttura debitoria viene spostata da un tasso variabile ad un tasso fisso, il rischio nascente sarà quello legato ad una possibile diminuzione del tasso stesso. Senza entrare specificatamente nel dettaglio dei molti problemi che tali tipi di operazioni possono comportare sull’intera collettività, si rendono in questi casi comunque necessari opportuni approfondimenti, quanto meno in ordine a quali e quante sono le operazioni del genere sopra descritto ad oggi intraprese dai vari enti locali; come sono stati individuati gli advisor; quali sono gli scopi da perseguire, gli strumenti relativi al successivo monitoraggio ed i criteri di contabilizzazione.
Tali approfondimenti assumono del resto ancora più urgenza e rilevanza, dato che, trattandosi di derivati, le conseguenze modificano le condizioni di indebitamento e hanno ricadute non solo sul bilancio attuale, ma anche su quelli futuri.
In ordine poi alle modalità di contabilizzazione, non è chiaro né se, come consigliato dalla migliore tecnica contabile, vengono contabilizzati solo i differenziali (se di valore positivo come entrate extra-tributarie e se di valore negativo come “Interessi passivi e oneri finanziari diversi”); né se vengono costituiti apposti Fondi rischi che vincolino i risparmi iniziali eventualmente ottenuti con lo swap in vista della copertura di eventuali perdite successive.
Trattandosi di enti pubblici in cui l’uso di posizioni speculative è di per sé già vietato dalle disposizioni legislative, appare inoltre quanto mai necessario utilizzare il criterio della prudenza, criterio che deve guidare ogni fase relativa all’implementazione di un qualsiasi derivato.
L’attenzione quindi deve essere rivolta principalmente a definire degli obiettivi di copertura che siano caratterizzati da una bassa propensione al rischio e ad operazioni di ristrutturazioni attente ed oculate, da controllare non solo preventivamente, ma anche successivamente ed in modo costante, per verificare continuamente se il livello di rischio attuale si avvicini a quello desiderato e se occorra rimodulare le posizioni non più redditizie e troppo rischiose a causa di un’evoluzione sfavorevole del mercato.
Il monitoraggio delle posizioni e dei rischi deve essere dunque continuo e costante e gli swap sui tassi d’interesse non possono essere utilizzati come un mezzo per la risoluzione di tutti i problemi relativi ai disequilibri di bilancio. Scommettere così (con soldi non propri) sulla pelle della prossima generazione infatti non solo è illegittimo, ma anche poco intelligente.
Meglio andare allora al casinò e puntare tutto sul rosso. Anzi no. Il rosso ultimamente non porta molto bene.